ESCLUSIVA - Proietti Farinelli, l'osservatore della Lazio dei record: "Chinaglia e Stankovic le mie gioie! Rimpianti? Cristiano Ronaldo..."

24.09.2014 15:01 di  Davide Capogrossi  Twitter:    vedi letture
Fonte: Davide Capogrossi - Lalaziosiamonoi.it
ESCLUSIVA - Proietti Farinelli, l'osservatore della Lazio dei record: "Chinaglia e Stankovic le mie gioie! Rimpianti? Cristiano Ronaldo..."
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© foto di Federico Gaetano

L'ultimo degli Osservatori. Non è un remake della celebre pellicola di Michael Mann, ma la storia dell'ultimo grande talent scout della storia biancoceleste, superstite di un calcio che non esiste più. Quello delle relazioni scritte e delle lunghe traversate in aereo, quello dei giochi a nascondino per non farsi 'beccare' dagli osservatori delle altre squadre. Un universo distrutto dall'invasione dei procuratori, prerogativa del nostro calcio, e da un sistema multimediale che ha annientato la peculiarità del talent scout. I destini di Vincenzo Proietti Farinelli e della Lazio si incrociarono per la prima volta nel lontano 1955, quando un ragazzino di San Polo dei Cavalieri iniziò a tirare i primi calci ad un pallone. Oltre mezzo secolo di avventure: dall'esordio in A alle scorribande con il compagno di squadra alla Massese Giorgio Chinaglia, dal lungo peregrinare sui campi minori sino al nuovo incontro con il primo amore. Nel 1993 Dino Zoff e il direttore sportivo Nello Governato richiamarono il figliol prodigo, lo elessero ad osservatore di punta di una Lazio che si apprestava a conquistare tutto lo scibile. Un decennio di trionfi, tantissimi talenti scoperti, uno su tutti quel Dejan Stankovic che fece sfracelli con Eriksson in panchina. La redazione di Lalaziosiamonoi.it ha intervistato in esclusiva proprio Vincenzo Proietti Farinelli, osservatore della Lazio nell'epopea cragnottiana, per un lungo confronto tra aneddoti, rimpianti ed idee per il futuro.

Ha intrapreso questa nuova esperienza nel calcio dilettantistico all'Ad Maiora, quali sono le differenze con il professionismo? "Ho iniziato quest'avventura un po' per caso, con il professor Dragonetti e il dott. Bianchi (presidente e vicepresidente, ndr), è nata un'amicizia stretta, gli sto dando una mano dal punto di vista tecnico e stiamo strutturando una realtà nuova che può diventare un punto di riferimento per i ragazzi".

Lei è cresciuto nel settore giovanile biancoceleste, poi si trasferì in prestito in C, alla Massese. In attacco segnava i primi gol un attaccante italiano cresciuto in Galles... "Esordii in A nel '65, l'anno seguente giocai due partite, ma avevo svolto tutto il settore giovanile in biancoceleste. Andai in prestito alla Massese in C, e stavo in camera con Giorgio Chinaglia. Ho avuto un rapporto meraviglioso con lui, era un generoso, si lasciava trasportare. L'hanno coinvolto in situazioni che non gli appartengono. Ho vissuto un anno intero in camera con lui, so vita, morte e miracoli. Potrei scrivere un libro con tutti gli aneddoti. Fui proprio io che segnalai Giorgio all'allenatore di quella Lazio, Juan Carlos Lorenzo. Purtroppo provenendo da una società estera (lo Swansea City, ndr), doveva fare tre anni nei semiprofessionisti, prima di essere tesserato con i professionisti".

Ci racconta un aneddoto? "Nella pensione di Marina di Massa dove alloggiavamo all'epoca, andavamo al bar e prendevamo il caffè dopo pranzo. Lui ordinava cappuccino e tre cornetti (ride, ndr)".

Si intravedevano le qualità del campione? "Già all'epoca era un trascinatore nonostante fosse giovane. Aveva una mentalità inglese, da combattente, in ogni momento della sua vita".

Nel 1993 il ritorno alla Lazio, dopo tanti anni di assenza... "Quando giocavo alla Lazio ero la riserva di Nello Governato, nel 1993 era il direttore sportivo. Mi richiamò insieme a Bob Lovati, che era stato il mio allenatore. Mi incontrarono a Milano per il calciomercato e mi proposero una collaborazione. Portavo le valigie a Governato (ride, ndr), fui assunto come osservatore. Seguivo i campionati interregionali, dovevo scovare un giocatore all'anno. Scoprii vari giovani, tra cui Grandoni e un giovanissimo Patrice Evra. Giocava a Marsala, la Lazio non lo prese perchè ci chiesero troppo".

Nel febbraio del 1998 lei era a Belgrado per assistere al derby tra Stella Rossa e Partizan. Il primo obiettivo era Dejan Stankovic."Andai a vederlo personalmente a Belgrado, era il 20 febbraio, un freddo incredibile. Disputò una partita pessima, era la prima gara dopo la sosta invernale, lui era un giocatore potente e fece fatica. Nonostante ciò il giorno stesso chiamai Governato e gli dissi di precipitarsi a Belgrado, c'era mezza Europa a vederlo. Gli segnalai tre giocatori ma prendemmo Stankovic perchè era il più forte".

Anche la Roma pressava per l'acquisto del giocatore. "Sul viaggio di ritorno in aereo c'era anche l'osservatore della Roma, non dovevo farmi vedere. Gli soffiamo Stankovic e loro ripiegarono su Tomic (rivelatosi una meteora, ndr)...".

Ci sono giocatori che lei segnalò invano e che sono diventati campioni? "Ce ne sono tanti. A me un allenatore della Lazio (Zeman, ndr) bocciò Ambrosini, Morfeo e Locatelli, tutti giovanissimi, per prendere altri tre giocatori che giocarono molto poco in biancoceleste. Mi ricordo anche di Cristiano Ronaldo, militava nel settore giovanile dello Sporting Lisbona, me lo segnalò il nostro preparatore dei portieri Di Lucia, in un terzetto che comprendeva Ricardo Quaresma e Hugo Leal. Ne parlai con Governato, ma non facemmo in tempo perchè Ronaldo giocava ancora nel settore giovanile. Misi le mie dimissioni sul tavolo per far arrivare Simeone alla Lazio, il presidente era Zoff, qualcuno però si oppose. Negli anni seguenti approdò poi in biancoceleste e fece benissimo. Secondo me avremmo dovuto riprenderlo come allenatore, prima che andasse all'Atletico Madrid..."

Cosa voleva dire per lei lavorare in un ambiente del genere, accanto a figure storiche del calcio nazionale ed internazionale? "Ho fatto l'osservatore per 9 anni, ho girato tutta Europa. Stilavo le relazioni tecniche per i vari Zoff, Eriksson. Con lo svedese avevamo un ottimo rapporto, quando andò via dall'Italia mi chiamò e mi disse che sarei tornato a lavorare co lui in caso di un ritorno nel nostro Paese".

Nel 2004 arrivò Lotito. "E' cambiata la presidenza, ci siamo trovati fuori. Ognuno fa le sue scelte, ha i suoi uomini, facevo parte di un altro gruppo. Mi è rimasto un po' il rammarico, ho trascorso 20 anni alla Lazio e un ringraziamento me lo sarei aspettato. La Lazio è come una seconda pelle per me, vi entrai a 10 anni".

Nelle Lazio del passato trovavano spazio grandi conoscitori di calcio (oltre che grandi Laziali) come Pulici e Lovati, oggi la Lazio è l'unico club privo di osservatori. "Avevo fatto un progetto in quel senso e sarebbe potuto andare avanti. Sono delle situazioni che adesso stanno venendo fuori, io parlavo di seconde squadre e collaborazioni con altre società già nel 1993 e ho le copie di quei progetti. Oggi la Lazio sta mettendo in pratica alcune sinergie, mi domando se non abbiano trovato le mie carte di vent'anni fa... (ride, ndr), ma mi farebbe piacere".

Come giudica questa Lazio? "Potrebbe essere pronta per l'Europa League, non vedo grandi squadre. La Lazio sta giocando bene, ma quando si mostra un bel calcio e si perde è drammatico. Mi piacerebbe scambiare alcune idee con i dirigenti, un'apertura a gente che è cresciuta nella Lazio, poi ovviamente decide sempre il comandante".

Se dovesse invece consigliare un talento a Tare? "Ho provato anche a chiamarlo, ho 3-4 talenti in Sudamerica, di cui un paio con il doppio passaporto. Li ho visionati al torneo di Durban in Sudafrica (prestigiosa rassegna giovanile disputata dal 31 luglio al 9 agosto, ndr), diventeranno top player, investimenti che possono fruttare milioni di euro".