L'ANGOLO TATTICO di Brescia - Lazio - C'era una volta il mondo senza elettricità

Questa Lazio è elettrostatica, energia pura. Corrente elettrica in grado di illuminare il Rigamonti. L'angolo tattico di Brescia - Lazio.
06.01.2020 11:00 di  Francesco Mattogno  Twitter:    vedi letture
L'ANGOLO TATTICO di Brescia - Lazio - C'era una volta il mondo senza elettricità
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La percepite anche voi? Quell'elettricità nell'aria, una volta scoccato il 90'. Il tempo stringe, la Lazio pure. Va al sodo. Costruisce la solita azione che non era riuscita a concretizzare nell'ora e mezzo di gioco regolamentare. E questa volta funziona. Merito del Brescia, demerito di una squadra non al 100%. Lo si vede. Anche perché mancano due insostituibili, uno specialmente: la luce in mezzo al campo col numero 10. E qui si viene al punto tatticamente più interessante della trasferta del Rigamonti. Correa mezzala, di fatto trequartista. Un azzardo che paga giusto nei primi 10 minuti, quando la Lazio è aggressiva e determinata. Partendo più arretrato, il Tucu ha spazio per condurre palla al piede da lontano e cercare di infilare la retroguardia bresciana. Oppure inserirsi alle spalle dei due attaccanti - Immobile&Caicedo - o dell'ala sinistra, Lulic. Giusto per i primi 10 minuti, appunto. Quando il Brescia, squadra (quella di Corini, non di Grosso, ndr) che ama giocare a calcio, si ritrova ad arretrare pericolosamente il proprio baricentro tanto da permettere a Caicedo di entrare praticamente in porta col pallone. Al netto della bandierina alzata, sarebbe stato l'1-0.

CAMBIO DI ROTTA - Correa trequartista, si diceva. Sì, e lo si nota in fase di non possesso. Per quanto offensivo, Luis Alberto è diventato una mezzala completa. Abile nel rubare palla, con discrete - e inaspettate - doti di interdizione. L'argentino sulla carta veste il ruolo del Mago, ma sul campo non è in grado di fornire a Inzaghi la stessa quantità in fase di ripiegamento. Ecco perché la Lazio si compatta con Milinkovic e Parolo da mediani puri (3-4-2-1), mentre Correa resta avanzato e scende a difendere solo nel caso in cui la pressione del Brescia si faccia continuativa, e dunque pericolosa. È ciò che accade. La squadra di Corini prende coraggio, non crea grossi problemi ma rimane in fase d'attacco per diversi minuti. Il Tucu corre a dare una mano alla sua difesa, deve impostare il contropiede ma perde palla: la frittata è fatta. Palla lunga per Balotelli che si prende gioco di un ingenuo Luiz Felipe (prestazione insufficiente la sua) e batte Strakosha. A quel punto si fa dura. Perché la Lazio non è brillante, e il Brescia - una volta in vantaggio - si riscopre catenacciaro. Visti i valori in campo, è pure giusto così. La nuova tattica dei padroni di casa è la più classica di tutte: autobus davanti alla porta, e contropiede. Solo un'invenzione di Immobile e l'astuzia di Caicedo, bravo a prendersi rigore e rosso di Cistana, riaprono una partita che ha però l'odore di Medioevo del pareggio.

ELETTROSTATICI - Il gioco della Lazio è magmatico. Lento, compassato. Basta un Tonali in grande spolvero a romperne le trame e mandare in apprensione l'intero 11 biancoceleste con un paio di sgroppate palle al piede. La squadra di Inzaghi è noiosa, verrebbe da dire. Prova a scuoterla il mister: fuori Parolo e Radu, dentro Cataldi e Jony. Stesso schieramento visto nel finale di Cagliari, e non solo. Con un 4-3-1-2 fluido in grado di trasformarsi in 3-5-2 iper-offensivo. E così messo in campo: Lazzari, Luiz Felipe, Acerbi e Jony formano il quartetto arretrato, mentre Lulic passa a fare la mezzala (nel finale verrà rimpiazzato da Andrè Anderson) al fianco di Cataldi, centrale, e Milinkovic. L'attacco è sempre il solito. In fase di costruzione, però, Danilo veste i panni del “Bonucci”, infilandosi tra Acerbi e Luiz Felipe e impostando da centrale di difesa. Jony e Lazzari spingono (la squadra cerca soprattutto i cross dello spagnolo) mentre Sergej e Caicedo riempono l'area di rigore del Brescia alla ricerca di palloni da addomesticare. Ma l'epoca non cambia.

La Lazio prova solo a sfondare aggrappandosi ai lanci lunghi, nulli contro un Brescia al quale l'inferiorità numerica non ha portato troppo scompiglio. Anzi. L'obiettivo è il pari e per raggiungerlo basta anche il 5-3-1 con cui Corini ridisegna i suoi ragazzi nel corso della ripresa. Un modulo che, a leggerlo, tradisce ciò che si rivela essere nei fatti. Le fasce non esistono, per questo diventano terreno di caccia della Lazio e di Jony (non una prova indimenticabile la sua, comunque), e le Rondinelle presidiano la propria area di rigore in 8. Una fortezza impenetrabile, poi scocca il 90'. L'aria si fa elettrostatica, il Rigamonti si illumina. L'ennesimo lancio lungo - di Acerbi -, l'ennesima sponda - prima Milinkovic, poi Caicedo -, ma questa volta la rete che si insacca. Sempre Ciro. “Un tempo certe partite le avremmo perse”, è il riassunto perfetto di Brescia - Lazio. Ma sulla pelle si fa largo un brivido diverso, un dolce pizzicore: c'era una volta il mondo senza elettricità, poi è arrivata la Lazio di Inzaghi.

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