Paolo Negro sullo Scudetto: "Me lo sentivo! È stata una gran bella Lazio"

Paolo Negro racconta il suo Scudetto vissuto il 14 maggio del 2000 con la maglia della Lazio. Ai microfoni di Radiosei, l'ex calciatore biancoceleste ha raccontato come ha vissuto quella giornata all'Olimpico soffermandosi su quella stagione e su alcuni aneddoti. Di seguito le sue parole.
“Partendo dalle lacrime di Lazio-Parma, che sono state uno sfogo perché eravamo più forti quell’anno, arrivando a Lazio-Reggina: non lo so perché, ma io me lo sentivo. Sono cose che ti senti dentro, la maggior parte dei tifosi non credeva forse al ‘miracolo sportivo’ ma io ne ero convinto, tanto che dissi a mia moglie: ‘Porta la macchina fotografica, portala, perché lo vinciamo stavolta. Me lo sento’. E infatti ho tutte le foto fatte con quella macchina fotografica (sorride, ndr). Ce lo siamo meritati, strameritati, quello scudetto perché eravamo più forti di tutti. L’attesa? Ho sudato più in quel momento che quando giocavo, salivo e scendevo le scale. E’ stato un massacro fino al fischio finale, una liberazione proprio".
"Vittoria porta vittoria, non c’è niente da fare. Eravamo una squadra talmente forte e consapevole della forza che sapevamo di andare ovunque a vincere. Le vittorie ci caricavano sempre di più. La vittoria contro lo United per me è stato l’apice, lì abbiamo capito che davvero eravamo i più forti, non ce n’era per nessuno. Nella programmazione del presidente Cragnotti c’erano grandi obiettivi, puntava ad arrivare a livelli altissimi, poi purtroppo è successo quello che è successo e non si è potuto chiudere il cerchio".
"In 10-15 giorni ci siamo giocati tanto e siamo usciti vincenti da tutte e tre le partite, e che partite. A Torino abbiamo vinto in casa della Juventus facendo una partita di grande livello, poi vai a Londra col Chelsea che non aveva mai perso e vinci. In quel momento eravamo un rullo compressore. Il nostro era un gruppo molto unito in campo, fuori ci sono state anche discussioni ma sono state costruttive. Io litigavo con qualche compagno, poi andavamo a cena insieme, finiva tutto lì, anche quelle servivano a migliorarci".
"Aneddoti? Ce ne sono tanti. Me ne viene in mente uno, ricordando Sinisa: giocavamo la sera e stavamo guardando le partite del pomeriggio. Ad un certo punto, non mi ricordo quale squadra ci fosse in campo, ci fu un rigore e quando lo stavano per calciare Sinisa ha spento la tv: non vi dico la reazione e lui rideva. Era tutta qui l’essenza di quel gruppo. C’era serenità, spensieratezza e poi al campo eravamo tutti concentrati, ognuno aveva le sue cose da fare, le sue superstizioni. Era un gruppo creato per arrivare a quello".
"Ho legato con tutti. C’è stata poi qualche litigata, anche nelle famose partitelle che erano sacre, ma finiva lì. Magari ci si chiudeva negli spogliatoi e si parlava finché non si chiariva. Alla fine parla il campo e per noi ha parlato. Con Favalli ci siamo l’altro giorno, idem con Gottardi. Ho sentito Conceicao, Veron, Salas; con Boksic quando torna a trovare la famiglia che abita qui. I rapporti ci sono. Anche con Couto; lui ha un carattere forte, all’inizio abbiamo litigato, proprio durante una partitella, pensa quanto ci tenevamo. Se il gruppo era sano era merito di Cragnotti perché tutto dall’alto si decide. Devo dire che è stata davvero una gran bella Lazio”.
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