Calcio sotto choc per Morosini: " Ci aveva detto, andiamoci a prendere il risultato"

Morosini, una vita da mediano. Potrebbero intitolargli la curva a Bergamo, la curva dell'Atalanta. Tutto il mondo del calcio si è fermato in silenzio. Il calcio italiano per una volta ha detto basta, lo spettacolo non può continuare. Poi il minuto di silenzio del Real Madrid, dell'Old Trafford. Poi l'inviato del Corriere dello Sport, Ramazzotti, che segue la signora Rita, la zia di Piermario Morosini, crollato in campo nel match contro il Pescara e deceduto poco dopo, sin dentro casa sua, casa di Moro, a Bergamo. La signora Rita, rimasta prima senza sorella (la madre di Piermario, Camilla), poi senza i due nipoti, prima di entrare ha una speranza: "Penso che Piermario sia lassù con la mamma, il papà e il fratello. Una morte così non ha senso". Che è pensiero comune, di molti, dei parenti che ieri hanno riaperto le porte della sua casa di Bergamo, dove veniva 2-3 volte al mese, quando era libero di impegni agonistici. Via Tremana, una porta che si apre, gli zii di Morosini e la nipote: gli altri cugini sono andati a Pescara: "Avremmo voluto andare a Pescara, ma ci hanno detto ce non avevamo la certezza di vederlo, preferiamo aspettare che sia lui a tornare a Bergamo. Amava il calcio, voleva giocare: a fine gennaio era passato dall'Udinese al Livorno ma non gli interessava, voleva giocare a calcio". I contatti con la famiglia erano frequenti: "Quando aveva vinto e mi chiamava, lo capivo dalla voce, anche se non avevo assistito alla partita", racconta la zia. Recentemente era diventato il tutore di Maria Carla, la sorella: il mondo del Calcio, l'Udinese attraverso la sua Onlus, e lo stesso di Natale in prima persona, pare vogliano recitare la sua parte, perchè la perdita non sia troppo pesante, e il sostegno possa diventare concreto. Casa sua, le sue maglie, il trofeo Scirea che credeva di non meritare, ma che i dirigenti dell'Atalanta avevano voluto assegnargli. Nel suo quartiere, nell'oratorio Monterosso c'è incredulità. Racconta uno dei dirigenti della polisportiva Monterosso: "In questo campo la scorsa estate ha giocato un torneo amichevole con i suoi amici del quartiere. Si era divertito molto, e dopo la finale aveva festeggiato il suo compleanno. Era arrivato in Serie A, ma non dimenticava le persone con cui era cresciuto". Foto con la ragazza, ovunque. La stessa che ha dovuto effettuare il riconoscimento della salma, che alle sue compagne di squadre di volley della Valbrembo ha mormorato: "Era bellissimo, sembrava sorridente", tra le lacrime. Una catena di lutti, insieme a lei anche il cugino, Piergiulio Morosini: "Mi resta quest'immagine, aveva un sorriso", confida Anna, "una ragazza carina, stavano insieme da 5 anni, prima o poi penso avrebbero fatto una famiglia insieme", il ritratto che ne fa la zia di Moro. Anna ed il sorriso di Morosini, raccontati a Massimo Gotti, difensore della Ternana, cresciuto con lui a Bergamo, insieme con lui all'Udinese: "Non posso andare via senza averlo visto. Ora lui non soffre più, ma Anna e noi tutti?". Anna è chiusa in un albergo in riva al mare, quel mare che a Morosini piaceva molto: sperava di essere riscattato dal Livorno, per mettere radici in terra toscana, in riva al mare, a Tirrenia. Il parroco del suo quartiere, don Luciano, legge la lettera che Anna ha trovato la forza di scrivergli: "Il calcio e quel pallone davano senso alla sua vita". E alla mamma di Anna, Mariella, Sky Sport 24 fa dire alcune parole, di dignità profonda: "Dopo ogni partita tornava a Bergamo, era un ragazzo di quartiere e gli piaceva passare il tempo con i vecchi amici. Aveva la capacità di entrare subito nel cuore delle persone. La polemica sull'ambulanza? Non mi va di parlarne, è capitato perchè doveva capitare, era destino. La cosa importante è che Mario torni presto a casa". Voglioni riportarlo presto a casa, e dovrebbero essere accontentati. Al dottor Cristian D'Ovidio dovrebbe essere affidata l'autopsia, per accertare le cause della morte, allo stadio Adriatico, in diretta tv, di fronte ai suoi compagni, ai tifosi, agli attoniti giocatori del Pescara. Un problema cardiaco, un aneurisma cerebrale, un problema neurologico? Lo dirà il medico, anche se i tempi brevi non sono garantiti: si attendono ancora i risultati del referto per Bovolenta, pallavolista scomparso più di tre settimane fa. In ogni caso forse già mercoledi potrebbero esserci i funerali. All'Ospedale civile passa Albertini, vice presidente federale, in forma rigorosamente privata, visibilmente scosso. Sotto la Curva Nord del Livorno uno striscione lungo 30 metri recita: "Nella tua vita hai lottato, in campo lo hai dimostrato, ciao Moro". Ci sono sciarpe di tutte le squadre attorno, anche quella degli odiati rivali del Pisa: "In questo momento non esistono squadre, non esistono colori, solo un grandissimo dolore, ciao Moro raggiungi la serenità". Dallo Curva allo spogliatoio, il dolore è irrefrenabile, Barone, uno dei senatori della squadra di Spinelli, non riesce a trattenere le lacrime: "Aveva sempre il sorriso sulle labbra, sono orgoglioso di averlo conosciuto". Luca Mazzoni, altro senatore, altro ricordo: "Sabato, prima di entrare in campo si è avvicinato e mi aveva detto: Dai, andiamo a prendere questo risultato. Noi dobbiamo ricordarlo cosi". Un tifoso lo urla, che è morto "con la maglia amaranto addosso". Tutti i campi in silenzio il mondo del calcio, e non solo, lo ricorda. Premier League inglese, Liga spagnola, Ligue 1 francese. E cosi si va dalle parole di Balotelli: "Sono rimasto sorpreso e scioccato, non ci credevo. Era un bravo ragazzo, d'oro. Questa storia mi fa riflettere su tante cose. Mi insegna ad apprezzare la vita, a rispettarla, a viverla con cautela e dignità" a Casiraghi, ct della nazionale Under 21 lo ricorda: "Ha fatto gli Europei in Svezia con Marchisio, Cigarini, De Ceglie. Mi ricorderò il suo sorriso". Per passare attraverso le parole di Sabrina Curi: il padre, che ha dato il nome allo stadio del Perugia, morì con la maglia della squadra umbra il 30 ottobre del 1977, in campo. "Loro ci vogliono felici, io lo dico sempre, il mio sorriso è la tua pace". La moglie di Curi, che vive proprio a Pescara, chiede "rispetto per il mio dolore", e aggiunge: "mi sono sentita morire per quel ragazzo". Lacrime anche da star fuori dal mondo del calcio, come Ligabue: "Era a Campovolo insieme a molti di voi, era iscritto al Bar Mario (Fan club ufficiale di Ligabue ndr), la foto profilo lo mostra con uno splendido sorriso, che non può non aumentare questa commozione, quest'incredulità"; perfino Jovanotti: "Ho saputo che era mio fan, che era stato ai miei concerti. Ho saputo che proprio perchè la sua vita non era mai stata una passeggiata ce la metteva tutta a viverla fino in fondo, a mettersi al centro quando si trattava di celebrarla, questa vita, con il calcio ma non solo . Lo ringrazio per avermi fatto sentire parte del suo mondo". Ovunque silenzio, al Bernabeu, al Ciutat de Valencia, in Premier. Proprio in Premier, dove la prontezza dei soccorsi ha salvato Muamba: erano state le sonore lamentele di Mourinho, dopo il grave infortunio subito da Cech il 14 ottobre 2006, a convincere le alte sfere a dotare di ambulanza con defibrillatori ogni stadio, come è accaduto in Liga, dopo la tragica scomparsa di Puerta allo stadio "Sanchez Pizjuan" di Siviglia, nel 2007-2008, contro il Getafe. Ma ora non è il momento delle polemiche, è il momento del rispetto, e del dolore, per Morosini, una vita da mediano, a coprire certe zone, a giocare generosi.