ESCLUSIVA - Le memorie di Ola: "La Lazio non mi ha dato la mia chance! Il razzismo è assurdo, i tifosi biancocelesti..."

C’erano una volta i Diakitè e i Cavanda, antenati di Onazi, giovani talenti di colore esplosi nelle giovanili e lanciati in prima squadra. Ancor prima c’èra tale Daniel Ola. Difficile se non impossibile mettersi in evidenza nella Lazio più forte di sempre, quella del post Scudetto. Scalzare Nesta o Favalli? No, non si può, ma Daniel Ola ha aspettato a lungo la sua occasione, invano. I don’t want to wait in vain for your love, cantava Bob Marley, ma Daniel ci ha provato. E’ stato diverse volte in panchina, come in quel Lazio-Bari in cui lo stesso presidente Cragnotti impose la sua convocazione dopo i fatti incresciosi del derby, alcuni striscioni apparsi in Nord che portarono alla squalifica del campo. L’avventura biancoceleste di Ola, possente centrale ghanese ma di genitori nigeriani, si aprì e si concluse nella Lazio più forte di sempre, senza neppure un minuto in campo. Ha vagato in giro per il mondo alla ricerca della sua dimensione, ma senza lasciare mai l’Italia, Paese dove sono nati i suoi figli e dove ha conosciuto e sposato sua moglie. La redazione di Lalaziosiamonoi.it ha intervistato in esclusiva Daniel Ola, giovane promessa nella stagione 2000/01.
Dalla Lazio ai campi di periferia, dalla Bulgaria, all'Indonesia alla Lettonia. Daniel Ola è un giramondo… “Non sono mai stato in Indonesia, non è vero quello che si legge sul web. Ho giocato al Cesena, poi sono stato in Bulgaria però non è stato bello perchè la società (il Botev Plovdiv, ndr) è fallita. Sono da due anni e mezzo che sto qui in Lettonia”.
Attualmente militi in Lettonia, nel Daugava, ci racconti questa esperienza? "Il calcio lettone non è allo stesso livello di quello italiano, però non è male. Lo scorso anno ho vinto il campionato con la mia squadra, a febbraio abbiamo vinto la Supercoppa Lettone”
Cosa ti manca di più del calcio italiano? “Mi manca tutto, il calcio qui in Lettonia è il terzo sport nazionale, in Italia il calcio è al primo posto. Mi manca tutto: come si prepara la partita, l’allenamento”.
Sei arrivato alla Lazio nel 2000, giovanissimo, scoperto da Sergio Vetta (responsabile delle giovanili) in un piccolo club svizzero. Quali furono le tue sensazioni nel momento in cui sei arrivato? “E’ stata l’esperienza più bella della mia vita, appena sono arrivato ho compreso questa possibilità importante di stare in mezzo a grandi campioni, di allenarmi con loro, è stato veramente bello. Mi hanno accolto bene sia i miei compagni che i tifosi”
La prima squadra era pieno di stelle, a chi ti ispiravi? “Sicuramente ad Alessandro Nesta, che spesso mi dava consigli. Anche Favalli e Peruzzi mi sono sempre stati vicini, erano tutti grandissimi giocatori”
Sei spesso andato in panchina, ma non hai mai esordito. Ti saresti aspettato un’occasione? “Ogni tanto mi viene da riflettere su questo, non so perché non mi hanno dato una possibilità, almeno entrare un paio di minuti in campo. Tante volte sono stato solo in panchina, sia quando c’era Zoff che Eriksson, non so il motivo sinceramente. Avrei voluto solo un chance”
Con la Primavera di Bollini però hai vinto il Campionato Primavera. “Mi ricordo benissimo, è stato bello, molti giocatori di quella squadra giocano ancora in Serie A (Domizzi, Berrettoni, …). So che Bollini sta cercando di conquistare un altro trofeo con i ragazzi…”
Come valuti la stagione attuale della Lazio? “Anche qui in Lettonia seguiamo la Serie A e ogni tanto, quando non gioco, vedo qualche partita. Ha disputato una buona stagione, non può arrivare al livello della Juventus che è al di sopra di ogni altra squadra. Però penso che hanno fatto bene, è normale che in una stagione quando cominciano gli infortuni le cose cambiano, ma la stagione è buona”.
Domenica è tempo di derby, il più importante della storia. “Penso che sarà una partita molto molto tosta, perché a Roma entrambe le squadre sono molto importanti. Spero vinca la Lazio però nel calcio non si sa mai, i derby sono partite strane…”
Il 6 maggio del 2001 il presidente Cragnotti ti spedì in panchina nella gara con il Bari, per lanciare un messaggio ai tifosi dopo gli striscioni offensivi del derby. “Io sono stato in panchina anche prima della partita con il Bari, anche con Udinese, Piacenza e altre occasioni. Sono stato in ritiro con la Lazio, ho incontrato i tifosi, il capo ultras, ma mi hanno accolto bene. Non ho mai visto nessuno che ha tenuto comportamenti razzisti, mai nessun problema di questo tipo”
Il razzismo è ancora una piaga del calcio, sei d’accordo con il pugno duro dell’Uefa? “Secondo me è giusto perché è incredibile che nel 2013 ci siano ancora situazioni di questo tipo. Non è normale, ci sarà per sempre purtroppo, nonostante le azioni di repressione da parte dell’Uefa. Bisogna combatter questo fenomeno tutti quanti insieme. Mi ricordo di un episodio, quanto stavo a Cesena, abbiamo giocato contro l’Avellino ed in curva facevano Uh Uh ogni volta che toccavo la palla.
Boateng e Balotelli hanno infranto un muro, e hanno dimostrato che i giocatori stessi possono contrastare il fenomeno in prima persona. Pensi sia giusto? “Penso di sì, perché bisogna dare un segnale forte. L’Uefa non può contrastare da sola il fenomeno, anche noi giocatori dobbiamo dimostrare che siamo tutti uguali, non importa il colore della pelle…”
Oggi nella Lazio si distingue Eddy Onazi, anche lui nigeriano. Speri possa avere più opportunità rispetto a quante ne hai avute tu? “Magari in questa Lazio avrei anch’io le possibilità che ha lui. In quel periodo non so perché non ho giocato, era una squadra molto forte. Mi ricordo una volta siamo andati a giocare una partita di Primavera. Zoff, allenatore della prima squadra, ha chiamato Bollini e ha detto: “Fai giocare Daniel solo il primo tempo, deve giocare con noi”. La Lazio doveva affrontare il Bari, quando me l’ha detto ero molto felice, ma poi la domenica sono stato 95 minuti in panchina”.
L’Italia ti è rimasta nel cuore e negli affetti, ti rivedremo a Formello? “Io vivo in Italia, ho la moglie italiana e due figli a Giulianova. Sono spesso in Italia, magari un giorno vengo allo stadio a vedere una partita della Lazio…”