Sarri, la Lega e Mourinho: una polemica unica e il grottesco della sconfitta

02.10.2021 07:27 di  Marco Valerio Bava  Twitter:    vedi letture
Fonte: MarcoValerio Bava-Lalaziosiamonoi.it
Sarri, la Lega e Mourinho: una polemica unica e il grottesco della sconfitta
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Niente di nuovo sul fronte laziale. Niente di nuovo perché era evidente che la Lazio, mettendo sotto contratto Maurizio Sarri, non stesse prendendo solo un allenatore di livello europeo, ma anche un comunicatore pungente, arguto, salace. La polemica con la Lega di Serie A è deflagrata alla vigilia della sfida di Europa League contro la Lokomotiv Mosca ed è proseguita nel post. Ha iniziato Sarri? In realtà no. Ha iniziato la Lega sistemando Bologna-Lazio alle ore 12.30 di domenica, a 60 ore dalla gara dei biancocelesti contro i russi. Sarri, comandante non solo di soprannome, ma anche di fatto, ha deciso allora di alzare la voce, di farsi sentire: “La Lega ci ha messo una partita di campionato a 61 ore dalla fine della partita europea. Mi sembra qualcosa di fuori dal mondo”, aveva detto Sarri mercoledì pomeriggio. La replica della Lega di Serie A è arrivata a stretto giro: “Sorprende che un allenatore vincente in Italia e in Europa non ricordi che il Regolamento delle competizioni internazionali richiede almeno 48 ore di intervallo tra due partite, distanza ampiamente rispettata nello specifico”. Per poi continuare: “Lo stesso Sarri, inoltre, ha già vissuto diverse volte una situazione identica nella sua esperienza inglese quando, dopo le gare del giovedì di Europa League con il Chelsea, è sceso in campo spesso all’ora di pranzo della successiva domenica”. Una replica sorprendente quella della Lega, forse unica nel suo genere.

UNICITÀ - Rimostranze riguardo a gestione del calendario e degli orari, da parte di allenatori di Serie A, se ne ricordano a iosa, ma non vengono in mente risposte tanto piccate della Lega. O meglio, non vengono in mente risposte. L’ultimo esempio è di queste ore: Paolo Zanetti, allenatore del Venezia, ieri ha dichiarato che la sua squadra “ è l’ultima ruota del carro” poiché impegnata oggi a Cagliari, a sole 96 ore dall’ultimo impegno contro il Torino (lunedì scorso). La Lega s’è ben guardata dal replicare al tecnico arancioneroverde. Silenzio. Come, del resto, è sempre accaduto. Con Sarri no. S’è deciso di controbattere, di provare a mettere una sorta di museruola a un uomo che, però, dopo la partita contro la Lokomotiv, s’è presentato ai microfoni di Sky con tanto di comunicato della Lega del luglio scorso e ha replicato in tono seccato, ricordando come oltre le regole, ci sia il buon senso che poteva spingere la Lega a posizionare la sfida tra Lazio e Bologna in uno degli slot serali della domenica. “Parlo a tutela dei miei giocatori e del popolo laziale”, ha detto un Sarri che sembra sempre più in simbiosi con i tifosi biancocelesti. Replica sorprendente quella della Lega. Dicevamo. E anche errata nella sostanza. Nel comunicato emesso mercoledì, si sostiene che Sarri, ai tempi del Chelsea, fosse solito giocare giovedì in Europa e poi la domenica a ora di pranzo. Eventualità complicata, in quanto la domenica in Premier non si gioca alcun lunch match. In Inghilterra si scende in campo all’ora di pranzo solo il sabato, mentre la domenica - a parte casi eccezionali - si comincia alle ore 14 locali (le 15 italiane) e le squadre impegnate il giovedì in Europa disputano le proprie gare sempre la domenica pomeriggio tra le 14 e le 16.30. Sarri ha ragione: la sostanza del comunicato della Lega è errata, così come l’opportunità. 

GUARDA E PASSA - Ma è evidente che nei quadri dirigenziali del calcio italiano ci sia una certa insofferenza verso la Lazio. Basti vedere quanto accaduto con Lotito in occasione del Consiglio Federale di ieri. Un’insofferenza verso Lotito che ricade poi su Sarri che, però, oltre a essere un allenatore bravo, è un comunicatore scaltro e un uomo navigato, con una scorza dura, capace di reggere senza problemi a queste intemperie. Turbolenze che non lasciano il segno su Sarri che guarda e passa. Ne sa qualcosa, o meglio dovrebbe saperne qualcosa, anche il fu Special One. Se Mourinho sono giorni che ripete una litania stucchevole, Sarri ha deciso invece di uscire in dribbling. Un dribbling elegante, umiliante per l’avversario che lo subisce. E così, mentre il portoghese parlava di “derby dominato contro una piccola squadra”, Maurizio replicava con un devastante “a queste pantomime non partecipo, Mourinho ha diritto di dire ciò che vuole”. I derby sul campo si possono perdere. Capita.

L'AGONIA DELLA SCONFITTA - Ma la Roma ha deciso di prolungare l’agonia della sconfitta, di esporsi al ludibrio della controparte, evidenziando come a Trigoria sia ancora sconosciuta la dote del saper perdere. Nonostante le innumerevoli sconfitte di questi anni. Mourinho ha bisogno di nemici per alimentare il suo ego e nascondere i difetti della sua squadra, spostando l’attenzione dai problemi di una difesa traballante. Per esempio. Distogliere dalle debolezze proprie e portare il focus altrove è una sua vecchia arma. Talmente vecchia da risultare, ormai, logora e poco efficace. Prima ha puntato Guida, ha sbraitato per un rigore inesistente (Zaniolo era in fuorigioco) e ha chiesto un’espulsione fantasiosa ai danni di Leiva. Ma una volta capito che sull’arbitraggio c’era poco margine di manovra, avendo anzi ricevuto un rigore bizzarro (definizione della totalità stampa estera) a favore, ha deciso di puntare su un argomento nuovo, quello del dominio della sua Roma contro un avversario piccolo. Un avversario che, in campo, ha fatto più o meno quello che ha voluto, in un derby tenuto vivo solo da una clamorosa svista arbitrale pro Roma. Una strategia comunicativa imbarazzante. Quasi indegna del passato del portoghese. Indegna come il gesto di Zaniolo e l’apologia di certa stampa verso un ragazzo non nuovo a comportamenti biasimevoli. Insomma, alla Roma non è bastato perdere domenica sera. Ha voluto prolungare lo strazio della sconfitta: a Trigoria s’è deciso di sconfinare nel grottesco con gesti e dichiarazioni sconcertanti. Non che sia una novità, è un’abitudine consolidata. L’arrivo di Mourinho, quindi, s’è innestato in un solco antico. Niente di nuovo nemmeno sul fronte romanista. 

Pubblicato il 1/10