Top&Flop di Lazio-Ferrero - Ho sete ancora

Ci siamo abbuffati a morte, come se fosse l’ultimo Natale del Mondo. Ci siamo sparati razzi katiuscia tra balconi gridando: “Morte al terzo piano che tiene sempre occupato l’ascensore”. Ci siamo pompati alcol nelle vene stile Niagara sperando di riuscire a raggiungere le vette piste e ripiste del nostro calciatore sbronzo preferito. Ci siamo risvegliato con davanti Sinisa, Ferrero che si mozzica la sciarpa e la Samp col vestitino alla Cissè al matrimonio di Dacourt. Tutti pronti per il nuovo anno. Ci ricordiamo vagamente il vecchio, con una doppietta di Felipe l’Unto dal Signore Anderson e poi più nulla. Birre. Rhum. Vodka. Cotechini volanti, rauti nello spumante, brigittebardobardo. Avevamo finito il 2014 con Felipe Anderson. Il 2015 è suo, dicevamo. Eccolo, sto bambacione del 2015. E’ il momento di rubargli le merendine. Di insegnagli la legge della strada. E’ il momento di fargli tunnel controtunnel e controsterzata in dribbling. E’ il momento di Felipe Anderson.
Top
Amabili resti di Cenone - Primo cross di Felipe. Rotta per casa di Dio.
Amabili resti di Cenone 2 – Rischio congestione in panchina. Strakosha ha 7 paia di guanti, Ledesma adotta la tecnica Maya del Soffio Sulle Mani, Konko si influenza. Sull’altra panchina Sinisa divide un mammuth appena squarciato a mani nude con i suoi cuccioli.
Amabili resti di cenone – “Magna le lenticchie, che portano soldi”. De Vrji catechizza alla romana Okaka sull’opportunità di mangiare lenticchie e stare alla larga da Lorik, palesemente col Capodanno di traverso.
Amabili resti di cenone – Dopo aver imbottito di mefisti i cerchioni del pullman della Samp, Stefan Radu prova a far esplodere a suon di pallonate il maxischermo dell’Olimpico, reo di aver mostrato Ferrero in evidente stato catartico da post prima Canna alla Nanni Moretti. Spegne tutte le tivvù da Monte Mario a Grottarossa. Capodanno senza conto alla rovescia non vale. Basta attacca la sesta bottiglia di spumante per dimenticare di dover giocare a soli 6 giorni dal Cenone. Nel frattempo, Felipe Anderson
In grazia di Dio Felipe – Ancora minuti rincuoranti per lui. Cross a perdita d’occhio nessuno sotto i 6500 metri di altezza. San Pietro incorna al terzo cielo. Sotto la traversa para Benji, palesemente nel Paradiso dei Portieri in attesa di Mark Lenders, a 6 giorni di viaggio dalla porta. Nel frattempo Filip.
13' - Primo omicidio di Filip Djordjevic per futili motivi.
Postumi - 10 minuti di cross a casaccio fanno capire che Capodanno è vivo e lotta dentro noi.
Postumi - Basta non è ai postumi. È in piena gioventù alcolica.
Postumi – Qualcuno regga la fronte a Lulic!
Postumi – “C’è ancora un pezzo di Okaka?”. Lorik saziato per 1/10 della sua capacità sbranatoria.
Postumi – Filip estingue Eder, che finisce nel Paradiso dei Dodo, dei T-Rex e dei Presidenti gentiluomini destinati all’oblio dopo Ferrero.
Postumi – Basta in piena caterpilleraggine dovuta al centesimo spritz di seguito si sovrappone due volte, senza essere servito. Conta solo la quantità, je lo dicevano sempre al quinto giro di pinte da 1 litro al pub.
Postumi – Biglia non ha ancora toccato bicchiere. Una coppa di Champagne lo aspetta, mentre assaggia raviolini di Provenza bagnati al tartufo alleprato di Borgogna. Al suo fianco, De Vrji russa e anticipa lo spirito di Eder, Cana rutta una giuntura di Capodanno 2009, più il ditone di Gastaldello.
Postumi - Fascia drinking team
Postumi - Felipe dribbling team
E se tira Sinisa è Gol – La partita si assesta su ritmi da Capodanno a suon di ragazze alla mano e musica giusta. La Nord inneggia a Sinisa, sul calcio di punizione di Biglia. Sinisa. Sinisa. E la mente corre a Sinisa.
Sinisa Dreaming Team – Accanto a lui, c’era Lui, il divino ondeggiare della chioma, l’eleganza delle gesta ed il tocco felpato della maglia numero 13 sulla pelle scurita da abbronzature eleganti. Al suo fianco, c’era l’unico che mai abbiamo chiamato con adorazione Capitano. Ma Sinisa. Sinisa quando arrivava sul pallone a distanza SIDERALE dalla porta pensavi. MO SEGNA. Sinisa ha tirato e segnato talmente tante punizioni che se non segnava spegnevi il mutuo, te chiudevi in casa dopo aver comprato montagne di fagioli in scatola pregando che l’Apocalisse durasse poco. Sinisa se tira è Gol. Sinisa tira così forte che faceva sballare di brutto le traverse, Sinisa faceva sballare di brutto le donne con pelazza e ignoranza senza paura, Sinisa quando si avvicinava al pallone ripensavi a tutte quelle fanfeluche su Roberto Carlos. Ah regà, ah brasiliani, a Winning Eleven da stece. Se Tira Sinisa. E’ gol.
E se tira Biglia – Pure lui ao. Comunque Bello. Se tira Biglia è quasi gol.
Nel frattempo Felipe Anderson capisce che sto Capodanno può fa faville che non deve torna a casa in silenzio co la famiglia che dorme e se se svejano so dolori. Così manda in visibilio i commentatori di Sky, che, già in fase accoppiamento, lo eleggono come Maschio Alfa del gruppo.
Telecronaca Sky: “Felipe fa impazzire l'Olimpico” - Pure Obiang non si sente troppo bene
Felipe Fa impazzire l’Olimpico – Una serie di numeri, dribbling, sterzate a 200 all’ora che i giocatori della Samp, in evidente fase ingrasso post feste, non je la fanno manco a capì com’è fatta la palla su cui lui poggia le sue divin suole. Allunga il passo, brucia tutti, mette dentro.
INTERMEZZO POETICO PRIMA DEL GOL
34' - Filip abbatte in duello aereo Viviano. Ora il portiere blucerchiato è sotto protezione.
36' - Radu abbatte gli anelli di Saturno.
40' - Lorik inizia la caccia allo scalpo, il Trivial Pursuit degli scotennati, il Taboo senza Tabù, il Mercante in Fiera che fa fori tutta la Fiera.
Ma almeno Felipe.
Felipe apre i cieli e mette dentro una palla cosi celeste per Parolo che non può che sperare che Pino Daniele che sei nei cieli Dimmi Quando Quando la ascoltavo da piccolo e mi chiedevo ma dove sono i tuoi occhi e la tua bocca forse in Africa che importa. Ho sete, ho sete ancora. Mi chiedevo. Che volesse dire tutto questo amore che facesse dire: Non nascondere il tuo viso che ho sete, ho sete ancora.
E siccome mischiamo sempre tutto dentro, mamma me chiede sempre ma ancora te guardo la Lazio. E io c’ho sete. Non solo di Lazio. Ma di cose belle sì, ed è bello il pallone che Felipe Anderson piazza dentro, e Parolo no, stavolta fa na cosa precisa, coincisa, fatta come Cristo comanda. Segna. E ce fa zompa in aria.
Parolo non si fa pregare - Anche perché si prega solo SantiagoParolo non si fa pregare - Parolo esce dal suo Abituale stato confusionale caotico pressante per trovarsi al momento giusto al posto giusto col Felipe giusto. Sempre uno dei primi a pressare, sempre il primo a ringhiare. Dopo il gol torna in sè e prova a calciare da 75 metri, mandandola tra la Cassia e la Flaminia.
Poi succede una cosa. Dimmi quando quando. Succede una cosa bellissima, siamo angeli che cercano un sorriso. Felipe disegna un sorriso sul prato dell’Olimpico. Controlla, e tutti hanno capito che in quel momento era tutto troppo perfetto, le cravatte blu il tuo fuoco amico l’eyeliner per andar in guerra nell’estrema sinistra della Galassia Vasco Brondi tutto così perfetto, la curva delle labbra della fidanzata che si china a sfiorare le tue tutto in un tiro solo. Forte. Una schiena inarcata di passione che tocca il cielo.
Telecronaca Sky, in delirio Sasha Grey andante - "Ci ha fatto vedere tutto quel che di bello si può fare palla al piede". Amen.
E Lorik? – La partita potrebbe anche finire qui, il fine primo tempo sembra ineluttabile, senonchè dalle parti della difesa una noia mortale solo una spaccata di Basta nel disperato tentativo di anticipare Okaka prima che arrivasse al bar a bersi l’ultimo amaro del Capo. La partita di Lorik anche, potrebbe finire qui.
Telecronaca Sky, mentre chiamano l’Fbi: “In questo caso il cartellino giallo sembra quasi un regalo”
"Questa non è finzione, questa è Realtà". Fifa Lorik 15 – Lorik ’15 non è poi tanto diverso dal ’14. Solo che non è finzione. E’ sangue vero.
E’ sangue vero – Parte da lontano, come un lungo apostrofo di duodeno esposto tra le parole scappa scappa se ti prendo ti taglio la gamba. Eder non capisce. Poi è tutto confuso, poetico come solo la poesia dell’ultimo T-Rex morente sa essere. Eder raggiunge i suoi padri celesti e dà il cinque a Manitù. Cana rischia 16 ergastoli.
E’ sangue vero – Nome. Lorik. Cognome. Cana. Capo d’accusa. Associazione di stampo rabbioso, reiterato tentato omicidio, entrata a forbice frontale che manco in Space Jam, tentato occultamento di cadavere, Albanian Sniper, tentativo di farlo passare per un incidente, tentativo di accollarlo ad Andreotti, Eder piange come manco le vittime di Saw l’Enigmista, l’arbitro non se la sente di applicare la legge fino in fondo ed evita a Lorik il Colosseo. E lui, Lorik, che alla fine se la cava con un giallo stinto. Se ne va incazzoso come una biscia. Convinto di aver preso il pallone, direte voi (non succede dalla terza guerra punica). No. E’ che ste operazioni a malleolo aperto non so più quelle di una volta. Vogliono pure l’anestesia, sti ingrati di pazienti.
E’ sangue vero – Il Buon Samaricana poi non rientra in campo. E’ stato nascosto alle autorità competenti, ora è in Argentina con un altro viso.
E’ sangue vero – Eder rientra, ma è n’altro uomo.
Un’altra vita – La nostra è già finita. E nuovi dribbling, e nuovi scatti. Perea, non odiarmi se puooooi.
Un’altra vita – FA7 dipinge la cappella Sistina delle azioni da gol. Salta tutto il saltabile sopra l’Equatore, sbirilla Romagnoli (apriremo un capitolo un giorno sugli antipasti o rimastini di Derby che la Samp ci ha gioiosamente offerta al pubblico dileggio), sulle note di Indiana Jones scoperchia il Tempio Maledetto, stempia i predatori dell’Arca Perduta, tunnel all’Ultima Crociata, e di sottofondo pappapapaaaa papapaaaa, papapapaaaa papapapa. E poi. Serve a Filip un verso finale, un enjambement di puro piacere celestiale, un apostrofo confettoso nella vita di saccheggi del Serbo. Che saccheggia pure questo. Tutto lo Stadio in piedi per Felipe. Perfino Ferrero, per un attimo torna in sé, per quanto possibile, e gli batte le mani. Tutti gli battiamo le mani. Tutti battiamo le mani a Felipe. Feel The Game. Feel FA7
A fine partita - Applausi, abbiocco post Cenone, palpatine al vicino come se fosse na signorina, i più fortunati proprio alla signorina. Radu vuole ammucchià a torso nudo mezza Nord. Filip si ricorda che è andato ad esultare sotto la Nord senza nessun compagno e comincia la mietitura degli assenti. Filip si ricorda che tutti si so alzati per Felipe Anderson e comincia la mietitura delle spine dorsali. Filip si ricorda del Derby. E te prego. Dacce sto ceffone in faccia. Sfonnali, Filip. Sfonnali, Felì. Lorik, recupera, e... Vabbè, senza troppi ergastoli però eh.
Tu dimmi quando quando. Sai perché ancora guardo le partite, ancora non riesco a staccamme quando gioca la Lazio. Te lo voglio spiegà, ma, lo voglio spiegà a tutte le donne che non ce la possono fa a perdere una sera perché l’uomo la dedica alla Lazio. Perché il Calcio non è uno sport qualunque. Perché il Calcio è quello Sport incredibile per cui sembra sempre di vederlo per la prima volta, con gli occhi di bambino, sembra sempre di gridarlo per la prima volta, il nome della Lazio, sembra sempre di assaporarlo per la prima volta, l’abbraccio dopo il gol. E se c’è un Dio, su quel prato verde, io l’ho visto. Ho visto un Dio del Calcio, ah ma. Magari poi non rivelerà più. Ma per una sera Felipe è stato Dio. E noi, per una sera, l’abbiamo adorato.
Ah. Romoletto torna in campo. Ah, ma, tu dimmi quando quando. Vivrò tutti questi giorni per veder andar via ancora una volta un giocatore della Lazio, di corsa lontano ai giocatori con quell’altra maglia che conosciamo, un giocatore della Lazio presentarsi di fronte alla porta, un giocatore della Lazio predatore in area di rigore, un giocatore della Lazio che lotta dall’inizio alla fine, un giocatore della Lazio che corre come non ha corso mai, un giocatore della Lazio che dà anche quello che non ha perché noi daremo anche quello che non avremo, anche la voce quando non c’è più la speranza quando non c’è voce più l’applauso quando non c’è più speranza. Amore, mamma, vi spiego perché questa settimana non dormiremo, perché nervosamente aspetteremo una sola, interminabile, lunga una vita, partita. Perché abbiamo sete, abbiamo sete ancora.
(Noi, e Basta).
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