Lazio, Amarildo: "Tutte le gare al Flaminio mi motivavano. Guardavo i tifosi..."

10.09.2025 19:00 di  Ludovica Lamboglia   vedi letture
Lazio, Amarildo: "Tutte le gare al Flaminio mi motivavano. Guardavo i tifosi..."

Intervenuto ai microfoni di Lazio Style Channel, l'ex attaccante biancoceleste Amarildo ha ricordato la sua unica stagione, ma la più sentita, con l'aquila sul petto: "Sempre un piacere tornare a Roma. Ritornare dopo tanti anni, ritrovare questo ambiente, tutto, i dirigenti, i tifosi. È una cosa che mi fa molto felice, sono un giocatore che ha giocato 35 anni fa. Io ho giocato in 16 squadre, in 4 Paesi diversi, ho fatto bene dove sono stato ma ho una sensazione che non è valutata la pena di indossare questa maglia. Con tutti quei tifosi vicini a me, credo che la cosa più importante di quando sono stato qui sono stati tutti quei gol al Flaminio. Nel calcio brasiliano c'è difficoltà, non pensavo che avrei giocato, vengo da una famiglia povera, mio ​​padre era un pastore evangelico, gli piaceva la Nazionale. Sono nato nel '64 e il Brasile aveva vinto il Mondiale nel '62 e c'era Amarildo, il giocatore che ha sostituito Pelé e ha fatto gol. Quando sono nato mio padre ha pensato che anche io avrei giocato nel Botafogo come Amarildo e che anche io sarei arrivato in Italia come lui ha fatto nel Milan. Ma cominciare a giocare a calcio non era facile, io ho iniziato a 14 anni. Amarildo il mio idolo? Io e lui avevamo caratteristiche diverse, io quando sono arrivato in Europa ho allenato una caratteristica, il colpo di testa, e questa cosa mi ha aiutato molto. In Serie A c'erano tanti giocatori importanti all'epoca, Careca al Napoli, Van Basten al Milan, che per me era il più forte di tutti. Io li guardavo tutti e cercavo di rubargli qualcosa. La trattativa Celta-Lazio? Mi ricordo che abbiamo fatto una partita contro il Real Madrid di Hugo Sanchez, Butragueno. Loro vennero da 36 partite nel campionato spagnolo senza perdere. Sapevo che la Lazio mi seguiva, la partita fu trasmessa in Italia perché il Real giocava in Coppa dei Campioni con il Milan. Sembrava impossibile poter battere quel Real, chiesi a Dio di aiutarmi a giocare in Italia. Quando entrammo in campo feci 2 gol e quella è stata la mia miglior gara al Celta.

Io al posto di Dezotti? Quando sono arrivato la Lazio voleva giocatori importanti. Per me quell'anno andò tutto bene, la Lazio cominciò a crescere in maniera costante. Tutte le gare al Falminio mi motivavano molto. Beppe Materazzi? Era un calcio giocato, non come oggi. Feeling con i compagni? La nostra squadra era molto unita quando entravamo in campo e stavamo vincendo ci aiutavamo costantemente l'uno con l'altro. Quando mancavano pochi minuti ci prendevamo ognuno un uomo in area di rigore, era molto difficile segnarci nei minuti finali. Poi giocavamo con allegria, che era la cosa più importante per noi. Le marcature a uomo? Mi ricordo Pietro Vierchowod, il più forte tra i marcatori. Era un giocatore difficile. Poi c'era Baresi, era furbo in tutto, stava sempre a un metro di distanza. Poi anche Manfredonia, era cattivo cattivo.

Era un calcio, ripeto, giocato. Il più bello secondo me. Io allenato da Marcello Lippi? Io ho sempre visto lui come un tipo di calcio molto buono, ho avuto bei momenti con lui. Misurarmi in italia con altri brasiliani? Quando sono stato qui con gli altri brasiliani sono stato l'unico a giocare con la Nazionale in quel periodo. Per me era un onore di Dio vedere che stessi facendo parte del campionato italiano, il campionato più forte del mondo in quel momento. In Brasile, in tutte le parti del mondo, si mandavano le partite della Serie A. Una forza particolare data dal Flaminio? Quando entravo in campo mi ricordo che guardavo sempre i tifosi e mi dava uno stimolo in più.

Mi ricordo una gara con l'Atalanta in cui i tifosi ruppero tutto dopo che l'arbitro 'rubò' un mio gol. Credo che quello è stato tra l'altro uno dei miei gol di testa più belli. Ricordo tutta quella confusione, sapevo che era un gol 'rubato' poi prendemmo tantissime traverse. Il Flaminio per me ha sempre riservato momenti speciali. Il segreto del mio colpo di testa? Ho sempre fatto gol di testa, anche quando ero ragazzo. Io ho giocato nell'Internacional di Portoalegre e dopo ogni allenamento prendevo due terzini a cui dicevo in che modo volevo allenarmi. Mi allenavo anche nel modo di correre per staccare di testa. Ho fatto tanti gol di testa che hanno scritto la mia storia. Milan-Lazio? Mi ricordo perfettamente, noi pensavamo a mettere il pullman per non prendere gol, il Milan era una squadra fortissima. Quando abbiamo segnato con l'autogol di Maldini nessuno ci credeva.

Perché un solo anno alla Lazio? Mi ricordo quando sono passato al Cesena. Prima di iniziare il campionato mi chiamò Calleri, che mi disse che se avessi fatto 11 gol avremmo rinnovato il contratto. Io i miei gol li feci, il presidente mi chiamò e mi disse che non avrebbe potuto mantenere la promessa. Mi disse che sarebbe arrivato Riedle e che il Cesena mi voleva. Mi disse che sia lui che il Cesena avrebbero pagato il mio stipendio, non era quello che volevo però accettai di andare via. A cosa aspiro oggi? Io lavoro con i settori giovanili in Brasile, credo che posso ancora fare bene alla Lazio, tanto in Brasile che qui. La mia idea è questa. Quando i miei figli saranno tutti sposati e sistemati, tornerò a vivere a Roma per stare magari sempre con la Lazio. Questo è il mio progetto. Io l'attaccante che regalava le Bibbie agli avversari? Quando sono arrivato a Roma, c'era Papa Giovanni Paolo II che era amato in tutto il mondo, io arrivai non per portare una religione ma semplicemente per fare un gesto che mi faceva piacere. Ho avuto un'esperienza con una persona che ho conosciuto 3 anni fa, con un giornalista che mi ha chiesto di fare un'intervista, portai 4 bibbie e lui raccontò che mi aveva visto dare una Bibbia a Maradona nell'89 quando aveva 12 anni. Io credo di non aver mai parlato di religione ma ho sempre fatto questa cosa".