Corapi: "Vi racconto Hernanes dopo l'addio alla Lazio. 26 maggio? Quel retroscena..."

Il mental coach Sandro Corapi, intervenuto ai microfoni di calciomercato.it, è tornato a parlare di quando fu chiamato dalla Lazio prima della finale di Coppa Italia contro la Roma, il 26 maggio del 2013. Ecco il retroscena: “Quando sono stato chiamato dalla Lazio a un mese dalla finale di Coppa Italia storica del 26 maggio 2013 con la Roma, i biancocelesti nel girone di ritorno avevano una media da retrocessione. Allora Petkovic, lungimirante, ha parlato col direttore chiedendo una figura in grado di capire quale fosse il blocco della squadra. All’epoca col ds Tare, a cui faccio i complimenti in quanto ha una sensibilità come pochi altri ho conosciuto in carriera, abbiamo fatto una chiacchierata e in poche ore ero nello staff della Lazio. Il giorno dopo ho fatto una riunione particolare per creare spirito di gruppo e fiducia. Magari è stato un caso, ma io non credo al caso perché i risultati si ottengono con preparazione e competenza. Ricordo che dopo questa attività di coaching la prima persona che mi ha chiesto della figura del mental coach è stato Miro Klose, che all’epoca non segnava da mesi e la Lazio non vinceva. Il giorno dopo la Lazio ha vinto 6-0 col Bologna con 5 gol di Klose, poi da lì è cominciata la preparazione al 26 maggio. Si è creato spirito di gruppo, di coesione, è cambiato il mindset, la squadra scendeva in campo con una determinazione feroce e poi si è concluso tutto con la vittoria della finale con la Roma”.
Corapi, tornando indietro nel tempo, s'è espresso anche sullo stato d'animo di Hernanes una volta lasciata la Lazio: "Dopo l’addio alla Lazio penava e non riusciva a carburare. Solo dopo un’attenta analisi siamo riusciti a sciogliere il nodo principale che gli ha permesso poi di esplodere ed essere titolare, perché il mister non lo vedeva in quel momento, poi andare alla Juve e al San Paolo chiudendo in crescendo. Era un giocatore ‘morto’. Quindi per Zaniolo bisogna andare in profondità e andare a vedere. Poi questi ragazzi sono circondati da un miliardo di persone, spesso si affidano a persone sbagliate, si fidano di pareri sbagliati del proprio entourage. Questo non depone a favore di una rinascita mentale e quindi calcistica".
Pubblicato il 26/10