Ex Lazio | Minala racconta: le difficoltà, Klose e Inzaghi
Lunga intervista ai microfoni di Afrik-Foot per Joseph Minala, ex giocatore della Lazio ora in forza al Marsaxlokk, a Malta. Il centrocampista ha ripercorso tutti gli inizi della sua carriera, non affatto semplici, e il suo periodo nella Capitale. Di seguito le sue parole.
"Le persone hanno sempre associato i problemi fuori dal campo a me. Oggi, siamo quasi nel 2026, e ne parliamo ancora. La gente parla solo di quello. Non importa cosa faccio in campo. Non credo di essere un cattivo giocatore in base a quello che ho dimostrato. Sono sempre stato nell'occhio del ciclone. Sono sempre stato giudicato per questo. Appena facevo una brutta partita, tutte quelle storie riaffioravano. Eppure, ci sono giocatori che giocano, che hanno opportunità e che non dimostrano la loro età. Io ho fatto delle visite, oggi non avrei mai accettato di farlo ma l'ho fatto per mettere a tacere tutte le voci. Ho sempre dovuto sopportare queste cose. La gente non pensa a quanto sia forte quel ragazzo, a come abbia continuato a giocare, a come sia riuscito a superare tutto, a come abbia una famiglia. Ma va bene così. Ho cercato di ignorare tutto questo, ci sono cose più importanti. Tengo la testa alta, guardando avanti".
"Ci sono stati dei trasferimenti che sono saltati per questa storia. Durante il mio ultimo anno di contratto alla Lazio, sono stato ceduto in prestito in Cina. Dalla Cina sarei poi dovuto andare in Olanda, all'AZ Alkmaar. L'accordo era fatto, stavo pure con un nuovo agente con una grande agenzia, il signor Pastorello, che rappresentava anche Romelu Lukaku. Un procuratore di alto livello. Nonostante fosse tutto sistemato, l'affare è saltato all'ultimo senza un motivo valido, ma solo tirando fuori di nuovo quella storia. Da quel momento in poi ho dovuto accettare che sarei dovuto tornare in Serie C. E in quel contesto, è difficile riprendersi".
"Penso che avrei potuto fare una carriera migliore. Se chiedete a quelli con cui ho giocato, nessuno vi dirà che non ero bravo, ma anzi diranno che non ho mai avuto la mia grande occasione e che non sanno perché. Ho trascorso sette anni alla Lazio e quando è saltata fuori la questione sulla mia età, non c'è stata nemmeno una dichiarazione da parte del club o della federazione camerunense per difendermi. Non ho parlato, ma ho fatto i test per dimostrare la mia buona fede. Non avevo bisogno di parlare, ho semplicemente giocato. Ero il migliore tra i giovani, ero concentrato sul campo. Non ero ancora un professionista, non potevo perdere tempo con quello che succedeva intorno a me. Forse mi hanno anche dato cattivi consigli. Forse chi mi stava intorno avrebbe dovuto parlare. Pensavo che tutto si sarebbe risolto in fretta. Ma non è andata così".
'Sono diventato un professionista non molto tempo fa, quando c'erano giocatori un certo calibro, icone in ogni squadra come Zanetti, Maldini, Totti, Klose... Ai giovani giocatori di oggi viene data subito una possibilità, mentre allora non era così facile. Dovevi davvero dimostrare il tuo valore per meritare di essere lì. Se ripenso alla mia prima stagione, quando ero il miglior giocatore della Primavera, oggi sarei stato venduto a un altro club per cifre altissime. È un'epoca diversa, un'altra generazione".
"Io sono arrivato in Italia per il calcio, per cercare fortuna. Sono stato preso da un settore giovanile, con cui ho avuto l'opportunità di fare provini in diversi club, ed è così che è iniziata la mia storia. All'inizio non rispondevo nemmeno ai club di Serie B perché ero convinto del mio potenziale e volevo la Serie A, che poi alla fine è arrivata. Non ho mai mollato; sono sempre rimasto fedele a me stesso, nonostante tutto quello che mi è successo. E ancora oggi, a Malta, ho quella determinazione e quella speranza che tutto sia possibile".
"Sarò sempre grato alla Lazio. Sono ancora in contatto con la società; abbiamo ancora un buon rapporto. Ho ancora degli amici lì e la società mi ha sempre trattato bene. Mi pento semplicemente di non aver mai avuto la possibilità di dimostrare di poter giocare lì. Non mi è mai stata concessa una stagione intera. Sono sempre stato mandato in prestito. Ho dimostrato le mie qualità e, quando sono tornato in prima squadra, non mi è stata data un'occasione. Altri giocatori l'hanno avuta, ma io no. Mi sono sempre messo a disposizione della società, non ho mai detto una parola fuori posto. Volevo solo un'opportunità. All'epoca si diceva che avessi 42 anni. Se fosse vero, avrei smesso molto tempo fa. È una sciocchezza, ma la gente preferisce ricordarselo. Oggi, senza tutta quella storia e visto il mio livello, penso che sarei in un club più e con una carriera completamente diversa. L'unica cosa che posso dire è che non ho avuto davvero la possibilità di dimostrare il mio valore alla Lazio".
"Stare con Klose, Cissé e Cana è stato fantastico, mi hanno dato un sacco di consigli. Klose sembrava che aveva appena iniziato la sua carriera per la sua dedizione e il modo di gestire il suo corpo. Arrivava prima di tutti per prepararsi, era sempre di buon umore e pronto ad aiutare chi ne aveva bisogno. Si può solo che imparare da persone così. Anche Cana mi ha sempre aiutato, mi ha dato consigli, così come Ciani. È stato davvero bello soprattutto perché a quei tempi per entrare nello spogliatoio della prima squadra a 18 anni dovevi essere davvero molto bravo. Oggi è molto più facile essere un professionista".
"Simone Inzaghi? Era il mio allenatore, non avrei mai potuto immaginare il percorso che ha avuto, ma in termini di etica del lavoro, dedizione e impegno si vedeva già che avrebbe fatto bene. Anche nelle giovanili si percepiva la sua voglia di migliorare sempre e di lasciare il segno. Ha avuto anche molta fortuna: doveva andare alla Salernitana, ma Bielsa non arrivò mai alla Lazio, e così lui rimase sulla panchina biancoceleste".
