ESCLUSIVA - "Si scrive Lovati e si legge Lazio", da Bob a Stefano la storia continua... Il Prof: "Un onore lavorare per la squadra che tifo... Klose campione autentico, Cisse forza fisica, Diakitè il futuro... Siamo da scudetto"

“Si scrive Bob Lovati e si legge SS Lazio 1900”, recitava un vecchio striscione affisso in Curva Nord. Un destino scolpito nella storia e sancito da una passione profonda a tinte bianco e celesti. Un passaggio che si rinnova ogni anno ormai da quasi un secolo. Dalle mani possenti del gigante buono venuto da Cusano Milanino, che difesero la porta laziale nella Coppa Italia vinta nel ’58 a quelle saccenti del figlio Stefano, attuale responsabile ortopedico della società biancoceleste. “Papà è stato un nome importantissimo nella sfera Lazio – Spiega Stefano Lovati in ESCLUSIVA ai taccuini de Lalaziosiamonoi.it - e per me fu un onore quando nel 2007, dopo un intervento sul ginocchio di Cristian Ledesma fui chiamato dalla società a ricoprire il ruolo di Responsabile Ortopedico della SS Lazio”. Ha un fare che sa di familiare, di quella famiglia che accomuna un popolo intero sotto le effigi della prima squadra della capitale. Nei tratti il sorriso del vecchio Bob che si scorge qua e là quando il cuore si concede a ricordi più lontani. “I miei momenti biancocelesti li porto dentro e sono tutti belli in modo diverso. Se dovessi ricordare gli episodi più cari potremmo fare un elenco infinito e allora mi limito a dire che i giorni più belli vissuti al seguito della Lazio sono quelli degli anni del primo scudetto. Era la Lazio di Maestrelli e papà mi portava spesso con se al campo. Giocavo con i gemelli, i figli del nostro mister e mi ricordo che Chinaglia e gli altri ci adoravano e ci riempivano di scherzi. Questa è la Lazio che porto nel cuore”. Dai sentimenti al lavoro, una passione che si fonde in un tutt’uno fra lazialità e medicina, i cui confini per Stefano Lovati sono a tratti impercettibili. “Vivo la mia professione con estremo impegno e massima dedizione, sia nella cura dei pazienti di ‘tutti i giorni’, sia in quella dei calciatori. Per me collaborare per la Lazio è un grande onore. Le uniche accortezze che si assumono lavorando con un top team è la tempistica. Avendo a che fare con una squadra di Serie A si devono fronteggiare pressioni esterne forti sia della società che dei procuratori. Per il resto però io impiego lo stesso impegno in ogni intervento medico in cui sono coinvolto”. Dal 2007 ad oggi in quattro anni la Lazio ha cambiato pelle e forma. Gli innesti di Klose e Cissè, la costruzione di un gruppo solido e maturo ha scavato un solco profondo con il recente passato. Per Stefano Lovati si può sognare: “E’ una Lazio che negli anni è cresciuta parecchio e per questo va detto grazie al presidente Lotito e al diesse Tare, che hanno lavorato alla grande per creare i presupposti giusti per vincere. Dove si può arrivare ?? Lascio spazio anche al tifoso e dico che si può puntare allo scudetto anche se il campionato è lungo”. Una parola forte, che rappresenta un sogno per l’intero popolo laziale. Tutto però in questi casi passa al giudizio del campo, anche se le prodezze di Klose e i numeri impressionanti di Cissè sono u buon biglietto da visita. “Stiamo parlando di giocatori di livello internazionale. Klose ha conquistato tutti ed è un fuoriclasse. Dal punto di vista fisico è un ragazzo di 33 anni estremamente integro. Mi impressionò molto in Paideia quando lo visitai per la prima volta. Miroslav è un campione autentico dentro e fuori dal campo, visto che conduce una vita regolare da perfetto atleta e alla sua età è fondamentale se vuole continuare così per altre stagioni. Cissè invece è una persona timida a differenza di ciò che traspare dalle telecamere. Fisicamente presenta un muscolo molto elastico ed è caratterizzato da una grossa forza fisica. Ha resistenza e in tutti questi mesi di Lazio ha giocato con regolarità senza alcun problema”. Dai big in attacco ad alcune sorprese in difesa: “Mi piace Diakitè e mi ha stupito molto Konko. L’ex rossoblu al suo arrivo era un po’ sotto tono. Con il Professor Febbrari abbiamo lavorato in sinergia per recuperare il ragazzo e il tentativo è riuscito. Tecnicamente Konko è un ottimo giocatore, ogni tanto accusa qualche piccolo problema legato alla postura, ma è tutto sotto controllo. Diaki invece è un ragazzo che ha sofferto molto fisicamente (fratture alle tibie, ndr) ed ora sta esplodendo sia sotto il profilo fisico, che sotto quello tecnico. Lui è tra i miei preferiti ”. La stagione attuale della Lazio è costernata di successi importanti e da grandi prestazioni. Una full immersion di appuntamenti tra Europa League e campionato che ha ridotto spesso il gruppo di Edy Reja ai minimi termini, fra acciacchi vari e infortuni muscolari. “Non sono d’accordo – spiega il professor Lovati – Gli infortuni registrati in questi mesi nella Lazio rientrano nell’ordinaria amministrazione. Noi dell’equipe medica entriamo in causa quando avvengono delle piccole alterazioni fisiche. Dal punto di vista della preparazione qualcosa è cambiato per via della coppa Europea. Quello che stiamo notando in questo momento sono infortuni accaduti a giocatori over 30: Matuzalem, Biava, Dias, Mauri, Stankevicius. Ma questo fa parte del gioco. Matu è recuperato e puntiamo a recuperare Dias per Napoli. Disputare due partite a settimana per diverso tempo aumenta le probabilità di un infortunio. Ma ripeto è tutto sotto controllo”. Tutto tranne ‘il recupero di Mauri’, che forse è sfuggito anche alle più attente tabelle di marcia. “La vicenda di Stefano è ormai nota. Mauri ha deciso dopo il suo primo infortunio muscolare di andare a curarsi nel centro fisioterapico di Asiago, dove per altro si lavora con competenza. Il giocatore presentava una lesione un po’ più delicata rispetto a quella di altri colleghi che erano andati su a curarsi. Poi ha subìto una ricaduta e da una lesione di 2° siamo passati ad un 3°. A questo punto il giocatore ha preferito scegliere di operarsi in Germania optando per un protocollo di tipo chirurgico. In Italia noi l’avremmo curato senza l’utilizzo del bisturi, ma ciò non vuol dire che il giocatore abbia fatto la scelta sbagliata. Ad oggi non possiamo fare una previsione sui tempi di recupero. Possiamo solo azzardare l’ipotesi di un suo rientro a febbraio”. Sorride Stefano Lovati, il Prof. voluto nella Lazio a furor di spogliatoio. Sorride perché ama il suo lavoro e sa che la gente laziale gli vuole bene. Il cognome che porta è un marchio di fabbrica inconfondibile. È di quelli che conta in casa Lazio ed è per questo che nel futuro della prima squadra della capitale tutti sognano che resti marchiato a fuoco in ricordo di un passato che non c’è più, intitolando magari il Centro Sportivo di Formello proprio a Bob Lovati. “Mio padre ha rappresentato qualcosa di importante per la Lazio. E’ ovvio che io avrei piacere se vi fosse un qualcosa in sua memoria. Qualsiasi gesto però per come sono fatto io, ma soprattutto per come ha sempre vissuto mio padre non arriverà mai da una mia richiesta. Bob non avrebbe voluto. Lui è sempre stato così schivo ed è giusto rispettarlo ancor di più ora che non è tra noi”. Dalla Lazio di oggi ai sentimenti di un tempo andato. La mattinata in compagnia di Stefano Lovati scivola via velocemente, tra cartelle cliniche, camici verdi e consulenze mediche. “Dottor Lovati la cercano… Una ragazza si è fatta male”. Il gigante buono si alza ed esce dalla stanza con un balzo felino. Per un attimo un flashback di pensieri prende il sopravvento: il buon vecchio Bob è tornato, anzi non se n’è mai andato. Dal gol, alla vita, dal calcio alla medicina, il destino che lega i Lovati è sempre quello dei numeri uno. Lazio, sempre Lazio e ancor di più Lazio. Bob l’ha difesa, Stefano la cura. Grazie a Dio questa è tutta storia nostra.