ESCLUSIVA - Avv. Di Cintio: "Il prestito con obbligo di riscatto è frutto della fantasia giuridica di noi italiani"

Fine delle ostilità, o meglio dire delle comproprietà. L'apologia de "L'Allenatore nel pallone": la metà di Maradona in cambio di Falchetti e Mengoni. La pantomima dei cartellini frazionati, delle misere offerte infilate in busta, delle valigie sempre pronte. L'Italia si adegua al sistema europeo: fine della pacchia, che poi pacchia non è perchè si è trattato spesso di questioni decisamente spinose. E' una necessità, figlia della crisi finanziaria del nostro calcio, che si mescola chimicamente con l'attitudine rivisitata e tutta nostrana del "Rimanda a domani quello che puoi fare oggi". Tuttavia i fantasiosi stratagemmi sono gli ultimi a morire, per un popolo di creativi. Ed ecco che rispunta il prestito con obbligo di riscatto, una soluzione che non era contemplata fino a poco fa e che gli addetti ai lavori additavano puntualmente come 'impossibile per definizione'. E' notizia dei giorni scorsi, Dusan Basta passa alla Lazio in prestito...con obbligo di riscatto. La nuova maschera del pagamento dilazionato. E' un po' come sparecchiare la tavola in salotto e riapparecchiare in cucina, in attesa che la mamma provveda al lavaggio. Una (non) svolta in un sistema di trasferimenti complesso, incastonato in una macchina calcistica in attesa del cambio motore. La redazione di Lalaziosiamonoi.it ha intervistato in esclusiva l'Avvocato Cesare Di Cintio, massimo esperto di diritto sportivo e personaggio noto all'interno del mondo del calcio. Il problema analizzato dal particolare all'universale, dai nuovi istituti in maniera di trasferimenti al delicato tema del passaggio di consegne ai vertici del calcio italiano.
Sono stato abolite le comproprietà, vero e proprio abuso nel nostro calciomercato. Come cambia il sistema trattative? "Saluto questo cambiamento con positività, in questo modo ci allineiamo al discorso europeo. Solo in Italia era presente questa sorta di stratagemma giuridico per dare la possibilità ad alcune società di sopravvivere a livello di bilancio, ma che costituiva un modo per prendere calciatori da squadre di Serie A, con l'interesse di farli giocare. Il fattore positivo è l'allineamento al calcio europeo, ma avremo delle difficoltà a livello bilancistico ed un freno iniziale di movimenti dalla massima serie alle categorie inferiori".
Dusan Basta è stato acquistato in prestito con obbligo di riscatto. Una soluzione che non era prevista a livello legislativo, e ora? "I club in questo modo cercano di fare di necessità virtù. E' un istituto che è frutto della fantasia giuridica di noi italiani. In alcuni casi serve a posticipare semplicemente alla stagione successiva un esborso di denaro. Un pagamento dilazionato, in altri termini. Può essere vincolato al numero di presenze, è figlio della difficoltà economica del nostro commercio calcistico, come fu per il pagamento rateale nei 5 anni".
Riforma del calcio italiano. Per la corsa alla presidenza della FIGC registriamo una spaccatura: da un lato gli alleati di Carlo Tavecchio (presidente LND, favorito), dall'altra i cosiddetti No Tav, i riformisti, privi di un reale candidato perchè Demetrio Albertini non sembra convinto. Come finirà? "E' una situazione di stallo, la politica è fatta di trattative. Abbiamo bisogno di programmi più che di personaggi. Non è un problema di 'giovani' o 'vecchi', urgono solo soggetti che approcciano questa poltrona con delle idee per il futuro, per dare una spinta al calcio italiano. E' un'industria ancora legata a meccanismi elefantiaci e gerontocratici nella politica sportiva, in altri Paesi viaggiano a una velocità tripla rispetto alla nostra".
Il rischio è che sia quantomeno utopico formare un governo delle larghe intese. Un po' come accade nella Lega di Serie A... "Alla base c'è la distanza tra le quattro leghe. Forse solo la Lega Nazionale Dilettanti ha un intento con quella di A, una per numero di rappresentati l'altra per peso specifico a livello politico, sono le due leghe in grado di condizionare maggiormente questa scelta. La B e la Lega Pro soffrono un meccanismo di imbuto, sarebbe bello sentir parlare di larghe intese e scelte condivise, di un programma unitario piuttosto di scelte che si basano su rapporti politici e che vengono imposte con una maggioranza risicata".
Da dove dobbiamo ripartire? "Il primo passo deve essere il cambio di mentalità a livello di politica e di gestione di club. In molti casi hanno una gestione approssimativa, non propriamente come aziende. Lo dimostrano le difficoltà finanziarie dei nostri club, ancora troppo legati alla commercializzazione dei diritti televisivi, unica forma di sostentamento del nostro calcio. Se domattina tutti gli abbonati delle pay tv comunicassero la propria disdetta, ci troveremmo in seria difficoltà. Ciò che non avviene ad esempio in Bundesliga, vengono valorizzati il marketing e i ricavi da botteghino. Su quest'ultimi influiscono le strutture esistenti, in Italia a parte il discorso Juventus è difficile pensare che gli incassi possano rappresentare una voce importante. I diritti tv in Germania incidono per il 30%, in Italia per il 70%. Lì ci sono fonti alternative, qui no. Le grandi cessioni da noi servono a colmare dei buchi pregressi, è il sintomo di un'assenza di stabilita di gestione e continuità aziendale".