Lazio – Romagnoli, il primo ds: “Laziale senza pietà e top player indiscusso”

01.08.2022 07:15 di  Martina Barnabei  Twitter:    vedi letture
Lazio – Romagnoli, il primo ds: “Laziale senza pietà e top player indiscusso”

Quando hai solo dodici anni e non sai cosa ti riserverà il futuro, ma l’unico obiettivo che hai è quello di vestire un giorno la maglia della squadra per cui tifi. Se ci credi fino in fondo e lo desideri ardentemente con tutto te stesso, allora un giorno ci riuscirai. Lo sa molto bene Alessio Romagnoli, che ha realizzato il sogno di quando era bambino: essere un giocatore della Lazio. Lo ha dichiarato a cuore aperto nel suo video di presentazione, senza troppi giri di parole. Sorridente con gli occhi lucidi e pieni di felicità, tangibile. Ma chi è Alessio Romagnoli e come ha iniziato il percorso che lo ha portato ad essere l’uomo e il calciatore di adesso, in pochi lo sanno. Tra questi rientra sicuramente Giuseppe D’Agostino, all’epoca direttore sportivo e allenatore dell’ASD Polisportiva San Giacomo di Nettuno. È stato uno dei primi a credere nel potenziale di quel bambino, accompagnandolo passo dopo passo verso il calcio che conta. Intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni, Giuseppe ha raccontato come tutto questo è avvenuto: “Alessio insieme ad altri ragazzi frequentava la scuola calcio San Giacomo a Nettuno, una squadra di periferia ma a quel tempo era abbastanza rinomata. Io allenavo e Alessio faceva parte di quel gruppo di ’95, molto molto bravi e lui spiccava. Cosa mi ha colpito di lui? Da bambino aveva una personalità importante, aspetto fondamentale. Rispetto all’età che aveva era più avanti degli altri, poi naturalmente c’erano anche le qualità calcistiche che però sono sotto gli occhi di tutti. La personalità era indiscutibile, aveva dodici anni e sembrava ne avesse sedici. Era sempre disponibile, si faceva voler bene da tutti. Molto intelligente e anche molto furbo, sveglio e capiva prima degli altri le situazioni calcistiche e non. Questo è stato il là che lo ha portato a fare il grande salto”

FAMIGLIA – “Frequentavo anche la sua famiglia, persone umili e il papà è un grande appassionato di calcio. La squadra era un punto di riferimento e i genitori mi davano una mano, non sono mai stati fanatici e molto riservati”

PASSIONE  – “Viveva per il calcio, arrivava prima di tutti agli allenamenti. Me lo trovavo già li quando arrivavo. Il calcio per lui era la priorità anche se devo dire che a scuola non andava male, mi informavo sempre per sapere come andavano i ragazzi anche perché è fondamentale per la vita. Lui era uno di quelli che studiava"

Pubblicato ieri alle 13

IL SALTO – “Lo portai alla Roma perché conoscevo Bruno Conti da anni, quando lo accompagnai al provino dissi alla società ‘Vedete che questo è tanta roba, arriva’. Loro ebbero fiducia e a quel tempo andò lì, ma niente contro la Lazio io a quell’epoca non avevo contatti. Se avessi avuto riferimenti lo avrei fatto vedere a entrambe, l’importante in quel momento era avere un aggancio per farlo vedere”

FEDE – “Alessio è laziale senza pietà, erano un gruppo di laziali di cui lui era il capobranco. Ha coronato un sogno. Ci ho riflettuto in questo periodo in cui lui è andato alla Lazio, io di lui avevo delle aspettative ancora più grandi. È il momento di dare alla società la fiducia che gli è stata riposta, deve dare tutto quello che ha. Io credo in lui in un modo pazzesco, so quanto è intelligente, sveglio e conosco perfettamente le sue qualità. Sono orgoglioso del ragazzo che è diventato, andrò sicuramente allo stadio per vederlo”

RISCATTO – “Oggi qui ha la possibilità di mettere un punto alla sua carriera, essere un top player perché ha tutto per poterlo diventare. Non gli manca niente, deve osare di più perché obiettivamente calcisticamente parlando al Milan l’ho visto col freno a mano tirato. Ha un mancino che non ha nulla a che invidiare a nessuno. Sa uscire palla al piede, sa mandare un giocatore in porta, sa fare lanci di 50-60 mt e non sbaglia un appoggio. Fa gol di testa, è imbattibile. È rognoso e tosto, è un gran giocatore. Può decidere di riprendersi la Nazionale e diventare un punto di riferimento per i biancocelesti. È normale avere dei momenti di stallo, fa parte del processo di maturazione. Oggi, passato tutto questo, ha una grande possibilità: scrivere sei/sette anni di storia. Adesso è a casa e, secondo me, può ricalcare le orme di Nesta. È un peccato se in questa maturazione non riuscisse ad essere consapevole delle sue qualità, dipende tutto da lui. La Lazio ha avuto l’intelligenza di prenderlo facendo dei sacrifici e adesso non deve accontentarsi di essere solo il laziale che gioca nella Lazio”

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