L'ex Di Matteo stupisce l'Europa. Zoff: "Per me era come un figlio", Casiraghi: "Si infuriava con Zeman ma restava sempre equilibrato"

Quando arrivò a Roma, quel pomeriggio di giugno del 1993, si capì subito che quel ragazzo educato e serio, avrebbe lasciato il segno nella Lazio e nel mondo del calcio. Roberto Di Matteo infatti, è sempre stato così: molto intelligente e con un carattere deciso ma mai sopra le righe. Adesso tutti parlano di lui, arrivato quasi per caso a giocarsi una semifinale di Champions League ed una finale di FA Cup, con un Chelsea a cui ha ridato grinta e voglia di vincere. Nel suo passato però, soprattutto da giocatore, c’è un DNA biancoceleste, con un maglia vestita per tre stagioni in cui ha lasciato, tra tutti i tifosi, parecchi rimpianti. La Lazio lo comprò dall’Aarau diciannove anni fa, per affidargli il centrocampo, viste le sue qualità nell’impostare ma anche nel difendere e aiutare la difesa. “E lui in Svizzera aveva fatto più che altro il difensore” – ricorda Dino Zoff nelle pagine de La Gazzetta dello Sport a firma di Maurizio Nicita – “però non ebbi nessun dubbio nello schierarlo a centrocampo perché ricalcava alla perfezione le qualità del centrocampista moderno. Per me è come un figlio, è una persona seria e questo lo vidi subito nei suoi occhi il primo giorno che venne alla Lazio. La sua serietà gli stanno consentendo di fare benissimo in una piazza complicata”. La stagione seguente poi, con Zeman allenatore, Di Matteo diventa titolare inamovibile e conquista di li a poco la Nazionale ma è sfortunato, perché si rompe il gomito e sacchi non lo porterà ai mondiali americani. Con Zeman però nascono i primi dissapori, perché Di Matteo non sopportava l’assenza di attenzione in fase difensiva, che spesso vanificava tutto quello che buono si era fatto in attacco. Pierluigi Casiraghi, suo ex compagno ai tempi della Lazio e del Chelsea, ricorda che l’italo-svizzero andava spesso su tutte le furie: “era abruzzese di origini ed in questo lo di mostrava tutto. Era un uomo ed un centrocampista molto equilibrato, logico che non sopportasse la vocazione super offensiva del tecnico boemo. Forse maturò già all’epoca l’idea di allenare. Eppure lui è sempre stato riservato, non faceva mai trapelare nulla, qualità che si sta portando dietro anche in questa importante esperienza come allenatore. Questo gli sta permettendo di gestire al meglio una situazione difficile che ha trovato al Chelsea, in un ambiente che conosco bene ed è carico di pressioni da parte dei media”. Oltre alla sua professionalità, Di Matteo sta dando al Chelsea anche un gioco e stimoli nuovi che hanno straformato la stagione dei Bleus: “E’ riuscito a dare un ottimo mix di intensità inglese e ed ordine tattico italiano, così come fece al WBA dove la sua squadra giocò un calcio molto piacevole e produttivo, che portò alla promozione in Premier League. In un mondo dove l’immagine è preponderante, lui sta facendo prevalere la sostanza”. E cos’ fece sempre anche in campo, dove vestì la maglia biancoceleste con eleganza e rispetto, fin dal primo minuto che la indossò.