Calcioscommesse, il pentito Micolucci racconta: "Coinvolti in molti in serie A... Se Gegic dicesse tutta la verità..."

13.06.2012 06:48 di  Giorgia Baldinacci   vedi letture
Fonte: gazzetta dello sport
Calcioscommesse, il pentito Micolucci racconta: "Coinvolti in molti in serie A... Se Gegic dicesse tutta la verità..."
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© foto di Alberto Mariani

«Non mi pento di essermi pentito». Vittorio Micolucci ha barba incolta e occhi umidi. Marchio di fabbrica, da un anno a questa parte: pentito. Per molti, infame. La sua testimonianza ha inchiodato Gervasoni, facendo scoprire agli italiani gli «zingari» nel luglio 2011. Nessuno, neppure l'ex difensore dell'Ascoli, sa quali saranno le dimensioni finali di questo caos nel calcio italiano. Le conseguenze di questa scelta estrema, l'unica possibile per ridare credibilità al calcio italiano? Minacce, insulti, una compagna che ad Ascoli non può neppure portare i figli a scuola. Vita da appestato, ecco l'intervista che Micolucci ha rilasciato alla Gazzetta dello Sport.

Perché si è ritrovato nei guai?
«Sono stato un coglione a infilarmi in questa storia, a mandare all'aria un vita fortunata. Fare il giocatore professionista ti fa perdere la percezione della realtà: spendevo 20 mila euro in un mese, tutto quello che guadagnavo. Anche di più. Vestiti, donne, locali, ristoranti, macchine, viaggi. Soprattutto vestiti».

Resta la domanda di prima: era un malato di gioco come Paoloni?
«Le scommesse? No, quel vizio non l'avevo, ma è comune a molti miei colleghi. Il vero problema è un altro: "regalare" una gara quando non hai assilli di classifica, è una prassi in Italia. E questo significa valigette di soldi con società pronte ad alzare il prezzo pur di salvarsi o centrare una promozione».

Allora ha ragione Gegic quando dice che non doveva faticare a convincere i giocatori...
«Sì, credo dica il vero. Gli "zingari" hanno fatto saltare il banco, ma il tavolo era pieno. Altro che 40 sfigatelli... Tra combine e puntate proibite forse bisogna aggiungere uno zero».

Perché era seduto a quel tavolo?
«Volevo soldi facili, fregare chi mi proponeva illeciti. In campo ho sempre dato il massimo. Non è una giustificazione. Merito la squalifica e gli insulti dei tifosi, ma chiedo una seconda opportunità».

Ha mai pensato «forse era meglio restare in silenzio»?
«Raccontare il marcio è la scelta giusta, anche se poi ti additano come un infame. Ma è infame nascondersi e non raccontare la verità. Tolto un peso, mi resta la vergogna. Ancora non riesco a guardare dritto negli occhi mamma e papà. Lui fa l'idraulico a Giulianova: quello che spendevo in 4 mesi lo guadagna in 2 anni».

Quanti sono i calciatori coinvolti ancora nell'ombra?
«Credo molti, anche in A. Se Gegic parla sul serio sono dolori».

Lei che idea si è fatto?
«È difficile che si scopra tutto. Ci sono di mezzo troppi interessi. Non mi stupirei se rimanessero coinvolti dirigenti importanti. A un presidente conviene investire 400 mila euro per una gara o rischiare di retrocedere perdendo milioni? Se a questo aggiunge una mentalità sbagliata che ti fa considerare "normale" queste cose, avrà la risposta. Per non parlare delle scommesse. Può sembrarle strano, ma ha ragione Platini: chi cede alle tentazioni non deve più giocare. E squalifiche pesanti anche per chi sa e non denuncia».

Lei ha fatto tutti i nomi?
«Sì. Ho capito l'enormità del problema quando Gervasoni si è presentato con gli zingari di notte ad Ascoli. Mi disse: "da 3 anni lavoro con loro". Avevano mazzette da 500 euro e me le sventolavano sotto il naso. Ilievski diceva "belli". Sembrava un film».

Come i soldi lasciati a Bertani in un asciugamano? A proposito: afferma che lei ha inventato tutto.
«Pensi che a Novara li avevo portati dentro un calzino. Avevo una paura folle nei controlli all'aeroporto. Bertani nega? Non so che dire. Leggo che chi collabora farebbe nomi a vanvera pur di ottenere sconti. Ma perché dovrei rovinare la vita di una persona? Quando ho accusato Gervasoni, stavo male, sapendo di dire la verità. Se potessi a Bertani e agli altri nella sua condizione direi di parlare. Solo così elimini quel tarlo che ti divora l'esistenza».

Come sta vivendo il presente e quale sarà il futuro?
«Oggi mi posso guardare allo specchio. Oggi che vivo con 500 euro al mese passati dai miei genitori. Oggi che mi chiamano "Merdolucci". Oggi che ho di nuovo voglia di ricominciare. A febbraio mi scade la squalifica: spero in un'opportunità. Minimo di stipendio, anche in Lega Pro. Ho sbagliato e sto pagando. Ma forse sono un personaggio scomodo: meglio prendere chi sta zitto. Il pentito deve morire, come scrivono sui forum. Ho passato l'ultimo anno chiuso in casa. Ora basta: voglio correre e lottare in campo. Altrimenti andrò a fare del volontariato e per mantenermi un lavoro qualsiasi. Che so, il cameriere...».