Di Canio risponde alle critiche: "Quando avevo 17 anni vivevo con i miei e aiutavo la famiglia... Quello che conta oggi è solo avere l'orologio al polso"

09.09.2012 12:56 di  Lalaziosiamonoi Redazione   vedi letture
Fonte: Gianmarco Filizzola - Lalaziosiamonoi.it
Di Canio risponde alle critiche: "Quando avevo 17 anni vivevo con i miei e aiutavo la famiglia... Quello che conta oggi è solo avere l'orologio al polso"

E’ diventato idolo della curva giovanissimo, quando al suo primo derby segnò il gol partita e poi andò ad esultare sotto la Sud con il dito alzato, ricordando le gesta di Long John, un altro che dalle parti della Capitale non se lo sono mai dimenticato. Paolo Di Canio ha poi lasciato la Lazio, e ha cominciato a girare l’Italia e soprattutto la Gran Bretagna, dove ancora oggi lo considerano un campione vero. E dopo un breve ritorno con i colori biancocelesti, Paolo in Inghilterra ci è tornato, ma questa volta indossando giacca e cravatta e ricoprendo il ruolo di manager dello Swindon Town, formazione che lo stesso ex numero 9 ha portato in League One, vincendo il campionato dello scorso anno. Era balzato agli occhi delle cronache qualche tempo fa, per aver sostituito e ripreso duramente uno dei suoi giocatori, ricevendo qualche critica per il suo comportamento un po’ duro nei confronti del ragazzo appena vent'enne. E’ tornato a parlare Paolo, e lo ha fatto dalle colonne del Daily Mail, rispondendo alle polemiche fatte in seguito all’accaduto: “Il ragazzo era confuso, per questo l’ho sostituito. Se fosse rimasto in campo avremmo perso per 8-0 e tutti mi avrebbero chiamato ‘asino’. Sono un allenatore straniero che cerca di infondere regole e disciplina ma gli inglesi dicono ‘no, no… non deve turbare così i calciatori”. Di Canio ha detto la sua sul calcio moderno e sulle differenze che ci sono tra la sua generazione e quella attuale, un po’ troppo viziata e attaccata al denaro: “E’ colpa nostra. Diamo ai nostri figli di 10 anni un cellulare di ultima generazione e li mettiamo in una stanza, senza che comunichino tra di loro, poi quando crescono e qualcosa va storto, non sono in grado di gestirla” – per poi proseguire – “Il mondo del calcio è cambiato, non è più considerato come una passione ma solo come un lavoro. Ormai quello che conta è avere l’orologio d’oro al polso e un bel conto in banca”. Il tecnico romano ha poi raccontato le sue radici, la famiglia che lo ha cresciuto e che gli ha dato quei valori che nel calcio di oggi, come nella società, sembra si stia perdendo: “Mio padre Ignazio faceva il muratore, si alzava alle cinque di mattina e andava a lavoro in autobus, mentre mia madre faceva la casalinga e ha cresciuto quattro figli con pochi soldi in tasca. Quando avevo 17 anni mi sono reso conto di avere talento, e mi sono promesso di usarlo per aiutare la mia famiglia” – e ha continuato, raccontando il suo primo periodo con il biancoceleste addosso – “Alla Lazio ero un idolo, ma nonostante ciò, il primo anno ho vissuto a casa con i miei e non ho comprato nemmeno una macchina”