Lazio, una convivenza difficile: tra Tare e Sarri, c’è di mezzo Lotito...

Le scorie di un derby perso malamente, un domani nebuloso e da decifrare. La Lazio affronta la sosta con il pensiero al futuro: quello immediato e quello con scadenza a fine stagione. Nel primo caso serve recuperare energie mentali, ritrovare slancio per il finale di campionato, dando seguito ai segnali confortanti avuti nelle settimane precedenti al derby e centrando il piazzamento in Europa League. Nel secondo, invece, il quadro è più complesso, perché la posta in gioco è altissima. Partiamo da un presupposto fondamentale. Stavolta - come mai prima - è tutto nelle mani del presidente Lotito. Il patron ha in mano il mazzo di carte, è lui a fare il gioco, a decidere quale direzione si prenderà da fine maggio in poi. Non è un mistero che i rapporti tra il ds e l’allenatore siano freddi. Il mercato di gennaio ha lasciato scorie inevitabili, Sarri negli ultimi giorni della sessione invernale è stato di fatto tagliato fuori, escluso dalle decisioni prese, sono stati tesserati giocatori che lui non aveva avallato (Cabral) o che aveva già bocciato ad Auronzo (Kamenovic) e il minutaggio di questi calciatori fin qui non fa che confermare lo scollamento e la distanza tra le visioni di ds e tecnico. Anche in vista dell’estate, pare che le prospettive non collimino, ma questi sono rumors, per ora la prova dei fatti non c’è. Ecco allora che torna in gioco Lotito.
PROMESSE MANCATE - Il presidente deve decidere se dare nuova linfa al progetto Sarri, se corroborare la scelta fatta in estate, assecondando l’allenatore con un mercato su misura alle sue esigenze, dando garanzie precise e rimettendo sul tavolo quel rinnovo sbandierato e poi congelato ormai da tre mesi. Quelle promesse fatte alla cena di Natale, per ora non sono state seguite dai fatti, un altro elemento che ha infastidito Sarri. Pesano le promesse impolverate dal tempo e un mercato che doveva essere diverso, pesa la freddezza dei rapporti con Tare. Il ds ha un contratto in scadenza nel 2023, non ha intenzione di farsi da parte a scatola chiusa. Dovrebbe essere Lotito a mandarlo via, ipotesi al momento remota. Tare può lasciare Formello o perché sollevato dall’incarico o perché attratto da proposte provenienti da altri club. Sarebbe comunque sorprendente vedere il ds dire addio tra tre mesi, al momento è una soluzione che non sembra trovare grossi riscontri in ambienti vicini alla Lazio.
INTERVENTO PRESIDENZIALE - È possibile una convivenza tra Tare e Sarri anche nella prossima stagione? Tutto è possibile, ma alla domanda deve rispondere Lotito, come al solito preso da mille questioni e che troppi segnalano lontano dalle cose biancocelesti. Il presidente non è un decisionista, preferisce diluire, aspettare, rimandare, in questa vicenda può diventare controproducente. Sta a lui mettere le parti a un tavolo, indicare la via, appianare le distanze, far siglare compromessi, decidere chi assecondare con più convinzione. Sarri aspetta segnali, sapeva a cosa andava incontro quando ha firmato con la Lazio, conosceva i limiti di questa società, erano note le possibilità di spesa, ma vuole chiarezza sul progetto e coinvolgimento nelle scelte. Dall’altra c’è una società che forse si aspettava di più, la Lazio è potenzialmente ottava (se la Fiorentina dovesse vincere la gara che deve recuperare), è uscita malamente dalla Coppa Italia, non è andata oltre i sedicesimi di Europa League, ha perso diverse partite con lo stesso copione e con risultati pesanti da digerire. I silenzi di Lotito vanno interpretati, probabilmente non si attendeva tutte queste difficoltà, ma è pur vero che non ha mai messo in dubbio Sarri e la sua guida tecnica. Per questo, però, è necessario che il presidente scenda in campo e decida cosa fare della Lazio del futuro. Andare avanti con Sarri, dargli nuova forza o prendere strade diverse. È tutto nelle mani di Lotito, oggi come non mai. Ma non si può aspettare, stavolta diluire e rimandare può diventare un boomerang pericoloso.
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