ESCLUSIVA - Il ricordo di Fabio Ceccarelli: “Quanti campioni con Cragnotti, ma i giovani...”

Passano gli anni, cambiano le maglie, ma il fiuto del gol resta quello di sempre. Ai nastri di partenza della lontana stagione 2002/03, Fabio Ceccarelli, in biancoceleste fin da bambino, con 6 reti in 4 partite, si presenta con in tasca il titolo di capocannoniere del Torneo di Viareggio. In coabitazione con lui, sul gradino più alto del podio, Goran Pandev - allora nella Primavera dell'Inter - che di incontri ne gioca tuttavia sette, arrivando fino alla finale vinta contro il Torino. Inserito nella rosa della Prima Squadra, pur senza disputare gare ufficiali, debutta coi grandi in amichevole contro l'Espanyol, poi inizia un lungo peregrinare nel bel paese. Svincolato insieme agli altri Primavera nell'ultimo atto dell'era Cragnotti, negli anni gioca infatti in tantissime formazioni da nord a sud, diventando un attaccante di grande valore nell'ambito delle categorie minori italiane. Dopo 19 centri in 20 presenze al Palestrina in Serie D, ora il “piranha” (soprannome affibbiatogli ai tempi del Monopoli) è ad un passo dal trasferimento in Liguria all'Argentina Arma, sempre in quarta serie. Un percorso in parte simile a quello del padre Giancarlo - non centravanti bensì centrocampista - che per giocare, tra le altre, con Avellino e Sambenedettese in Serie B, partì proprio dalla Lazio in un'annata non proprio banale: il 1975/76. Un gruppo con giocatori del calibro di Giordano e Manfredonia che conquistò il primo scudetto giovanile della storia dei capitolini. Dell'agrodolce avvenura con indosso i colori laziali, ma anche di altri temi collegati alla sua esperienza, ha parlato Fabio Ceccarelli ai microfoni de Lalaziosiamonoi.it.
Iniziamo dal presente: sei pronto ad intraprendere questa nuova avventura in Liguria?
"Al momento sono in vacanza e non ho ancora firmato, ma se gli accordi presi verbalmente non dovessero mutare, giocherò ad Arma di Taggia (IM) il mio prossimo campionato. Ho preso questa decisione perchè, purtroppo, nel Lazio non ci sono società intenzionate a competere per un obiettivo di vertice. Tra l'altro, dinanzi a tali differenze economiche, ammetto di preferire giocare lontano da casa."
Per tanti anni sei stato nel professionismo in tante piazze diverse, hai segnato oltre 140 reti e ricevuto diversi attestati di stima. A 32 anni senti però di avere qualche rimpianto?
"Probabilmente qualcuno sì. Ho avuto infatti la sfortuna di andare incontro, negli anni in cui stavo facendo bene, a fallimenti societari o infortuni, seppur per buona sorte non gravi. Ad esempio, dopo i fallimenti del Brindisi e del Cosenza, due anni fa, a Sulmona ero il capocannoniere del girone prima che la dirigenza, per problemi economici, fu costretta a mandare via la maggior parte dei giocatori. Oppure a Monopoli ed Aprilia, dove stavo segnando tantissimo, per poi avere un problema fisico negli ultimi due mesi. Forse, sotto quest'aspetto, avrei quindi potuto realizzare anche più gol e togliermi ulteriori soddisfazioni. Ho avuto anche la possibilità di fare il salto di qualità, tuttavia ad una Serie B da comparsa ho preferito sempre una categoria più bassa, ma da protagonista e a condizioni economiche più favorevoli per la mia famiglia."
Torniamo ora agli albori della tua carriera. Deve essere stato un motivo d'orgoglio per te seguire le orme di tuo padre ed arrivare fino alla Lazio Primavera...
"Sì, è stata sicuramente una grande soddisfazione fare il suo stesso percorso. Ho militato dieci anni nelle giovanili biancocelesti, peccato solo non sia andata come mi aspettavo."
Che ricordi hai di quella stagione e in particolare di quell'ottimo rendimento nel Torneo di Viareggio?
"Fu un'annata assolutamente positiva. Inevitabilmente lego un bellissimo ricordo a quella manifestazione in cui, dopo le 4 reti dell'edizione precedente, riuscii a diventare capocannoniere insieme a Pandev. Peccato solo che il nostro cammino si fermò ai quarti di finale. Allenatore di quella squadra era Alberto Bollini, che l'anno prossimo dopo i successi con la Lazio e l'avventura al Lecce, tornerà insieme a Reja all'Atalanta."
Che rapporto avevi con lui e che tipo di tecnico era?
"È molto preparato, pur non avendo avuto alle spalle una carriera da giocatore. In particolare, oltre che dal punto di vista tecnico, è un allenatore in grado di organizzare decisamente bene il lavoro atletico."
Nell'annata successiva l'attribuzione della maglia numero 37 nella Prima Squadra di Mancini. Che emozioni hai provato?
"Sinceramente, in poco tempo, alla gioia subentrò l'amarezza. In effetti, avevo sperato di poter affrontare il ritiro con loro insieme a qualche mio compagno di squadra. C'è da dire che sono capitato anche in un momento particolare della gestione Cragnotti in cui, dinanzi a difficoltà societarie ed una rosa molta ampia, non veniva data grande attenzione al Settore Giovanile."
Che squadra era quella guidata dall'ex numero 10 della Lazio?
"Era una Lazio di campioni, con tantissimi giocatori tutti di valore. Si faceva la lotta anche per non andare in tribuna. Logicamente per noi giovani, a queste condizioni, non c'era la possibilità di essere convocati o addirittura di fare qualche presenza."
Il 30 Marzo del 2003 hai però avuto l'opportunità di scendere in campo a Barcellona, nell'amichevole contro l'Espanyol...
"Quello è stato un momento bellissimo. Già quando Mancini mi disse di alzarmi e andarmi a scaldare fu una sensazione incredibile che solo chi ha giocato a calcio può comprendere. Figuriamoci nel momento in cui sono entrato in campo al fianco di atleti di quel livello, il cuore mi batteva fortissimo..."
Ci sono aneddoti curiosi che ti sono rimasti impresso di quella tua prima trasferta europea?
"Ricordo che alloggiavamo in un albergo fantastico. Non c'erano semplici stanze, era come se ognuno avesse avuto il proprio appartamento. Poi, prima dell'ingresso in campo, mi è rimasto in mente come Mancini diede a tutti una “manata” sul petto per incitarci. Ma soprattutto non ho dimenticato il frangente in cui Favalli (che rimase in panchina durante l'amichevole, ndr) disse al mister: “Fai entrare questo ragazzo che è forte”. Fu veramente bello."
Con gli spagnoli c'era tra l'altro De la Peña che alla Lazio non aveva avuto grande fortuna...
"A Roma ha fatto tanta tribuna insieme ad altri giocatori. Come ho detto in precedenza d'altronde, quando in un gruppo c'è un tasso tecnico così alto, è inevitabile che tanti calciatori, anche se bravi, non riescano a scendere in campo."
Sei rimasto in contatto con qualcuno dei tuoi ex compagni di Primavera?
"Magari, Gazzi o Sforzini che sono tra quelli riusciti ad arrivare ad alti livelli... Praticamente non ci siamo più visti. Cionostante, essendo stati un bel gruppo, ogni tanto ci sentiamo e, per qualsiasi cosa, siamo sempre disponibili tra di noi.
Passiamo ora alle note dolenti: a fine campionato i risaputi problemi societari portano allo svincolo di tutti i ragazzi della Primavera. Un evento difficile da cui ripartire per un giovane.
"Confesso che è stata una delusione. Tanti altri ragazzi che ho affrontato da avversario, come De Rossi, Aquilani o Pepe solo per citarne alcuni, negli anni hanno dimostrato la loro bravura, riuscendo ad arrivare nel calcio che conta. Rispetto a me, chi proveniva dalle altre Primavere ha però avuto la fortuna di avere il contratto con una squadra di Serie A e di essere girato in prestito, non dovendo praticamente ricominciare da zero. Sarebbe stato diverso confrontarmi subito con il professionismo e segnare da giovanissimo, piuttosto che arrivarci a 23 anni dopo tre stagioni tra i dilettanti. D'altronde sento di aver fatto progressi sotto il profilo mentale e non del gioco, perciò avrei potuto far bene anche a 20 anni."
Per il futuro invece, ti sei prefissato un obiettivo in particolare?
"Credevo di poter provare situazioni nelle vicinanze, ma per ora non c'è questa possibilità. Vivrò dunque in questi anni nuove esperienze fuori, lontano da casa (Frascati, ndr)."