Lazio | Bentornato a casa Danilo! Ora prendi in mano il tuo futuro...

Sembra passata una vita dall’ultima volta. Il Mirko Fersini di Formello sembrava solo un ricordo lontano. Con lui la sensazione di portare al braccio quella fascia. Di indossare la maglia numero 32 della Lazio. Danilo Cataldi è tornato a casa dopo un solo anno. Eppure, quelle sensazioni sembrava non provarle da chissà quanto. Il taglio netto e inaspettato di quel cordone ombelicale che lo legava alla sua squadra del cuore era stato troppo doloroso. Non era la prima volta. Ma, questa aveva avuto un sapore diverso. Questa volta il biancoceleste era mutato in viola e sembrava promettere un futuro lontano da casa.
Sembrava, appunto. Perché le grandi storie d’amore son così. A volte hanno bisogno di alcune pause. Anche senza fare giri così tanto immensi, ma solo di allontanarsi per un momento. Stare un attimo distanti per capire che quel sentimento tanto forte è ancora vivo nel loro cuore. Al resto ci pensa il destino. Bastano le dimissioni di due allenatori per cambiare la vita di un calciatore. Da una parte Baroni, che spiana la strada al ritorno di Sarri. Dall’altra Palladino, che lo avrebbe tenuto al suo fianco come uomo fidato, come certezza sulla quale puntare. Cataldi torna alla Lazio. Ancora una volta è chiamato a ricominciare. Ad aprire un nuovo ciclo con la sua squadra del cuore, nella speranza di scrivere altre pagine di una storia bellissima e travagliata.
UN SOGNO DA BAMBINO... - Una storia che inizia da bambino. Nella città di Roma. Tra la terra e la polvere di un campetto di provincia. Le ginocchia sbucciate inseguendo un sogno. Gli occhi lacrimanti per l’ennesima dolorosissima scivolata. Siamo all’Ottavia ed è qui che Cataldi aveva iniziato. È qui che aveva mosso i suoi primi passi da calciatore. Quando era solo un bambino che sognava di ripercorrere le gesta dei suoi idoli. Quando Danilo era solo un bambino sognava di fare il calciatore difendendo e onorando la maglia della Lazio. La squadra del suo cuore. Un battito di ciglia, gli occhi chiusi solo per un secondo, come se sognasse, e tutte le sue fantasie erano diventate realtà. Cataldi viene chiamato dalla Lazio. Fa la trafila. Cresce e rapidamente diventa un giovane promettente in rampa di lancio. Il talento, d’altronde, c’era e raggiunge il suo apice quella notte del 9 giugno 2013, quando con due gol portò la Lazio Primavera, sul tetto d'Italia.
ALLA CORTE DI PITAGORA - Lui che era simbolo e leader di quella squadra. Lui, sognatore a occhi aperti. Si trasferisce in prestito a Crotone, dove mister Drago ne nota fin da subito le qualità, consegnandogli le chiavi del centrocampo e rendendolo protagonista di una grande stagione. Il tecnico dei calabresi qualche anno fa ne parlò così a lalaziosiamonoi.it: “Cataldi è un professionista vero, era sempre uno dei primi ad arrivare agli allenamenti. A volte stavano talmente tanto nello spogliatoio a scherzare che il magazziniere si lamentava perché non se ne volevano andare”. A Cataldi bastano 35 presenze, 4 gol e 2 assist per lanciare un messaggio dalle parti di Formello: questo ragazzo vale e merita una chance.
UN SOGNO SI REALIZZA NELLA NOTTE DI TORIO - Tutto girava per il verso giusto. Danilo torna a Roma. Sulla panchina della Lazio arriva Stefano Pioli che fin da subito gli offre la possibilità di entrare a far parte della prima squadra. Nessun nuovo prestito, subito con i grandi, subito la grande occasione di poter dimostrare al nuovo allenatore che le potenzialità per fare grandi cose ci sono tutte. Serve però tempo, la strada è lunga e quella Lazio sembra andare troppo forte, forse anche per lui, per lo meno all'apparenza. I biancocelesti volano. Ma la svolta arriva il 14 gennaio del 2015. All'Olimpico si gioca Torino-Lazio di Coppa Italia e in campo, dal 1', scende un ragazzo con la 32 sulle spalle. Il suo sogno diventa realtà. Scende in campo con la fame dell'esordiente, con la voglia di essere lui stesso il padrone del proprio destino. Un destino che gli riserva un finale speciale, scatta sulla destra dell’area di rigore, scambia con il compagno e serve al centro un assist al bacio per una leggenda del calibro di Miroslav Klose.
L'INVESTIMENTO DI STEFAN RADU - È la sua consacrazione. In pochi mesi si conquista la fiducia di tutti: di Stefano Pioli, che non rinuncerà più a lui e dello spogliatoio, compresi quei leader – Mauri e Radu – che il 9 marzo del 2015, gli regalano il sogno di diventare, anche se per pochi minuti, capitano della Lazio consegnandogli la fascia e regalandogli uno dei momenti più iconici della sua carriera. Cataldi diventa protagonista di una Lazio che vola al terzo posto in classifica. Di una Lazio che nella magica notte di Napoli si conquista l’accesso ai preliminari di Champions League. Il suo sogno ad occhi aperti continua. Il primo gol e un futuro da bandiera nella Lazio sono gli obiettivi di un ragazzo che non ha mai nascosto la sua fede, che coglie ogni occasione per ribadire quanto sia legato a questa squadra, con gli occhi che brillano di commozione.
LE PRIME DIFFICOLTA' - Quel che sembra rosa e fiori, però, nasconde le prime difficoltà della sua carriera. Il 2016 è un anno complicato per la Lazio. I risultati non arrivano, la panchina di Pioli traballa. E la pressione su quel giovane ragazzo è troppa. Cataldi non riesce a reggerla e rischia troppe volte di crollare. Il gol in Coppa Italia contro l'Udinese, quello in campionato contro il Chievo sono solo alcune delle poche note positive di una stagione difficilissima. La sconfitta per 4-1 nel derby è l’ultimo atto dell’avventura di Pioli nella Capitale. La Lazio, a fine anno, passa in mano a Inzaghi e tra i due non sboccia l’intesa che si sperava.
PRESTITI E POLEMICHE, PRESTITI E PERDONO - Arriva il momento dei prestiti. Arriva il momento in cui il campo non è più unico giudice. Cataldi si trasferisce a Genova dove prova a mettersi in mostra, ma un eccesso di gioia gli costa caro. L’esultanza in quel Genoa-Lazio al gol di Pandev porta a una frattura con una parte del popolo laziale. Il tifo organizzato si schiera contro di lui criticando aspramente quel gesto e le sue scuse sui social si rivelano inutili. Quello stesso popolo che per lui significava e significa tutt’ora casa sembrava essere contro di lui. Pare assurdo, quindi, che la prima rinascita di Cataldi arrivi indossando i colori giallo e rosso. A Benevento, infatti, si rimette in luce e coglie la sfida contro la Lazio come una duplice occasione. Gioca bene, realizza un super gol su punizione beffando Strakosha sul suo palo e poi quello sguardo alla Curva Nord, alla quale si rivolge alzando le braccia al cielo, e chiedendo scusa. Un gesto apparentemente banale, ma dietro il quale c’era tutto. C’era l’amarezza, la delusione, ma anche la voglia di ricongiungere quella frattura per lui insopportabile. In quelle mani al cielo, in quello sguardo fisso verso i tifosi c’era tutta la sua voglia di riprovarci, di sfruttare quel momento per guardarli negli occhi e sognare di tornare a far esultare la sua gente.
UN NUOVO CAPITOLO - Cataldi torna a Roma da uomo. Ha in testa come obiettivo di quello di riprendersi in mano la Lazio. Lavora sodo per convincere Inzaghi, per fargli capire che, oltre a Leiva c’è anche lui. Che dopo un lungo girovagare è arrivato il momento di restare nella Capitale e dare una svolta alla propria carriera. Nel 2019 tocca il cielo con un dito quando segna il 3-0 contro nel derby contro la Roma. Nella sua corsa a petto nudo sotto la Nord c’è tutto il suo amore per quel popolo. C’è tutta la consapevolezza di essersi rimesso sulla strada giusta.
UNA PARABOLA SOTTO IL CIELO DI RIAD - Ed è proprio in quegli anni che la vita di Cataldi subisce una nuova svolta. Danilo cavalca l’entusiasmo del popolo laziale nel 2019 e spinto dai risultati della sua Lazio, trasforma la sua carriera in una parabola, esattamente come quella di un pallone, che calciato sotto il cielo di Riad, va lentamente a infilarsi sotto all'incrocio. La Supercoppa, il primo grande trofeo conquistato da protagonista con la squadra del suo cuore. Il primo grande traguardo di una stagione che riporterà la Lazio a toccare vette che sembravano non spettarle.
UNA SIGARETTA PER SCONFIGGERE IL DESTINO - Ma ancora una volta il destino è beffardo. Il sogno Scudetto si infrange contro il muro della pandemia. I mesi di stop fanno svanire quella magia che aveva caratterizzato il cammino della Lazio fino a quel momento. Dal tappeto si alza una nuvola di polvere e difficoltà e i tentativi di Cataldi di provare fronteggiarle si fanno vani. Il rapporto con Inzaghi non sboccia nonostante gli svariati tentativi e l’anno seguente il suo nome finisce in un ingeneroso dimenticatoio, in un buio pesto dove muoversi è complicato senza un bagliore di luce. È il 2021. E dal nulla, nella complessità del momento, una flebile luce rossa gli indica la strada. Dal nulla la fiamma di una sigaretta fa ardere i sogni di quel bambino che troppe poche volte ha vestito i panni dell’eroe. Che troppe poche volte ha visto ripagati i suoi sacrifici.
L’arrivo di Maurizio Sarri è la svolta di una travagliata carriera. Il Comandante vede in quel 32 un ragazzo con il quale si può lavorare. Lo alterna con Leiva il primo anno. Lo mette al centro del progetto. Gli insegna i segreti del mestiere, lo plasma a sua immagine e somiglianza, riaccendendo i sentimenti di quel giocatore che, in quella notte di Torino aveva portato in campo tutti noi, tifosi laziali, realizzando gli innocenti sogni di un emergente. Cataldi studia fino alla laurea che arriva nel momento in cui diventa il regista titolare di una squadra che raggiunge il miglior traguardo degli ultimi vent’anni. Nel 2023 è lui il regista di quel secondo posto che nessuno nell’era Lotito aveva mai raggiunto. Il perno centrale del ‘Sarrismo’.
"NON ME NE SAREI MAI ANDATO" - Sarri cambia la carriera di Cataldi. Sarri cambia Cataldi. I due si legano. Si ammirano. Lavorano all’unisono fino a quando ancora una volta, per l’ennesima volta, quel ragazzo di Ottavia è costretto a fare i conti con scelte che non gli appartengono. Le dimissioni di Sarri sono la fine di un altro capitolo. Forse il più bello. Un capitolo che porterà al suo quarto addio. Questa volta vissuto con il nodo in gola di chi è convinto che il biancoceleste non lo vedrà più. Questa volta la separazione dalla Lazio fa più male di prima. Lui, che non l’avrebbe mai lasciata per nulla al mondo, è costretto a giustificare la sua partenza. È costretto a spiegare alla sua gente che quella scelta non l’avrebbe mai fatta. Si presenta davanti ai suoi nuovi tifosi mettendo da parte l’ipocrisia di queste situazioni, spiegando la realtà dei fatti: “Se fosse stato per me” – dice guardando in volto i presenti – “non me ne sarei mai andato”.
DANTE E CATALDI - E così, mentre a Roma la Lazio apre un nuovo ciclo. A Firenze Cataldi si mette al servizio di Palladino. Entrambe le squadre vivono momenti altalenanti. Entrambe alternano bel gioco e crisi momentanee. Nel suo piccolo Danilo riparte dagli insegnamenti ‘sarristi’ per interpretare al meglio il suo nuovo ruolo. Si spende per un altro popolo, ma senza mai rinnegare il suo amore per la Lazio. Si spende per un altro allenatore che lo rende indispensabile per la Viola. Cataldi aiuta la Fiorentina a centrare un posto in Conference League, si piazza appena sopra la Lazio in uno strano finale di stagione, approfittando della vittoria del Lecce all’Olimpico. Ma non basta. È un film già visto, ma questa volta con un finale decisamente meno amaro. Palladino, tecnico pronto a puntare ancora su di lui, rassegna le sue dimissioni dopo alcune incomprensioni con la società e alla Fiorentina arriva proprio quel Pioli che dieci anni prima gli aveva regalato la possibilità di realizzare i propri sogni.
CHE STRANO DESTINO - Il futuro, però, è per Cataldi un concetto indefinibile. E proprio mentre da Firenze prendono la decisione di non riscattarlo: nella sua Lazio torna Maurizio Sarri. Un incrocio strano. Lui che torna alla Lazio, insieme a Sarri. Insieme a quell’allenatore che gli ha regalato gli anni più belli in biancoceleste. Una sorte strana quella di Cataldi. Una sorte che, però, gli ha regalato preziosi insegnamenti e, in qualche modo, li ha offerti anche noi. Questa volta, infatti, non possiamo commettere di nuovo lo stesso errore. Questa volta, forse, è il caso di lasciar correre il tempo e aspettare di capire cosa accadrà. Godersi l’attimo, fuggente o meno, di una nuova rinascita. La speranza che sia definitiva accompagnerà la sua stagione alla Lazio. La consapevolezza che darà tutto per renderla speciale accompagna ogni suo allenamento. Ogni sua giornata a Formello. Si è messo al servizio di Sarri, come a voler cancellare l’ultimo anno di distanza, con la consapevolezza di poter tornare a essere protagonista.
CATALDI UN VOLTO (NON) NUOVO - D’altronde, abbandonando solo per un attimo l’aspetto romantico, non è un segreto il fatto che Cataldi rispecchia a pieno il ‘sarrismo’. Le sue qualità di palleggio, la verticalità e la visione di gioco sono le caratteristiche che lo contrappongono a Rovella, anche lui fondamentale alla causa, ma con ben altre doti. Danilo non ha la sua qualità difensiva, non ha la sua capacità in fase di rottura, ma offre a Sarri un’alternativa valida sulla quale poter contare. La sua padronanza del centrocampo, la sua conoscenza dei concetti ‘sarristi’, rendono Cataldi il nuovo acquisto di un mercato bloccato. L’uomo in più di cui si aveva bisogno. E nelle amichevoli di questa pre-season, in attesa dell’inizio del campionato, Cataldi si sta mettendo in mostra. Con quel ciuffo biondo in testa, si sta distinguendo dagli altri per carisma e voglia di far bene. Le sue prestazioni positive oggi mettono in dubbio la titolarità del suo compagno di reparto, reduce da una stagione formidabile, ma non così appropriato al calcio di Sarri come lui
BENTORNATO A CASA... - Nel frattempo, Danilo si gode Roma, la sua città e la sua famiglia. Torna all’ombra del Colosseo a cercar fresco in un’estate così calda e ricca di riflessioni. Cerca di costruirsi la sua permanenza a Roma con le proprie mani. Lavora perché è qui che vuole terminare la sua carriera, nella sua città, nella sua squadra. Cataldi torna a Formello, così tanto cambiato negli anni rispetto a quel lontano 2013. Oggi guarda le cose con un occhio diverso. È uomo. È padre. È più maturo e consapevole. Ma nel cuore ha ancora la passione di quel ragazzo dalla folta chioma, dai sogni acerbi e spinto dalla voglia di spaccare il mondo.
Ancora una volta, un anno dopo, Cataldi torna in campo al Mirko Fersini di Formello. Indossa la maglia biancoceleste, il numero 32 sulle spalle e la fascia da capitano. Guarda il terreno di gioco, si gode l’odore dell’erba appena tagliata e lascia sprofondare gli scarpini sul terreno. Tutto fugge via, il passato resta dietro, davanti c’è solo il futuro e un finale ancora da scrivere…
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