Lazio, Couto: "Eravamo un gruppo fantastico. Sono rimasto con Lotito perché..."

01.07.2025 15:15 di  Niccolò Di Leo  Twitter:    vedi letture
Lazio, Couto: "Eravamo un gruppo fantastico. Sono rimasto con Lotito perché..."
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© foto di Federico De Luca

Ai microfoni di Lazio Style Channel, Fernado Couto ha parlato della sua esperienza biancoceleste a trecentosessanta gradi: dall'analisi dei singoli, al rapporto con lo spogliatoio, passando per la scelta di restare nella Capitale. 

L'ESPERIENZA ALLA LAZIO - "Non avrei immaginato che sarei rimasto 7 anni alla Lazio. Mi sono divertito tantissimo, ho giocato con cuore e anima. Abbiamo vinto trofei importanti, sono contento di aver fatto parte della storia della Lazio. I due momenti più iconici? Lo Scudetto è la parte più importante, l'anno prima lo aveva perso in modo particolare. Vincerlo l'anno dopo in quel modo è la cosa più emozionante. Ho vinto ovunque, i trofei sono sempre importanti, sono uno a cui piace vincere anche nella vita, ma qui ho vissuto dei momenti davvero importanti e intensi. Penso che il percorso sia la cosa più emozionante, anche più del trofeo. Per arrivare a un traguardo devi pensare a quello che hai affrontato, quello che hai vissuto. Poi arriva il trofeo, il momento di gioire, ma bisogna godere il percorso, che è una parte del ciclo, del lavoro che si fa per vincere".

DE LA PENA "Io sono arrivato con Ivan nel Barcellona e ha fatto delle cose bellissima, molto buone. Forse era nella situazione giusta, con un calcio diverso rispetto a quello italiano che gli ha permesso di dare il massimo. Quando è arrivato qua in Italia forse non si è adattato, forse ha avuto delle difficoltà nel trovarsi con il modo di lavorare. Abbiamo vissuto insieme, io mi sono adattato in maniere diversa, lui ha fatto difficoltà. Non è l'unico, le stesse difficoltà le ha avute anche Gaizka Mendieta nel relazionarsi con un calcio diverso rispetto a quello che giocava in Spagna, più fisico e quindi questi giocatori più tecnici hanno avuto delle difficoltà in più. Con un po' più esperienza la qualità che aveva lo avrebbe reso un giocatore più importante con la Lazio". 

L'ARRIVO ALLA LAZIO "Sono venuto più esperto rispetto a De La Pena e avevo l'esperienza con il Parma alle spalle e che mi ha dato più tranquillità al momento dell'approccio. Abbiamo avuto subito la Supercoppa, una partita che ricordo perfettamente. Ricordo il gol di Sergio, ce la meritavamo, quella è stata il 'click' per la stagione. I tanti ruoli giocati? Sì, un segno di fiducia, ma anche una grande gestione del gruppo: Negro faceva il centrale, Pancaro a sinistra. Eriksson a volte lavorava per 15 giorni con un calciatore perché gli serviva per una partita specifica in quel ruolo. Il livello era talmente alto ed equilibrato, che doveva gestirli e lui faceva bene. Quando c'erano le Nazionali tutti andavamo via e restavano cinque giocatori che si allenavano con la Nazionale". 

I LEADER - "Non vorrei parlare dei singoli. Era un gruppo con grande leadership. C'erano tre capitani che erano Favalli, Nesta e Marchegiani. Tutti di quel gruppo avevano una personalità talmente forte, al punto che eravamo tutti capitani, ci gestivamo e ci rispettavamo molto. Il segreto di quella squadra era che ci allenavamo sempre in modo molto intenso. Tutti si allenavano allo stesso modo, perché potevano giocare tutti la domenica. Era una squadra con un carattere molto importante, giocatori che a loro modo avevano un carattere forte e davano qualcosa di diverso al gruppo". 

RONALDO E LA SERIE A -"Quell'anno il livello della Serie A era alto. Era stimolante. C'era la Juve, il Milan, squadre molto importanti che si battevano al nostro stesso livello. Il campionato era equilibrato ed era bello e divertente per i tifosi, ma anche per noi che affrontavamo giocatori molto forti. Gli stranieri più importanti erano qui in Italia. Il giocatore più forte con cui ho giocato era Ronaldo, abbiamo giocato insieme a Barcellona. L'ho visto allenarsi con me e ho visto la sua forza, la sua capacità. Uno dei giorni più brutti con la Lazio è stato quando lui torna dall'infortunio all'Olimpico, si punta davanti a me e si rompe il ginocchio. Ricordo il rumore del ginocchio. Non riuscivo ad avvicinarmi a lui, ma mi sono accorto subito che si era fatto male. Era davanti a me, lui mi stava cercando dribblare. Non ho avuto il coraggio di andare, come ha fatto Simeone. Quello è stato un momento molto triste, ricordo il silenzio dei tifosi, la partita dopo quell'infortunio è finita e nessuno ha più giocato".

LA FORZA DELLA SQUADRA - "La squadra era talmente forte che non posso scegliere un nome. Un sacco di giocatori forti. Anche chi non giocava era forte, come Sensini. Tutti i reparti erano molto equilibrati. Sarebbe ingiusto scegliere un nome". 

LO SPOGLIATOIO E L'ESULTANZA - "Io avevo la fiducia dei giocatori e dei compagni. La nostra forza era questa, avere fiducia nei confronti di tutti. Potevamo vincere qualcosa di più, ma abbiamo fatto un bel percorso e ci siamo divertiti tanto. La capriola? Mi piace farla. Ho iniziato a farla nel Porto da piccolo qualche volta, quando segnavo gol importanti. Quando sono venuto qui sono tornato a farla una volta e alla gente è piaciuta, era diventato qualcosa di obbligatorio, a volte facevo anche fatica (ride, ndr). Il coro non mollare mai cantato per 30'? Ho sempre avuto un grande rapporto con la tifoseria, mi piaceva molto, erano molto attivi. Avevamo un bel feeling". 

IL CARATTERE DI COUTO - "Io nello spogliatoio ho sempre avuto questo carattere, che rimarcavo la mia posizione e il mio spazio. Sono sempre stato così. Questa era una parte della mia forza. Sono sempre stato uno che non voleva mollare, a volte una bella litigata può essere positiva per poter arrivare a certe cose. Sono cose successe negli spogliatoi, negli allenamenti: non bisogna sempre litigare e neanche esser sempre amici. A volte bisogna saper affrontare i brutti momenti insieme". 

LA SCELTA DI RESTARE - "Sono rimasto perché sentivo la responsabilità. Avevo avuto due proposte dall'Inghilterra, un campionato che mi incuriosiva, ma in questi 8 anni ho vissuto qualcosa di intenso, questo ha fatto modo che io rimanessi, anche con una Lazio diversa rispetto a quella vincente". 

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