Mihajlovic: "La malattia mi ha cambiato la vita. Razzismo? Sbagliai con Vieira, ma lui..."

L'allenatore del Bologna si racconta in occasione dell'uscita del suo libro "La partita della vita".
15.11.2020 13:45 di Lalaziosiamonoi Redazione   vedi letture
Fonte: Leonardo Giovanetti
Mihajlovic: "La malattia mi ha cambiato la vita. Razzismo? Sbagliai con Vieira, ma lui..."
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© foto di Federico De Luca

In occasione dell'uscita del suo libro "La partita della vita", Sinisa Mihajlovic si è raccontato ai microfoni del Corriere della Sera. Nella sua intervista l'ex difensore della Lazio parla della malattia che lo ha colpito e di come questa gli abbia cambiato la vita, ripercorrendo un po' anche il suo passato. 

LA MALATTIA - "Ammalarsi non è una colpa. Succede, e basta. Ti cade il mondo addosso. Cerchi di reagire. Ognuno lo fa a suo modo. La verità è che non sono un eroe, e neppure Superman. Sono uno che quando parlava così, si faceva coraggio. Perché aveva paura, e piangeva, e si chiedeva perché, e implorava aiuto a Dio, come tutti. Pensavo solo a darmi forza nell’unico modo che conosco. Combatti, non mollare mai. Chi non ce la fa non è certo un perdente. Non è una sconfitta, è una maledetta malattia. Non esiste una ricetta, io almeno non ce l’ho. Tu puoi sentirti un guerriero, ma senza dottori non vai da nessuna parte. L’unica cosa che puoi fare è non perdere voglia di vivere. Il resto non dipende da noi. Al Sant’Orsola mi avevano dato questa falsa identità, per non attirare curiosi che disturbassero altri malati. Dopo i primi due cicli di chemio, dimostravo altro che 69 anni. Trovavo ironico quel senza fissa dimora affibbiato a me, che in ogni stadio ero accolto dal coro di zingaro di m...".

IL LIBRO - "Perché mi racconto dal letto di ospedale? Non avrei potuto fare altrimenti. Adesso siamo qui a parlare, sul terrazzo della mia casa, davanti alla città più bella del mondo, Roma, mentre fumo il mio sigaro. Mi godo ogni momento. Prima non lo facevo, davo tutto per scontato. Conta la salute, contano gli affetti. Nient’altro. La malattia mi ha reso un uomo migliore".

RIMPIANTI - "Ottobre 2000, Lazio-Arsenal di Champions League. Da quando gioco a calcio ho dato e preso sputi e gomitate e insulti. Succede anche con Vieira. Gli dico nero di m... Tre giornate di squalifica. Sbagliai, e tanto. Lui però mi aveva chiamato zingaro di m... per tutta la partita. Per lui l’insulto era zingaro, per me era m... Nei confronti di noi serbi, il razzismo non esiste... Sono un uomo controverso e divisivo, si dice così? E ci ho messo anche io del mio. Facevo il macho, dicevo cose che potevo tenere per me. Ma se faccio una cazzata, e ne ho fatte tante, mi prendo le mie responsabilità."

L'AMICIZIA CON ARKAN - "Quando io giocavo nel Vojvodina, al termine di una partita combattuta l’avevo insultato non sapendo chi fosse. Quando mi ingaggiano alla Stella Rossa, mi convoca nella sua villa. Pensavo mi volesse ammazzare. Invece fu gentile, affabile. 'Qualsiasi cosa ti serva, Sinisa, sai che puoi venire da me. Ti lascio il mio telefono'. Nei miei anni a Belgrado l’ho frequentato per circa 200 sere all’anno. Forse all’inizio c’era anche la fascinazione del male, poi diventammo davvero amici. Quando morì, pubblicai il famoso necrologio che mi ha attirato tante critiche per il mio amico Zeljko, non per il comandante Arkan, capo delle Tigri. Non condividerò mai quel che ha fatto, e ha fatto cose orrende. Ma non posso rinnegare un rapporto che fa parte della mia vita, di quel che sono stato. Altrimenti sarei un ipocrita".

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Pubblicato il 12 novembre 2020