Re Cecconi, l'ennesima ricostruzione sulla morte dell'angelo biondo

Martedì 18 gennaio 1977, Roma. Non è una bella giornata nella Capitale, pioviggina e fa freddo. Luciano Re Cecconi, dopo tre mesi di stop, sta per tornare a giocare. Insieme al compagno Ghedin si trova nel quartiere Fleming. I calciatori si fermano davanti alla profumeria dell’amico Giorgio Fraticcioli: “Venite con me, devo portare dei flaconi da un gioielliere”. I due acconsentono, non potendo immaginare che la morte si sarebbe palesate solamente 100 metri più avanti. I tre arrivano davanti alla gioielleria di Bruno Tobaccini ed entrano insieme. Accade tutto in pochi istanti: il profumiere mette le bocce sul bancone seguito dai due calciatori, qualcuno farfuglia qualcosa e pochi secondi dopo l’orafo prende la pistola che tiene nella fondina dei pantaloni, la punta su Ghedin che alza subito le mani in segno di resa, poi la sposta ad altezza petto dell’uomo biondo lì vicino. Parte il colpo, Re Cecconi cade a terra, morirà in ospedale per emorragia poco dopo. Ma della finta rapina che avrebbe spinto Tobaccini a sparare? Nessuna traccia, specialmente nelle prime ricostruzioni: “Re Cecconi non ha fatto nulla che mi potesse far pensare ad una rapina”, dichiarò il gioielliere. Poi però la tesi della goliardata prende piede e viene rilanciata dall’orafo, dalla moglie e dall’amico testimone. Come riporta La Gazzetta dello Sport, il commerciante nei mesi precedenti sparò altre due volte: verso un rapinatore entrato nella sua bottega e in strada nei confronti di un presunto scippatore di sua moglie.
LA VERITÀ DI MARTINI – Quel 18 gennaio è impossibile da dimenticare per moltissime persone, una in particolare. Si tratta di Luigi Martini che ospitò Ghedin a casa sua nella notte più tremenda: “Basta con la storia della finta rapina, non c’è stato nessuno scherzo. Ghedin mi ha spiegato l’accaduto: è entrato per ultimo, occhi bassi per non inciampare sul gradino. Quando li ha rialzati ha visto la pistola e si è tolto le mani dalla tasca in segno di resa. Ghedin non ha sentito nessuna frase pronunciata da Re Cecconi, me lo ha giurato. Meglio far passare due calciatori per stupidi che parlare di tragica fatalità. E mi disgusta questa cosa, calpestare la memoria di un uomo che mai avrebbe commesso uno scherzo simile”.
LA VERSIONE DI GHEDIN – Ghedin vive con il peso del testimone sopravvissuto, ecco perché non parla e non vuole discutere ancora della vicenda. L’ex calciatore ha accettato di incontrare la Gazzetta di Malta per dire la sua sull’accaduto: “Non c’è stato nessuno scherzo? L’ho già detto al processo, perché ripeterlo? Da quasi 40 anni c’è la rincorsa a farmi l’intervista, cercando di provocarmi. E’ stata una tragica fatalità, un uomo è morto, poteva capitare a me”.