ESCLUSIVA RADIOSEI - Stefano Re Cecconi, Lazio nel cuore e nel cielo una stella: "Gli occhi dei laziali brillano ancora per papà Luciano... Mi danno la forza di lottare per la verità"

pubblicato ieri
19.01.2012 07:10 di  Luca Capriotti   vedi letture
Fonte: Luca Capriotti/Ruggero Giusti Lalaziosiamonoi.it
ESCLUSIVA RADIOSEI - Stefano Re Cecconi, Lazio nel cuore e nel cielo una stella: "Gli occhi dei laziali brillano ancora per papà Luciano... Mi danno la forza di lottare per la verità"

Dal sangue del giovane Adone, morente, crebbero gli anemoni e da quello della dea Afrodite, ferita tra i rovi mentre era corsa a soccorrerlo, le rose rosse. E commossero Zeus, che permise ad Adone di tornare dalla morte. L'amore e la morte, intrecciate in un'unica danza. L'amore dei tifosi della Lazio, della famiglia, degli amici a confrontarsi con la morte di Luciano Re Cecconi, a fare domande. Una delle cose più belle del mestiere di giornalista è questa: fare domande. Chiedere, indagare, non accontentarsi di ciò che è frettoloso, di quel che viaggia sulla superficie dei fatti, anche dei fatti tragici, senza indagarli, senza fissarli a testa alta chiedendo il perchè.
L'uomo ha un valore specifico perchè può chiedere, fare domande anche dopo 35 anni, con coraggio e con amore. Gli amici hanno un valore specifico perchè continueranno a chiederlo sempre, il perchè. I tifosi hanno un valore specifico perchè all'amore di un punto interrogativo, all'amore per un uomo, aggiungono la conoscenza indiretta che ti dà la giocata del campione, la passione che getta in campo. Amano il campione, e dietro il campione l'uomo. In Esclusiva ai microfoni di Radiosei il figlio dell' "angelo biondo", Stefano Re Cecconi, si racconta, e racconta partendo dal figlio di Di Bartolomei, indimenticabile capitano giallorosso, per cui Venditti scrisse :"Ricordati di me mio capitano, / cancella la pistola dalla mano... / se ci fosse più amore per il campione oggi saresti qui...".
Alcune volte due storie si intrecciano, due famiglie si incontrano: "È nata un’amicizia importante con Luca Di Bartolomei dalla via che è stata inaugurata anni fa a papà e Agostino ed è emblematico che queste due strade si incrocino, quindi è una cosa molto bella." Oggi all'Anica (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Multimediali) si è parlato molto, e giustamente, attorno al libro-inchiesta di Maurizio Martucci, saggio accurato che ricostruisce e svela, documenta e risponde. Stefano Re Cecconi con orgoglio parla della giornata di oggi, e con orgoglio rivendica anche il legame che il nome del padre ha intrecciato con la Lazio: "Oggi è stata una giornata particolare con la presentazione di questo libro che vi consiglio di leggere. Maurizio Martucci è uno scrittore controcorrente e d’inchiesta e forse mette i puntini sulle i anche su quella storia. Forse con la tranquillità degli anni va anche rivista perché noi lo sapevamo ma ne abbiamo viste delle belle. Io sono orgoglioso che il mio cognome sia abbinato alla Lazio e sono contento di questo perché è una squadra particolare e non per tutti. Io lo ritengo un grosso onore di importanza per la mia famiglia".
Come una radura tra gli alberi, questo libro,  come una radura tra alberi tutti uguali, con la forza di luce e vento a filtrare tra i rami, a scuotere il mormorio tutto uguale e monotono di un'intera foresta. Stefano, e molti altri con lui, ha una sua idea su quel che è vero, sulla morte del padre.
Di tragedia, nella sua accezione che sa tanto di casualità, di grossolano estremo malinteso, non si può proprio parlare, se si è chiesto, se non ci si è accontentati delle solite risposte: "Io ho sempre avuto una mia idea ma come figlio è normale che avessi un dubbio legittimo. Noi vedendo anche il processo in prima persona abbiamo sempre avuto delle incongruenze di situazioni anomale che abbiamo vissuto. Testimonianze dette, non dette, presunte, finte. È stato un processo un po’ particolare. Fortunatamente dopo 35 anni possiamo con tranquillità rivisitare rispettando la sentenza del processo ma tenendo a mente che ci sono un sacco di persone che sbagliano. Io penso che lo scherzo si trattò di tragedia, di fatalità, ma l’indirizzo dello scherzo fu comodo metterlo per tante situazioni: del tempo, del caso. Diciamo c’era un opinione pubblica che spingeva e la situazione era un po’ particolare. Io penso sia andata così e ne sono abbastanza convinto. Oltretutto vedendo la celerità con la quale è stato chiuso un processo, quasi a tempo di record: mio padre è morto il 18 Gennaio e mi sembra che il 20 Giugno non hanno consentito l’appello. Io non voglio tirare in ballo nessuno però vedendo quello che succede anche ultimamente uno magari... Prima c’era una campana sola da ascoltare, ora le indicazioni sono tante e la gente è più preparata. Se ci si vuole fermare alla storiella del bar benissimo. Se ci si vuole fare un’idea maggiore penso ci siano le realtà per poterlo fare".
Ma una vita non può ridursi alla sua fine, per onorarla tutta, per far si che il mormorio del bosco, monotono, che vuol mettere a tacere, sopire, sistemare tutto, si deve andare alla fonte di tutto l'amore dimostrato dopo il 18 gennaio 1977.
I ricordi più belli è giusto che restino con il figlio Stefano, ma una foglia di passione è caduta anche tra le parole dell'intervista, e brilla di tutta la bellezza di un incontro: "La cosa che rende magico mio padre è innanzitutto che ci siano persone che ancora si ricordano della sua persona. Questo perché ha lasciato una grande impronta. E soprattutto ciò che mi colpisce sono gli occhi della gente laziale e il bene che mi vogliono. Un bene sincero, e a volte rimango senza parole quando un signore di cinquanta anni mi abbraccia e piange. Sono onorato che papà abbia dato tantissime emozioni a tantissime persone. Vedere tanti ragazzi che sono diventati della Lazio perché il papà era tifoso di Re Cecconi questa è la cosa più bella che mi abbia tramandato. Un aneddoto che mi è rimasto nel cuore: io non sono tifoso di più, anche io ho questa malattia della Lazio. Stavo entrando in tribuna e cercavo di non farmi riconoscere incappucciato. Davanti a me c’era un signore in carrozzina,  che adesso se ne è andato per una malattia purtroppo, che dal basso poteva vedermi in viso e mi ha riconosciuto, mi chiamava Re Cecconi. E cercava di chiamarmi nonostante il figlio cercasse di farlo smettere, chiedendogli di smettere di parlare di Chinaglia, Re Cecconi. Io mi sono abbassato il cappuccio e sono andato ad abbracciarlo mentre aveva le lacrime agli occhi. Ho incontrato di nuovo il figlio che mi ha ringraziato per quel momento. Queste sono le cose magiche, che rimangono. Gli allenatori vanno, vengono ma la Lazio siamo noi, siamo noi il motore. Queste sono cose che ti danno l’energia per andare avanti".
Fare le domande, continuare a farne, non vuol dire che qualche risposta, nella radura di questa giornata di memoria, non sia già stata trovata. Nulla può essere cancellato, men che meno il dolore, ma tutto può essere rinnovato, reso nuovo, dal sangue di un giovane nascono fiori, dalle lacrime dell'amore nascono rose.  E Zeus, commosso, permette che il ricordo sia vivo, permette di continuare ad amare, di continuare a fare domande. Se ci fosse più amore per il Campione, oggi saresti qui.