Martini: "La Lazio del '74 era immortale e maledetta”. E su Re Cecconi…

18.09.2025 09:15 di  Christian Gugliotta   vedi letture
Martini: "La Lazio del '74 era immortale e maledetta”. E su Re Cecconi…
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© foto di Federico Gaetano

RASSEGNA STAMPA - Otto stagioni in biancoceleste condite da 249 presenze e 10 gol. Luigi Martini, uno degli eroi del primo, storico, scudetto del 1974, ha rilasciato un'intervista ai taccuini de La Gazzetta dello Sport, nella quale ha parlato proprio di quella Lazio, ripercorrendo quegli anni e soffermandosi su figure come quelle di Maestrelli, Chinaglia e Re Cecconi.

LA SQUADRA DEL '74 - "Eravamo forti e fragili, uniti e divisi. Immortali. E Maledetti. Tanti amici se ne sono andati giovani, prima del tempo. Di noi dicevano: Lazio squadra di fascisti. La Digos ci avvertì: le Brigate Rosse stanno progettando un attentato contro di voi. Avevamo il porto d'armi, giravamo con le pistole, Petrelli sparava ai lampioni, io andavo tre volte alla settimana al poligono. Ci allenavamo in due spogliatoi diversi. Da una parte Chinagliam Wilson, Pulici, Nanni, Oddi; dall'altra io, Re Cecconi, Frustalupi, Petrelli. D'Amico era un ragazzino. Garlaschelli stava per i fatti suoi. Ci guardavamo di sbieco, nelle partitelle ci si menava senza pietà. A vigilare su tutti la persona più bella che ho conosciuto: Tommaso Maestrelli".

MAESTRELLI - "Un uomi immenso e buono, lo definirei un comunicatore evangelico. L'immagine che porto nel cuore è la domenica dello scudetto, quando vincemmo all'Olimpico contro il Foggia. Vedo Maestrelli che si porta le mani ai capelli e piange, piange tutte le lacrime che ci sono state e quelle che verranno".

CHINAGLIA - "Giorgio voleva solo “fare gò”, come diceva lui. Era un ragazzo d’oro, ma incazzoso. Ha combattuto tutta la vita con i demoni che aveva dentro".

RE CECCONI - "Luciano ancora oggi è l’ombra che mi cammina accanto. Lo convinsi a lanciarsi con il paracadute. Mi diceva: Gigi, e se cadendo ci spacchiamo le gambe? E subito dopo eravamo in volo, insieme. Sono arrivato in ospedale pochi minuti dopo che era morto, il medico mi prese il dito e lo accompagnò sul rene di Luciano, dove si era fermato il proiettile. Non credo all’ipotesi dello scherzo, non esiste. Ho letto gli atti, nessun testimone l’ha sentito pronunciare la frase: “Fermi tutti questa è una rapina”. Luciano non l’avrebbe mai detto. Sono convinto che sia partito un colpo accidentale. Il gioielliere aveva paura, era stato rapinato più volte. Impugnava una pistola 7.65 con il cane sensibilizzato, prima ha puntato l’arma su Ghedin e poi, spostandola appena, ha sparato. Basta un niente, basta sfiorare il grilletto".

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