ESCLUSIVA - Troglio show: "Serve il gioco di squadra e il miglior Biglia! Noi andavamo ai Lazio Club, oggi invece..."

Una delle accuse che viene spesso mossa contro la Lazio è un difetto di carattere. Amnesie, contrasti deboli, scarso piglio. La sana cattiveria che mister Reja spesso invoca, ingrediente fondamentale per la pozione che vale l'Europa. La qualità c'è, manca la grinta. Back in the day. Epitaffio del cuor di leone: qui giocarono Diego Simeone, Matias Almeyda e via discorrendo. Temerari della mediana, guai a fargli gonfiare il petto. Back in the day, qualche calendario prima. Pedro Antonio Troglio, instancabile motorino di centrocampo. Direttamente dall'Argentina, nell'epoca dei primi acquisti biancocelesti oltre le frontiere. La Lazio di Calleri, che usciva faticosamente dal disagio della cadetteria e dagli orrori del calcioscommesse, ma sempre a testa alta, con dignità. Correva l'anno 1989, Pedro Troglio, mediano scuola River, approdava nella Capitale dopo una stagione di rodaggio in quel di Verona. Una Lazio combattente, pochi artifizi e tanta sostanza. Troglio è rimasto all'ombra del Colosseo per due stagioni: nono e undicesimo posto. Piazzamenti con un peso specifico importante in quei tempi difficili. Giocatori che amavano quella maglia. La redazione di Lalaziosiamonoi.it ha contattato in esclusiva Pedro Troglio, ex beniamino dei tifosi. Quello del famoso coro con Sosa e Amarildo, quello dei martedì sera passati al Lazio Club sperduto tra le campagne piuttosto che su Twitter. Quello che non usciva dal campo se la maglietta non era zuppa di sudore, intrisa di fatica e grinta.
Sei alla terza stagione alla guida del Gimnasia La Plata, un club che ti considera un mito (nel 2006 è stata ritirata la sua maglia numero 21, ndr). Come procede? "Ho preso la squadra in difficoltà, io ero abituato ad allenare in Prima Divisione, il Gimnasia aveva sofferto la retrocessione e non riusciva a venirne fuori. Il cuore mi ha portato ad accettare questo incarico e abbiamo avuto la fortuna di tornare in Prima Divisione. Stiamo vivendo una stagione buona per una squadra neopromossa, siamo fuori dalla zona retrocessione a 9 giornate dalla fine, con altri 6-7 punti possiamo salvarci. Sono contento, l'altro ieri mi hanno prolungato il contratto per un altro anno. Pensavo di andare via ma il cuore mi ha portato a rimanere"
Lo scorso dicembre hai assistito al pareggio della Lazio contro il Trabzonspor all'Olimpico. Che impressione ti ha fatto? "La Lazio è una squadra di grandissimi giocatori, ma che credo che alle volte non riescono a giocare da squadra, e quindi si fa fatica. Al di là delle individualità che sono buone penso che la cosa più importante sia giocare tutti insieme, senza la palla, a volte ci si muove solo quando si ha il possesso. In quel momento la Lazio non stava bene in classifica, adesso è salita un po', gioca più tranquilla. Per migliorare ancora di più tutti i giocatori devono imparare a giocare in entrambe le fasi".
Una delle note positive è il neoarrivo e tuo connazionale Lucas Biglia, un'arma importante anche per l'Argentina al Mondiale? "Penso che la Lazio non abbia ancora visto il miglior Biglia, è un calciatore che conosce bene entrambe le fasi del gioco. Ci sono tanti giocatori validi nella Lazio, è difficile potersi riconfermare di domenica in domenica perchè devi essere sempre al top. E' un acquisto buonissimo, penso che andrà al Mondiale ma al di là se gioca o meno questo è importante anche per la Lazio. Bisogna aspettarlo, è un giocatore da seguire e da tenere".
Spesso a questa Lazio si imputa una mancanza di sana cattiveria. Forse ci vorrebbe qualche Pedro Troglio in più... "Non so se è un discorso di grinta, ci sono elementi importanti e molto validi. Delle volte quando si sceglie un giocatore però bisogna considerare anche quello che può dare in un contesto di squadra, non soltanto per individualità. Nel calcio di oggi solo Messi e Ronaldo possono vincere da soli, gli altri devono lavorare per il gruppo. Questo manca alla Lazio: trovare calciatori adatti per giocare di squadra".
Il presidente Lotito ha dichiarato che oggi i giocatori vogliono andare via da questo club, quando un tempo era sinonimo di grande prestigio. "La Lazio può essere in testa o ultima ma resta un grande club per la sua storia. E' sempre stata grande, quella della B e quella dei trofei europei, una squadra non è grande solo se prima in classifica ma per la sua gente, per la sua storia. I giocatori vogliono andar via quando le cose iniziano ad andare male, quando ero allo Lazio c'erano solo 2-3 stranieri per squadra, era molto diverso. Oggi ne puoi comprare tanti, in rosa si hanno 30-35 giocatori, sono troppi ed è per questo che magari vogliono andare via. Approdare alla Lazio non è facile, forse quelli che sono appena arrivati non si rendono conto del prestigio. Alla Lazio si rimane con orgoglio, è all'altezza di Inter, Milan, Juventus".
Ti ricordi le tue sensazioni quando hai saputo del trasferimento in biancoceleste? "Mi ha fatto molto piacere. Ero arrivato a Verona, in una piccola città molto bella, poi sono andato nella Capitale in un club ricco di storia come la Lazio. Mi sono subito innamorato della città, della squadra, di quella canzone stupenda di Toni Malco che a dicembre ho potuto risentire allo stadio (Vola Lazio vola, ndr). La gente mi ha trattato benissimo, non dimenticherò mai lo striscione che mi hanno riservato per l'ultima partita contro la Fiorentina, è stato molto emozionante per me..."
Ai tuoi tempi si usava presenziare nei Lazio Club, Ruben Sosa di tanto in tanto si imbucava in Nord e tifava a ritmo di tamburi. Oggi la distanza tra giocatori e tifosi si è dilatata, dove risiede il problema? "E' verissimo, quando io giocavo era naturale andare al Lazio Club tutti i martedì, anche a 100 km, le feste dei tifosi. Non credo sia colpa dei giocatori di oggi ma della società moderna in generale. E' cambiato tutto, i calciatori oggi restano in contatto con la gente tramite Internet, è cambiato il contesto e a me dispiace molto. Un tempo partecipando alle feste si poteva raccogliere l'amore dei tifosi".
Dalle bibbie regalate da Amarildo ai battibecchi su Twitter. La figura del calciatore non è più la stessa dei tuoi tempi... "E' cambiata la vita, noi avevamo poche cose, vivevamo per il calcio. Oggi i giovani nascono già con il computer in mano, è difficile tornare alle abitudini di 20 anni fa"
I tifosi laziali non hanno mai nascosto la volontà di vedere un ex giocatore come allenatore. Simeone è un sogno impossibile, magari Troglio... "A me piacerebbe tantissimo poter tornare, magari in futuro (ride, ndr)".