Lazio, tra solide (ir)realtà e arroganza: se i tifosi sono costretti alla rassegnazione...

22.09.2025 12:00 di  Redazione1 Lalaziosiamonoi   vedi letture
Lazio, tra solide (ir)realtà e arroganza: se i tifosi sono costretti alla rassegnazione...

Tre punti in quattro partite e questo forse è il dato meno inquietante, il che la dice lunga sulla situazione attuale della Lazio. Il derby perso si incastona in un momento storico senza precedenti, perché mai era stato così profondo il solco tra la tifoseria e il club. Lotito continua a fare lo struzzo, a mettere la testa sotto la sabbia, a vendere illusioni o solide irrealtà, se preferite. Lotito racconta la sua versione, ma poi contano i fatti. Quelli veri. E le solide le realtà della Lazio sono chiare e sotto gli occhi di tutti: settima per due anni consecutivi, fuori dall’Europa, unico club dei top 5 campionati europei a non aver potuto operare sul mercato, incertezza sulla possibilità di fare liberamente mercato a gennaio, per non parlare di un settore giovanile che da anni non riesce a produrre talenti adeguati al contesto della prima squadra, cosa che invece riesce a quasi tutti i top club italiani. E soprattutto una continua sfida a coloro i quali sono l’anima e il motore di una società calcistica e cioè i tifosi. Lotito, per quanto acuto e intelligente, in quasi 22 anni, di riuscire capire che la Lazio non è una S.p.A. qualunque, non è un’azienda dove sentimenti e ideali possono essere messi in un angolo, se non calpestati, non ha capito che senza la propria gente, la Lazio è destinata a morire. Per ora i tifosi si sono compattati, hanno sottoscritto quasi 30 mila abbonamenti, fanno numeri anche in trasferta che, altre tifoserie, in una situazione analoga, si sognerebbero, ma a forza di tirare la corda, il rischio che si spezzi è altissimo e se dovesse accadere, a quel punto sarebbe la fine.

Il derby perso contro una Roma basica, una Roma ancora lontanissima dalle idee di Gasperini e priva del proprio miglior giocatore, un derby perso pur facendo la miglior prestazione stagionale, dimostra che la Lazio oggi è una squadra povera: tecnicamente, tatticamente e soprattutto povera di intelligenza calcistica e personalità. L’orrore di Tavares sorprende fino a un certo punto, non solo perché il portoghese gioca su livelli imbarazzanti da mesi, ma perché il suo atteggiamento è sempre stato questo, l’atteggiamento di un calciatore che sembra giocare per se stesso, per la skill e non per il collettivo e tantomeno per la maglia che indossa. I presunti leader della squadra sono giocatori che a livello carismatico sono quasi nulli: non servono le crisi isteriche con arbitri o avversari, non basta roteare una maglia sotto la curva quando le cose vanno bene (storia di un anno fa, per la cronaca) per essere leader, per essere capitani servono personalità e statura, non solo tecnica, ma soprattutto caratteriale, da mostrare nella capacità di caricarsi il gruppo sulle spalle nei momenti complessi.

La Lazio a oggi, oltre ad avere giocatori da metà classifica (lo dicono i numeri), non ha alcun leader, è vittima di presunzione e poca intelligenza di chi invece si crede forse addirittura più importante della maglia che indossa, di chi dopo un 2025 mortificante (non serve fare l’elenco, sarebbe troppo lungo, a partire dai derby, passando dalle cinquine bolognesi, fino all’umiliazione/eliminazione col Bodo) pretende adeguamenti e premi. Una squadra che è, in sintesi, perfettamente in linea con la mentalità e il modo di fare del proprio datore di lavoro. Il quadro insomma non è solo preoccupante, ma scoraggiante. E infatti ieri, al termine del derby, il sentimento dominante tra i tifosi della Lazio non era la rabbia e nemmeno la delusione, ma la rassegnazione. E un tifoso senza speranza è un tifoso al quale è stato tolto tutto. Se ne rendano conto a Formello, se ne rendano conto presidente e dirigenti, se ne renda conto chi scende in campo. Lotito oggi, se davvero tenesse alla Lazio, si muoverebbe con forza e decisione per trovare un acquirente che possa garantire al club un futuro migliore. Sarebbe l’unico gesto veramente laziale da fare in questo momento, dunque l’unico che non verrà fatto.

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