LE MAGLIE DELLA STORIA - La Lazio del meno nove e quell'aquila sul petto

Pubblicato ieri alle 16.35
08.07.2013 04:35 di  Lalaziosiamonoi Redazione   vedi letture
Fonte: Andrea Francesca-Corso d'Informazione Sportiva de Lalaziosiamonoi.it
LE MAGLIE DELLA STORIA - La Lazio del meno nove e quell'aquila sul petto

Nella mente e nel cuore del tifoso, solitamente la squadra che resta impressa è quella che vince scudetti e coppe a ripetizione. Invece il laziale è diverso. Probabilmente per i pochi trofei vinti e per le tante vicissitudini che si sono frapposte nel corso del suo arduo ma maledettamente affascinante cammino. E così accade che, nell’ultra-centenaria storia della prima squadra della Capitale, l’appellativo di ‘eroi’ venga ricondotto - prima che alla miliardaria e plurivincente armata di Cragnotti o ai tanto amati ragazzi del '74 - a un gruppo di uomini, prima che calciatori, grazie ai quali la Lazio è ancora in vita. Proprio a pochi giorni dalla presentazione della nuova maglia - con la coccarda più importante di sempre - il sogno dei tifosi, manifestato con un vero e proprio plebiscito sul web, è la riedizione di quella che fu la divisa della banda del meno nove. La maglia con l’aquila sul petto bella e commovente come mai nessun’altra. Se si chiudono gli occhi al pensiero di quella tenuta di gioco, il primo flash che appare è l’immagine stravolta e le lacrime di Giuliano Fiorini, l’autore di quello che fu il gol per antonomasia, in un caldo pomeriggio dell’estate romana. Sullo sfondo un Olimpico mai così pieno di passione, emblema di una sinergia tra squadra e ambiente irripetibile. Si parla della stagione 1986-87, la maglia è il remake di quella realizzata dall’Ennerre a inizio anni '80; è per metà bianca e per metà celeste tagliata da una linea orizzontale, sullo sfondo bianco un’aquila stilizzata che arriva fino alle maniche di colore blu, stesso colore dei numeri. Il collo è a V bianco e il colletto celeste. Al centro si staglia lo sponsor istituzionale ‘Cassa di Risparmio di Roma’, mentre lo sponsor tecnico è Tuttosport. Un anno drammatico vissuto intensamente in ogni singola sfaccettatura. La partenza è di quelle che ucciderebbero chiunque: Lazio inizialmente retrocessa in C, poi condannata dal CAF con sentenza definitiva alla permanenza in serie B ma con 9 punti di penalizzazione, responso che in un campionato in cui la vittoria vale 2 punti appare una retrocessione anticipata. Dopo un avvio col botto, la squadra crolla nella seconda parte e arriva all’ultima partita casalinga contro il Vicenza di mister Magni con l’obbligo di vincere per poter poi accedere agli spareggi. E quella è la partita per ogni laziale. In un caldo infernale il 21 giugno e in uno stadio Olimpico stracolmo (record di spettatori per una partita di Serie B), in palio c’è la storia della prima squadra della Capitale. Gli uomini di Fascetti attaccano incessantemente sin dall’inizio ma trovano nel portiere vicentino Dal Bianco un muro invalicabile. Quando tutto sembra finito, nella disperazione generale, a una manciata di minuti dalla fine, un tiro sbagliato di Podavini finisce sui piedi di Fiorini che si gira e mette il pallone in rete. Segue un urlo infinito, una scossa sismica che rischia di far cadere una città. In quell’urlo c’è la rabbia, l’orgoglio, l’appartenenza e l’amore di un popolo. Qualche anno più tardi il difensore di quella squadra Angelo Gregucci parlando di quel gol avrebbe detto: "Quando ho visto la palla entrare sono quasi svenuto, poi sono stato travolto da quel boato. Mai sentito nulla di simile in vita mia, non finiva più, ti strappava la pelle di dosso per quanto era forte". L’aquila, orgogliosa e mai doma, disegnata su quella maglia rispecchia in tutto quella banda che aveva salvato 87 anni di storia. Terraneo, Filisetti, Acerbis, Podavini, Gregucci, Camolese, Mandelli, Caso, Magnocavallo, Pin, Fiorini. A disposizione: Ielpo, Piscedda, Esposito, Poli, Rizzolo. Allenatore: Fascetti. Una maglia emblema non di una squadra di campioni, ma di una banda di eroi.