FOCUS - Sarri e i suoi segreti: ecco perché la Lazio rende così bene
La Lazio ha avviato un percorso dalla trasferta di Genoa: quello che presuppone da obiettivi di classifica, ma che ha come scopo unico il migliorarsi per esser pronti in vista della prossima stagione. Tutto ciò che la squadra otterrà sarà solo un di più rispetto al fine unico di questo campionato. L'inizio complicato, con tre sconfitte in quattro partite, ha permesso alla Lazio di riordinare le idee e a Maurizio Sarri di avere più chiara la dimensione del materiale a sua disposizione. Il tecnico ha ridimensionato le proprie richieste e le proprie aspettative.
IL LAVORO DI SARRI - Ha lavorato dal punto di vista psicologico, per tirar fuori dai giocatori le motivazioni di cui avevano bisogno, vietando la parola alibi nello spogliatoio. Sarri è andato incontro alla squadra, ha cambiato la propria chiave tattica, ha adattato le sue richieste alle caratteristiche di calciatori tecnicamente non entusiasmanti, ma che si stanno contraddistinguendo con quella disponibilità che tanto apprezza il Comandante. La Lazio ha fatto uno step, ora guarda al futuro con il compito di migliorarsi ancora e, magari, definire una propria identità tattica.
LA FASE DIFENSIVA - D'altronde, oggi la Lazio si riconosce solo ed esclusivamente per una fase difensiva impeccabile. Sarri ha ritrovato giocatori come Patric, Marusic, Lazzari, Hysaj, Romagnoli e Pellegrini, che aveva allenato nella precedente esperienza a Roma, ai quali si sono aggiunti solo Provstgaard e Tavares. Il materiale umano a disposizione per riprendere quanto lasciato in sospeso c'era e lo ha sfruttato ottenendo rapidamente i risultati cercati. La Lazio si è rivelata una squadra attenta e compatta.
I NUMERI DELLA DIFESA - Dopo 15 giornate la media di errori che portano a conclusioni avversarie verso lo specchio sono di 0.90 a partita. Gli 11 gol subiti la rendono la seconda miglior difesa della Serie A dopo la Roma (8) e la terza in Europa, dietro i giallorossi e l'Arsenal (10). Una grossa mano è arrivata anche dalla crescita di Provedel, dopo un anno complicato. Il portiere classe 1994 è un fedelissimo di Sarri, ma non solo per le sue qualità con la palla tra i piedi. Il dato sugli Expected Goals Against - gol subiti attesi - della Lazio, infatti, è indicativo. La Lazio, stando alla pericolosità delle occasioni concesse, avrebbe dovuto subire 19.7 gol (7° miglior dato del campionato), con una media di 1.31 a partita, ma tra errori avversari e soprattutto interventi di Provedel, è riuscita spesso a mantenere inviolata la porta.
COME DIFENDE VERAMENTE SARRI - La Lazio è una squadra in grado di gestire gli avversari. Il blocco difensivo è solido, sufficientemente alto (il baricentro è in media tre i 48 ei 50 metri), ma al contrario dell'anno scorso difficilmente va in pressione nella trequarti avversaria. La media dei tackle nel terzo offensivo è 1,5 per 90', tra le più basse della Serie A, con un PPDA (passaggi concessi alla squadra avversaria nella creazione di un'occasione) decisamente alto e stimato sui 14/15 passaggi concessi agli avversari, sintomo di una squadra che non pressa con forza, ma decide di aspettare la giocata avversaria, seppur chiudendo spesso le linee e giocando d'intercetto. In questo senso, i dati ci offrono un ulteriore conferma. La Lazio ha una media di 8,9 intercetti a partita, con un totale di 131 palloni intercettati sul gioco avversario, il secondo miglior dato della Serie A dietro l'Hellas Verona. Al contrario, invece, se si entra nel campo dei contrasti, la squadra di Sarri crolla vertiginosamente in penultima posizione, con appena 203 contrasti vinti, gli stessi della Fiorentina ultima.
PER CONCLUDERE... - Il segreto della fase difensiva di Sarri è quella della compattezza dei blocchi e del collettivo. La linea difensiva si deve muovere all'unisono, come fosse una sola unità. Il margine d'errore è minimo e la concentrazione dev'essere altissima, se uno su quattro dovesse sbagliare si correrebbe il rischio di subire un gol evitabile. Fondamentale è il lavoro di copertura e di intercetto del centrocampo, che deve fungere da filtro evitando all'avversario di poter arrivare serenamente sulla trequarti, zona di maggiore sofferenza per i biancocelesti. Agli attaccanti, invece, non viene chiesto lo stesso lavoro di pressing forsennato che pretendeva Baroni. Il loro compito è di abbassarsi sulla linea dei centrocampisti, chiudendo maggiormente gli spazi, con uno tra Guendouzi e Basic (oggi) che salgono all'altezza della punta in base all'area in cui si muove il pallone, per chiudere ulteriormente le linee e sperare in un recupero alto della sfera.
