Caso: "Io primo allenatore di Lotito, ho accettato perché l'amore per la Lazio ti prosciuga"

RASSEGNA STAMPA - Mimmo Caso, intervistato dalla Gazzetta dello Sport, ha ripercorso quelle che sono state le sue due parentesi in biancoceleste, prima da calciatore e poi da allenatore. Il suo primo arrivo alla Lazio è datato 1985, quando fu voluto fortemente da Giorgio Chinaglia. All'epoca era nel Torino di Moggi, che gli riferì dell'interesse di Long John: "Mi disse che Giorgio, allora presidente, mi voleva a tutti i costi". Da lì cominciò subito una fase complicata: il primo anno in Serie B con Simoni, la società in bilico, lo scandalo del calcioscommesse e la penalizzazione di nove punti da scontare nel campionato successivo. Ricorda che il 1986-87 fu “l’anno della grande impresa” con Fascetti in panchina: gli spareggi di Napoli contro Taranto e Campobasso e quella salvezza che sembrava impossibile, "ma che per me vale come uno scudetto".
Quasi vent’anni dopo, nel 2004, diventò il primo allenatore dell’era Lotito. Spiega che allora il presidente aveva appena rilevato la società e lui era tornato ad allenare la Primavera: "Con l’amico Felice Pulici a metà anni ’90 avevamo fatto un gran lavoro, lanciando talenti come Nesta e Di Vaio, ma il più forte era Alessandro Iannuzzi, un 10 con qualità incredibili". In quel momento gli dissero che serviva il suo aiuto e accettò, perché l’amore per la Lazio è qualcosa che “ti prosciuga”. L’avvio fu positivo, poi qualche passo falso portò all’esonero a dicembre. Se si volta indietro, ammette che la colpa più grande che si attribuisce è "non aver continuato a lavorare con i giovani: quella era la parte migliore del Caso allenatore".
Ripensando alla sua vita, Caso si definisce anche un sopravvissuto. La prima volta a 21 anni, nel novembre 1975: era in auto con il compagno di squadra Vincenzo Guerini, la macchina uscì di strada e si ribaltò. Guerini si ruppe in più punti e la sua carriera finì lì, mentre lui fu fortunato, riportando solo poche escoriazioni. La seconda volta nel gennaio 1995, a 41 anni, quando si ammalò di linfoma non Hodgkin. Racconta che fu un periodo durissimo, ma la forza gli arrivò dai ragazzi che allenava: a fine giugno, ricorda l'ex allenatore ancora visibilmente emozionato, con la sua Primavera vinse lo scudetto battendo il Perugia 1-0 davanti a cinquantamila spettatori all’Olimpico.