Pinzi: "La Lazio è il primo amore, la passione. Modelli? Almeyda, Simeone e Giannichedda"

Pubblicato il 17-01 alle 1.20
17.01.2018 07:30 di  Alessandro Vittori  Twitter:    vedi letture
Fonte: Lalaziosiamonoi.it
Pinzi: "La Lazio è il primo amore, la passione. Modelli? Almeyda, Simeone e Giannichedda"
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

“Di Lazio ci si ammala inguaribilmente”. Questa frase di Giorgio Chinaglia è quella che meglio rende la passione irrefrenabile per i colori biancocelesti. Passione che ha sempre contraddistinto Giampiero Pinzi, cresciuto nella Lazio prima di trovare fortuna soprattutto all’Udinese. Il centrocampista, oggi al Padova, ha rilasciato una lunga intervista alla tv ufficiale del club veneto ricca di riferimenti alla sua squadra del cuore: “Sono nato a C­­­entocelle, una borgata molto affollata, un’infanzia bellissima, Roma l’ho vissuta li, via dei Castani, facendo le cosi dette vasche, purtroppo a mia madre ho fatto passare le pene dell’inferno, da ragazzo ero un disastro.

LA PRIMA PARTITA ALLO STADIO - “Ancora c’era il vecchio Olimpico, senza copertura, dovevi andare 5 ore prima per prendere posto, quando arrivava la partita o avevi preso un’insolazione o eri morto di freddo talmente lunga era l’attesa, atmosfera diversa. Se non sbaglio era un Lazio-Messina, non ho mai nascosto la mia fede laziale, siamo persone normali, abbiamo gioito, ci siamo disperati, ma non l’ho mai nascosta la mia fede anche se in passato questa cosa mi ha dato qualche problema.

L’ESORDIO - “Ho esordito con la Lazio in Champions a Kiev, in uno stadio stracolmo, ricordo solo fischi, gli ucraini fischiavano sempre, o ero io stordito dall’emozione. Potevo anche fare gol, Mancini mi mise una bella palla davanti alla porta che sbagliai clamorosamente. Mi ricordo che a fine partita le radio romane volevano intervistarmi, mi passarono il telefono ed io risposi come se fosse un amico al telefono “Pronto? Macchè pronto? Stai in diretta sulla principale radio romana!”. Ero molto emozionato. In campionato non sono riuscito ad esordire, era una Lazio incredibile di campioni di livello mondiale, pensare che Stankovic era l’ultima ruota del carro a centrocampo era facile pensare di non poter giocare, ho giocato in Coppa Italia dove abbiamo vinto, ma non la sento mia come vittoria, la sento come tifoso.

LO SCUDETTO - “Quando abbiamo vinto lo scudetto, anzi quando hanno vinto lo scudetto, ero a festeggiare con i tifosi, non ero salito sul pullman, non ho fatto la festa con loro, mi sentivo ancora un tifoso. Quando andavo in trasferta passavo per l’albergo in cerca dei biglietti perché partivo senza biglietti ed Eriksson mi chiedeva che stavo facendo li. Poi capitò che abbiamo vinto 3-0 in trasferta e lui che era molto scaramantico voleva che andassi sempre. Quando Marchegiani mi vide al Circo Massimo con un bandierone in mano voleva che salissi con loro sul pullman scoperto, ma io mi sentivo un tifoso appunto.

UNA PAROLA PER OGNI SQUADRA - Lazio è “Primo amore”, la passione, tutto quello che un ragazzo può sognare. Udinese è “L’amante” mi sono innamorato anche del Friuli. Chievo è “Un amico”, ambiente molto familiare ed equilibrato, un grande presidente. Brescia un ambiente esplosivo, ambiente anarchico, veniva da un quasi fallimento, però esperienza molto positiva che mi ha permesso di crescere molto. Giocando tanti anni in Serie A ti rendo conto che si ha una visione un po’ distorta della realtà globale del calcio, le categorie inferiori soffrono molto perché non ci sono più gli imprenditori e i soldi di una volta, ci vogliono le idee.

MODELLI - "Inizialmente Almeyda, un recuperapalloni indomabile, poi ho avuto la fortuna di allenarmi con Simeone, un guerriero. All’Udinese mi sono ispirato a Giannichedda, non molla mai anche nelle difficoltà fisiche. In futuro? Non lo so, di sto passo se continuo a giocare mi ritrovo con mio figlio in squadra… Adesso non mi ispira nessuno, cerco di godermi questi anni”.