SPORT & ORTOPEDIA - Professor Lovati e Lalaziosiamonoi.it: alla scoperta della sindrome di Osgood-Schlatter

19.06.2013 16:23 di  Carlo Roscito  Twitter:    vedi letture
Fonte: lalaziosiamonoi.it/Stefano Lovati/Carlo Roscito
SPORT & ORTOPEDIA - Professor Lovati e Lalaziosiamonoi.it: alla scoperta della sindrome di Osgood-Schlatter

Nuovo appuntamento con la rubrica de Lalalaziosiamonoi.it “Sport&Ortopedia”. Condotti dalla sapiente guida del Prof. Stefano Lovati, Responsabile ortopedico della S.S. Lazio calcio e Responsabile Sport Clinique Paideia, scopriamo una patologia che interessa sia il sesso maschile (in netta prevalenza) che quello femminile. Parliamo della sindrome di Osgood-Schlatter, dovuta alla ripetuta azione traumatica causata dalla trazione del tendine rotuleo sulla sua inserzione tibiale nella fase di contrazione del muscolo quadricipite e risolvibile sostanzialmente tramite riposo fisico, ovvero la sospensione assoluta da qualsiasi attività sportiva.

Il tendine rotuleo è una grossa struttura fibro elastica tesa tra la rotula e la parte superiore della tibia. Nei giovani la parte più debole, è rappresentata dal punto di ancoraggio del tendine sulla tibia costituito da osso e cartilagine ancora immatura. Questa zona di tibia è chiamata “apofisi tibiale anteriore”, e viene abnormemente sollecitata negli sport da salto e nel calcio. La patologia interessa sia femmine che maschi con una netta prevalenza per quest’ultimi. Spesso bilaterale, nei maschi si manifesta generalmente nel periodo compreso tra gli 11 e i 15 anni di età, mentre nelle femmine qualche anno prima in quanto nel sesso femminile il processo di ossificazione dell’apofisi tibiale avviene più precocemente. Rarissimi i casi riscontrati oltre i 18 anni a maturazione scheletrica completata. Gli sport che maggiormente possono generare questa sindrome sono il calcio, il basket, la danza, il pattinaggio, l’atletica, e il tennis.

Cause:
La patologia è dovuta alla ripetuta azione traumatica causata dalla trazione del tendine rotuleo sulla sua inserzione tibiale nella fase di contrazione del muscolo quadricipite. Questo meccanismo provoca uno spostamento o una errata ossificazione dell' apofisi tibiale ed il nucleo di accrescimento fuori sede, porta ad un organizzazione errata del tessuto cartilagineo prodotto. Quest’ultimo andando ad ossificarsi troppo anteriormente andrà a formare quella protuberanza tipica della patologia. Tra le cause principali ricordo carichi di lavoro sportivo eccessivi, allenamenti su terreni non idonei, predisposizione congenita alla patologia, rapido accrescimento scheletrico al quale non corrisponde un parallelo sviluppo dell’apparato muscolo-legamentoso.

Sintomatologia:
E’ caratterizzata dal dolore a livello del tubercolo tibiale che si presenta spesso prominente. Il dolore è particolarmente acuto alla digitopressione sulla apofisi tibiale. La zona può essere calda e ci può essere una limitazione articolare del ginocchio in flessione. A volte il dolore può avere una irradiazione verso la rotula e la tibia. L’intensità del dolore è maggiore al termine dell’attività fisica. Taluni giovani pazienti riferiscono fastidio nel salire e scendere le scale.

Diagnosi:
Essenzialmente clinica, si tratta di valutare con attenzione il giovane paziente attraverso un esame obiettivo. Il dolore evocato alla pressione in regione dell’apofisi tibiale anteriore e durante il movimento in estensione contro resistenza non lascia molti dubbi sulla diagnosi. Da effettuare sempre un controllo radiografico il quale soprattutto nella proiezione laterale, mostrerà (non sempre), un addensamento, ipertrofia e frammentazione del nucleo apofisario. Residue alterazioni morfologiche delle tuberosità permettono anche nell’età adulta la diagnosi a posteriori.

Terapia:
E’ difficile a volte far capire al ragazzo il programma terapeutico da adottare, in quanto si basa essenzialmente sul riposo assoluto a volte anche per molti mesi, e sappiamo o possiamo intuire come può essere complicato “bloccare” da qualsiasi attività fisica e sportiva un giovane attivo. Quando si parla di riposo fisico, si intende la sospensione assoluta da qualsiasi attività sportiva , per cui vietato correre, calciare, saltare, il ragazzo inoltre, viene esentato da attività ginniche scolastiche per un tempo variabile tra il mese e i tre. In fase acuta per il primo mese, consiglio di applicare del ghiaccio sulla parte dolente due volte al giorno per almeno 30 min, superata questa fase è necessario un ulteriore controllo dalla specialista. Nella fase successiva si introducono macchinari biostimolanti da utilizzare a bassa intensità per un altro mese. Bisogna prestare molta attenzione alla tempistica in quanto il ragazzo già dopo il primo mese potrebbe avere una remissione quasi completa del dolore, e pertanto invogliato a riprendere la propria attività sportiva. E’ una fase molto delicata durante la quale bisogna essere tenaci a mantenere ancora il riposo più assoluto. La ripresa allo sport deve avvenire non prima dei due mesi e in maniera graduale.

Prevenzione:
Come detto è una sindrome assi insidiosa, che se trascurata può portare a sequele fastidiose anche in età adulta. Troppo spesso si vedono adolescenti che nonostante il fastidio continuano nella propria attività sportiva invogliati a volte da “mister” che spingono il giovane a lavorarci sopra. Per cui al primo sentore di dolore fermarsi e farsi controllare dallo specialista.

 

 

                                    
 

 

 

        

 

 

 

Dottor Stefano Lovati

Specialista in ortopedia e traumatologia
Responsabile ortopedico S.S. Lazio Calcio
Responsabile Sport Clinique Paideia