Dal coro eterno alla testata a Manfredonia, Amarildo: "Non ne vado fiero, ma lotterei ancora per la Lazio"

02.01.2023 07:20 di Lalaziosiamonoi Redazione   vedi letture
Fonte: Lavinia Saccardo - Lalaziosiamonoi.it
Dal coro eterno alla testata a Manfredonia, Amarildo: "Non ne vado fiero, ma lotterei ancora per la Lazio"

Amarildo Souza do Amaral, per tutti “Amarildo”. Ventinove presenze, otto gol, una sola stagione alla Lazio, eppure dopo 30 anni allo Stadio Olimpico rimbomba ancora quel coro in suo onore. Centravanti dal doppio volto, ai tifosi regalava la Bibbia, in campo poi si trasformava. Come un supereroe col suo mantello, bastava indossare la maglia biancoceleste e diventava un guerriero. Oggi è in Brasile insieme alla sua famiglia, ma a centinaia di migliaia di chilometri di distanza il suo amore per la Lazio risuona nitido nell’intervista rilasciata alla nostra redazione.

“Ho avuto un rapporto molto particolare con i tifosi della Lazio. Quel coro che mi dedicano ancora oggi lo cantavano 30 anni fa allo Stadio Flaminio. Segnai alcuni importantissimi con la Lazio, uno su tutti quello contro il Napoli di Maradona. Io, Ruben Sosa e Pedro Troglio siamo diventati amici lì e siamo amici ancora oggi. Parliamo spesso della Lazio, ricrodiamo i bei momenti insieme: loro sono rimasti nel mio cuore, così come il coro che i laziali cantano tutt’oggi”.

Legatissimo ancora oggi alla città di Roma e all’atmosfera dell’ambiente laziale, ha anche tenuto fede alla filosofia “di padre in figlio”, portando dall’altra parte del mondo un bagaglio di ricordi immenso: “Mio figlio ha 26 anni ed è lazialissimo. Molti tifosi mi seguono sui social, su Facebook, su Instagram e mi mandano tantissimi messaggi e foto di saluti. Oggi ci sono tifosi giovanissimi che non mi hanno visto giocare alla Lazio ma intonano comunque il coro a me dedicato. Per me è una cosa fantastica, perché in Brasile non accade”.

L’asse Brasile - Italia, specie quando si parla di Lazio, ha quasi sempre portato nella Capitale, sponda biancoceleste, giocatori di livello e talento, uno su tutti Felipe Anderson. L’ultimo arrivato Marcos Antonio, che non è ancora riuscito ad esprimersi al meglio con l’aquila sul petto:

“La Lazio è stata la squadra che ha fatto crescere la mia carriera. Ci sono tanti brasiliani che hanno fatto parte della storia biancoceleste. Sono molto amico di Felipe Anderson: durante la sua prima parentesi alla Lazio ho fatto una visita a Roma e sono stato con lui, dopo qualche anno però è tornato sicuramente con più esperienza. Tra i brasiliani mi sono piaciuti anche Luiz Felipe ed Hernanes. Quando io arrivai alla Lazio l’andamento era molto altalenante, non c’era una vera identità. Col passare del tempo la squadra è cresciuta, ha avuto tanti giocatori importanti e penso che la Lazio di oggi sia molto forte e che possa arrivare in alto. Cosa consiglio ai giocatori brasiliani che arrivano alla Lazio? Me lo chiesero anche quando arrivò Felipe Anderson e credo che la risposta valga anche nel caso di Marcos Antonio. Deve avere il tempo per adattarsi, conoscere la città, la squadra, la cultura italiana. Per alcuni è un processo più lungo, per altri più breve, io ci misi pochissimo perchè arrivavo dal campionato spagnolo, dal Celta Vigo dove ero stato capocannoniere. Marcos Antonio è arrivato ora, è giovane, ma penso che farà bene, ha solo bisogno di tempo".

Immancabile anche un pensiero a Pelé, campione eterno in campo e fuori: “Per noi brasiliani Pelé è la figura più importante, è sempre stato un riferimento nel calcio. Sono davvero molto triste per questa notizia. Oltre a essere un gran giocatore è sempre stato il “10” sotto tutti gli aspetti”.

Infine, la domanda delle domande, quella che si pone a qualunque calciatore sia passato per la Capitale e abbia assaporato il clima del derby romano. E chi meglio di lui, uno che riguardo alla stracittadina ha qualche ricordo fin troppo particolare, può descrivere a meglio cosa significa viverlo? “Il derby? Ogni volta che parlo con i tifosi della Lazio mi chiedono “cosa ti ricordi del derby?”. Io avevo l’abitudine di regalare la Bibbia e i tifosi mi dicevano “Ama, a noi regali la Bibbia, ma agli avversari devi dare i cazzotti!”. Il derby Lazio-Roma è sempre stato particolare. Ricordo quella situazione con Manfredonia, quando gli diedi una testata e venni espulso: non avrei dovuto farlo, ma lottavo per la mia maglia. In quel momento lui mi innervosì e reagii in quel modo. Non vado fiero di quello che ho fatto, ma lotterei ancora per la Lazio, sempre”.