Lazio, tra braccino corto e occasioni sprecate: ora combatti con Honor fino alla fine

11.05.2025 08:00 di  Lalaziosiamonoi Redazione   vedi letture
Fonte: Alessandro Zappulla - Lalaziosiamonoi.it
Lazio, tra braccino corto e occasioni sprecate: ora combatti con Honor fino alla fine

Ci sono serate in cui il destino ti guarda negli occhi. Non parla. Aspetta solo una tua mossa. Lazio–Juventus era esattamente questo: uno di quei momenti in cui tutto – classifica, pubblico, occasione – si allineava. Ma la Lazio ha mancato l'appuntamento.
Contro una Juve incerottata, fragile, rimasta anche in dieci, la Lazio doveva affondare. Invece ha esitato. Ha tremato. Ha lasciato andare via un’occasione che, se sei ambizioso, non puoi fallire. Non quando il traguardo è la Champions, non quando i rivali diretti stanno inciampando e il destino è lì che ti porge il testimone.

Il pareggio in extremis di Vecino ha evitato il peggio, ha salvato almeno l’apparenza. Ma è troppo poco per una squadra che voleva far saltare il banco. Troppo poco se pensiamo che, in casa, la vittoria manca dalla notte di Lazio–Monza. Era febbraio. Troppo tempo per chi punta in alto. Per chi sogna la Champions. Troppo tempo per un popolo che ogni volta riempie lo stadio e chiede solo una cosa: combattere e vincere.
Questa Lazio, la Lazio di Baroni, ha fatto un buon primo anno. L’Europa League è stata una corsa splendida, chiusa soltanto ai rigori. Il campionato ha regalato emozioni, scalpi importanti, una corsa ininterrotta. Eppure, tutto rischia di restare sospeso. Tutto rischia di evaporare nel rimpianto.
Perché questo pareggio ha spostato l’asse. Ora il destino non è più nelle nostre mani. Serviranno due vittorie, certo. Ma servirà anche sperare in passi falsi altrui. Ed è questo il vero rammarico. Non aver avuto la forza, ancora una volta, di chiudere i conti da soli.
È il braccino corto, come nel tennis. Quello che ti fa tremare quando sei in vantaggio, quello che ti frena quando dovresti spingere. È quel male silenzioso che spegne il coraggio. 

E i numeri, come sempre, raccontano la verità.
46 gol subiti, 3 più del Genoa 11 in più della Fiorentina, 14 più della Roma. Terzo miglior attacco del campionato, ma una difesa perforata come non mai. E se è vero che i singoli dietro andranno migliorati passando dal mercato, è anche vero che l’equilibrio nel calcio espresso dalla Lazio in questa stagione non si è mai trovato.
21 gol incassati nei primissimi minuti dei due tempi: una squadra che esce dagli spogliatoi come se dovesse ancora svegliarsi.
È questa la fotografia dell’incompiuta. La fotografia di una Lazio che gioca, crea, entusiasma… ma non chiude. Non punge fino in fondo. E lascia spazio, troppo spazio, al rimpianto.
E poi c’è la gestione dei nervi ancora. 

Quattro ammonizioni nel finale. Una – quella di Pellegrini – che pesa doppio, perché diffidato e salterà l’Inter. Ma non solo, la sua ammonizione sa di grazia perché, subito dopo il cartellino giallo, ha urlato contro l’arbitro, rischiando addirittura il rosso. Follie da evitare, che invece si perpetuano. Il tutto poi in un finale di campionato all’ultimo fiato, scivoloni che sanno di puro harakiri.
Ora restano due partite: Inter e Lecce. Non sono finali, perché il destino è già scivolato altrove. Ma sono esami di coscienza. Servono a capire chi vuole restare, chi sa lottare, chi può ancora credere.
La Nord contro la Juve ha parlato chiaro. Una sola parola scritta in oro su fondo bianco: HONOR.

Allora sì, che sia onore. Onore nel lottare fino all’ultimo minuto. Onore nel non mollare anche quando tutto sembra sfuggire. Onore per chi ha creduto in questa Lazio, in questo progetto, in questa maglia.
Il destino, forse, è passato. Ma la dignità no, quella non si misura con la classifica. Si misura con l’impegno con la battaglia.
E allora Lazio, ora si combatte.
Senza rimpianti. Con onore.
Senza tregua, fino alla fine.

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