Fuser ricorda: "Anni bellissimi alla Lazio. Dispiace per com'è finita..."
RASSEGNA STAMPA - Chiunque giochi ad alti livelli viene percepito come un privilegiato, quasi estraneo alla realtà delle persone comuni, ma poi arrivano storie che riportano tutti con i piedi per terra. È il caso di Diego Fuser, ex centrocampista di Torino, Milan, Fiorentina, Lazio, Parma e Roma, oltre 400 presenze in Serie A. Nel 2015 ha conosciuto il dolore più devastante: la morte del figlio Matteo, scomparso a 16 anni dopo una lunga malattia. Racconta che quella tragedia gli ha cambiato la vita per sempre, “devastandola”. È una ferita impossibile da spiegare fino in fondo: si prova ad accettarla, ma si cercano risposte che non ci sono.
Nel ricordare la sua carriera in un'intervista alla Gazzetta dello Sport, Fuser ha spiegato che aveva scelto la Lazio perché Zoff lo voleva fortemente. Sono stati quattro anni intensi, durante i quali ha indossato la fascia da capitano e sollevato trofei. Ammette però che il finale lo ha profondamente amareggiato: si sarebbe aspettato un trattamento diverso dopo tutto ciò che aveva dato. Racconta di essere stato lasciato andare come fosse un giocatore qualsiasi e che il suggerimento di cederlo arrivò da chi non era l’allenatore ma si comportava come tale. Pur senza nominarlo direttamente, fa riferimento a Mancini, che in quella Lazio aveva molta influenza e veniva ascoltato da Eriksson. Fu così che, oltre a lui, andarono via anche altri big come Signori.
Fuser spiega di aver parlato con Eriksson, ma che l’allenatore gli spiegò che, se il Parma offriva un contratto migliore, sarebbe dovuto partire e la società non fece nulla per trattenerlo. Tre anni dopo, però, la storia si incrociò di nuovo con Roma, ma dall’altra parte del Tevere. Racconta che fu Capello a contattarlo direttamente, avvicinandolo durante il riscaldamento prima di un Parma-Roma per chiedergli se avrebbe accettato di vestire giallorosso l’anno successivo. Fuser rispose immediatamente di sì e, qualche settimana più tardi, l’accordo fu formalizzato.
Quella scelta venne vissuta come uno smacco da molti tifosi laziali, ma l'ex calciatore sottolinea che non si sarebbe mai aspettato reazioni così dure, di essere rimasto legato alla Lazio, di aver vissuto stagioni bellissime e che non avrebbe mai lasciato i biancocelesti per trasferirsi direttamente alla Roma. Dopo tre anni a Parma, non immaginava che il passaggio potesse generare così tanto risentimento. Secondo Fuser, "i tifosi a volte dimenticano che per un calciatore si tratta pur sempre di un lavoro". Rispetta la passione, ma si aspetterebbe lo stesso rispetto per chi ha dato tutto in campo. Aggiunge, inoltre, un dettaglio amaro: la Lazio non lo ha mai invitato all’Olimpico.
Non ha rimpianti sulle scelte di carriera, ma conserva una ferita legata alla Nazionale: la mancata convocazione all’Europeo del 2000. Zoff era il ct e visto il passato alla Lazio sarebbe stata la chiusura perfetta di un cerchio, soprattutto perché Fuser aveva disputato tutte le qualificazioni, come già era accaduto due anni prima con Maldini. Si era infortunato, ma stava recuperando e glielo aveva comunicato. Il tecnico decise comunque di lasciarlo fuori e ammette che quella è una ferita “che non si è mai del tutto rimarginata”
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