Lazio, riecco la Champions: 13 anni dopo, tra ascese (italiane) e cadute (europee)

La Lazio torna nella massima competizione europea 13 anni dopo l'ultima volta. Cosa è successo in questi tredici anni tra Italia ed Europa.
24.07.2020 07:30 di  Marco Valerio Bava  Twitter:    vedi letture
Fonte: MarcoValerio Bava-Lalaziosiamonoi.it
Lazio, riecco la Champions: 13 anni dopo, tra ascese (italiane) e cadute (europee)

Rieccola. La Champions League. Tredici anni dopo. La Lazio torna tra i grandi, nella fase a gironi della coppa più prestigiosa. Non accadeva dal 2007, quando la squadra guidata da Delio Rossi s’avventurò nella massima competizione europea. Sesta partecipazione della storia biancoceleste, seconda dell’era Lotito, un traguardo cercato, voluto, più volte sfuggito sul filo di lana, come nel 2010 quando la Lazio di Reja fu estromessa dalla peggior differenza reti rispetto all’Udinese: quarti i friulani e ai playoff di Champions, quinti i biancocelesti. L’anno successivo fu ancora l’Udinese a giocare un brutto scherzo alla Lazio, stavolta l’Italia ha a disposizione solo tre posti per la massima competizione europea: la squadra di Reja arriva quarta con 62 punti, l’Udinese terza con 64. Sette anni dopo, invece, furono il gol di Vecino e soprattutto una serie incredibile di torti arbitrali a bloccare la cavalcata della squadra di Inzaghi. Stavolta, nonostante la flessione finale, la Lazio può festeggiare, è di nuovo Champions League, l’impresa è firmata da un gruppo che s’è cementato, ha costruito un campionato straordinario fino a febbraio, una cavalcata che ha fatto sognare lo Scudetto, ma che nessuno può permettersi di ridimensionare. Basti pensare quali erano le premesse, le griglie d’inizio stagione in cui la squadra d’Inzaghi veniva costantemente piazzata tra il quinto e il settimo posto.

RISANAMENTO - Quella di Immobile e compagni resta un percorso importante, lo testimoniano le vittorie contro Inter e Juve, la vittoria a Milano, contro il Milan, dopo 30 anni, le rimonte, il bel gioco, l’entusiasmo generato nell’ambiente e l’ennesimo trofeo messo in bacheca. La crescita della Lazio è evidente. Almeno in campionato. Da quel lontano 2007 lo scenario è cambiato del tutto. Tredici anni fa, la Lazio riuscì a conquistare la Champions in una situazione particolare, sfruttando anche l’assenza della Juventus (in B per calciopoli) e le penalizzazioni di Fiorentina (-15) e Milan (-5). Delio Rossi e i suoi fecero comunque un campionato straordinario, conquistando il terzo posto con 62 punti. A deludere fu il mercato estivo, improntato ancora al risanamento economico e quindi senza spese folli, nonostante gli introiti da Champions. A condurlo è Walter Sabatini che deve fare i conti con il ritiro di Angelo Peruzzi e per sostituirlo prende Juan Pablo Carrizo che, però, arriverà a Roma solo un anno dopo causa problemi col passaporto. Lo rimpiazza Fernando Muslera, affiancato da Marco Ballotta che giocherà da protagonista la Champions. Per rimpolpare la rosa arrivano Kolarov, Del Nero, Meghni, Vignaroli e Scaloni. In quell’estate dirà addio Simone Inzaghi che andrà in prestito all’Atalanta. La stagione è deludente, i biancocelesti chiudono al 12esimo posto, a -20 dalla zona Champions. Quella successiva porta il primo trofeo dell’era Lotito, la Coppa Italia vinta in finale contro la Samp e seguita a stretto giro dalla Supercoppa Italiana conquistata a Pechino contro l’Inter di Mourinho e con Ballardini in panchina. In Serie A, però, continuano le difficoltà: nel 2008 la Lazio arriva decima, mentre l’anno successivo dodicesima seppur dopo enormi difficoltà e aver addirittura vissuto l’ansia di una possibile retrocessione. La Lazio si salva con l’arrivo di Reja in panchina e con un mercato di gennaio che porta giocatori funzionali come Floccari, Dias e Biava. La prima svolta arriva, quindi, nell’estate del 2010. Lotito è contestato, la tifoseria chiede di più, vuole investimenti, si chiede di ridurre il gap con le grandi, ma anche con la Roma che in quegli anni si piazza costantemente tra le prime quattro. 

CRESCITA, LULIC E CONTESTAZIONE - Tare è diventato ds da un anno e conduce un mercato importante, conferma Reja e prende Hernanes dal San Paolo. Il brasiliano era corteggiato da Milan e Barcellona, ma la Lazio anticipa tutti, versa oltre 11 milioni nelle casse del Tricolor e prende un giocatore fondamentale per la propria crescita. I biancocelesti partono forte, sono solidi, giocano anche bene, arrivano quarti a pari punti con l’Udinese che va ai preliminari di Champions solo grazie a una miglior differenza reti (+22 contro +16), ma chiudono davanti alla Roma per la prima volta nell’era Lotito. La stagione successiva vive un andamento simile, stavolta la Lazio è davvero quarta, ma in Champions dal 2012 vanno solo le prime tre ed è ancora l’Udinese a beffare Rocchi e compagni. Ma anche stavolta Reja chiude avanti ai cugini. Edy, però, dopo due anni saluta e Tare in panchina sceglie Petkovic, il mercato riscuote critiche, arrivano solo Ederson e Ciani, ma la squadra comincia bene, gioca il miglior calcio in Italia almeno fino a gennaio, quando arriva a ridosso della Juve capolista. Poi il calo, la squadra comincia a perdere partite e terreno e chiude settima. A dare un senso diverso, da leggenda, alla stagione, ci pensa però la Coppa Italia, vinta in finale contro la Roma il 26 maggio 2013 con il gol di Lulic al 71’. Sembrano esserci le premesse per spiccare il volo, arrivano Biglia e Felipe Anderson, ma la Lazio soffre da subito, prima di Natale - dopo un 4-1 patito in casa del Verona - Petkovic viene esonerato. Vlado è già d’accordo con federazione svizzera per prendere in mano le redini della nazionale elvetica dall’estate, la questione non va giù a Lotito e le parti finiscono in tribunale. Al suo posto viene richiamato Reja, il rendimento migliora, ma il campionato viene comunque concluso al nono posto, tra enormi contestazioni nei confronti di Lotito, reo di gestire la società, senza darle prospettive di crescita, l’apice è Lazio-Sassuolo che diventa la partita del “Libera la Lazio”. 

PIOLI, ASCESA E CADUTA - Sotto pressione della piazza, il presidente decide di dare una sterzata. Tare sceglie Pioli per guidare la squadra che viene rinforzata con gli arrivi di de Vrij, Parolo, Basta, Djordjevic e Gentiletti. La Lazio, dopo un periodo di rodaggio, esplode tra dicembre e gennaio, trascinata da un super Felipe Anderson e chiude al terzo posto, prenotando i playoff Champions e cadendo solo ai supplementari in finale di Coppa Italia contro la Juve. I bianconeri sono fatali anche pochi mesi dopo, a Shanghai, quando strappano a Pioli la Supercoppa Italiana. Il mercato è deludente, arrivano giovani come Kishna, Hoedt, Morrison, ma anche Patric e l’astro nascente Milinkovic-Savic. La tifoseria s’aspettava di più, si crea una frattura nello spogliatoio per la scelta del tecnico di affidare la fascia da capitano a Biglia e non a Candreva. La Lazio fatica, il bel gioco dell’anno precedente è solo un lontano ricordo e dopo il derby di ritorno, perso 4-1, Pioli viene esonerato e al suo posto subentra Inzaghi che compie il salto dalla Primavera. Simone vince quattro partite su sette, ma la sua conferma non è immediata. Anzi. 

SIMONE, ALTRO CHE LOCO - Lotito, ancora assediato dalla contestazione, vuole un colpo a effetto, contatta Prandelli, ma poi vira con decisione su Marcelo Bielsa. El Loco viene corteggiato, si tratta, sembra fatta, ma poi nascono complicazioni, Calveri vola a Rosario per sottoporre il contratto a Bielsa, la firma arriva, ma l’argentino decide di non arrivare mai a Roma, deluso - sostiene - dalle mancate promesse in sede di mercato. Scoppia la bufera, nel giorno d’apertura della campagna abbonamenti vengono sottoscritte solo 11 tessere, il rapporto tra società e tifoseria sembra ormai compromesso. Lotito e Tare decidono di richiamare Inzaghi, ormai diretto a Salerno. Simone prende in mano le redini della squadra, lo fa con entusiasmo, cementando il gruppo e dando un’identità alla squadra nonostante le partenze di Candreva, Mauri e Klose. Arrivano Bastos, Lukaku e Wallace, ma soprattutto sbarcano a Roma Ciro Immobile e uno spagnolo, sconosciuto ai più, di nome Luis Alberto. Ciro comincia da subito a far gol, diventa il trascinatore di una squadra che si giova anche della fantasia di Felipe Anderson, Keita e Milinkovic-Savic che sboccia nel ruolo di mezzala. La Lazio gioca bene e diverte, chiude quinta e conquista la finale di Coppa Italia (persa con la Juve) dopo aver eliminato la Roma in semifinale. Ad agosto, però, arriva la rivincita, perché la Lazio sconfigge i bianconeri e conquista la Supercoppa Italiana, è il primo trofeo di Inzaghi da allenatore e il segnale di una crescita che diventa esponenziale. Arrivano Marusic, Leiva, Nani e Caicedo e la Lazio si dimostra da subito una delle migliori squadre del campionato. La squadra gioca un grande calcio, segna a ripetizione, ispirata dai gol di Immobile e dalle giocate di Luis Alberto e Milinkovic, la banda Inzaghi però viene falcidiata da una serie incredibile di torti arbitrali e all’ultima giornata perde il treno Champions nello scontro diretto contro l’Inter. La botta psicologica si sente, la ripartenza non è semplice, i big pagano una preparazione a singhiozzo causa mondiale e una condizione fisica non eccezionale. La squadra dell’anno prima si vede solo a tratti, in campionato si fatica e la squadra chiude ottava, ma compie un cammino impeccabile in Coppa Italia che vince in finale contro l’Atalanta. Altro trofeo in bacheca e pass per finale di Supercoppa Italiana, da giocare a Riyad, contro la Juve. Sarà un trionfo e la terza coppa alzata al cielo nella gestione Inzaghi. Sintomo di una crescita evidente e costante. 

ITALIA SÌ, EUROPA NO - Meno ascendete il percorso europeo della Lazio in Europa. Picchi e cadute, ma mai il salto di qualità definitivo, anche a causa di una rosa mai davvero attrezzata per competere su più fronti. Del resto i numeri parlano chiaro: le campagne europee della Lazio sono state spesso deludenti. Non solo. Quando la Lazio gioca in Europa, arriva in media all’ottavo posto. Quando non partecipa alle competizioni continentali, invece, la media dice quinta posizione. Un monito. Per far bene in Champions e in campionato serve una rosa all'altezza, acquisti importanti, per dare a Inzaghi certezze e rotazioni adeguate. La prima Champions della Lazio di Lotito è difficile. La squadra di Delio Rossi supera i preliminari contro la Dinamo Bucarest, ma poi nel girone, con Real, Werder Brema e Olympiakos, vince solo una partita (contro il Werder in casa) e finisce ultima. Impossibile forse fare di più per un organico non adatto a fronteggiare una competizione come la Champions. 

EUROPA LEAGUE -  L’Europa torna a Formello nella stagione 2009-2010, altra esperienza flop, perché la squadra guidata da Ballardini, dopo aver superato i preliminari contro l’Elfsborg, esce alla fase a gironi perdendo la partita decisiva a Salisburgo. Città che decisamente non porta bene ai colori biancocelesti. Senza competizioni europee nella stagione 2010/2011, l’Europa League è di nuovo di casa l’anno successivo. La Lazio di Klose e Reja supera agevolmente il playoff con il Rabotnicki, poi una fatica immane per superare (da seconda classificata) il girone con Vaslui, Zurigo e Sporting Lisbona, prima dell’eliminazione, a opera dell’Atletico di Simeone, ai sedicesimi. Ancora Europa League, è la stagione 2012-2013 e stavolta il cammino laziale è impeccabile, il girone è superato agevolmente, così come Borussia Moenchengladbach e Stoccarda nei sedicesimi e negli ottavi. La corsa si ferma ai quarti, contro il Fenerbahce, ma pesa tantissimo l’arbitraggio della gara d’andata (persa 2-0 a Istanbul), quando l’arbitro scozzese, Collum, non vede un rigore clamoroso su Ederson (con corredo di rosso per il difensore del Fener), espelle Onazi con estrema severità e concede a i turchi un rigore generoso per un fallo di mano di Radu. La Lazio torna nella seconda competizione europea la stagione successiva, la campagna è incolore e si conclude con la clamorosa eliminazione subita dai bulgari del Ludogorets. Così come è cocente quella patita per opera dello Sparta Praga, nel 2015, quando i cechi passeggiano 0-3 all’Olimpico e mettono fine all’avventura europea di Pioli agli ottavi di finale di Europa League.

INZAGHI - Inizia l’era Inzaghi e la prima partecipazione europea di Simone è scoppiettante, arriva fino ai quarti di finale, contro il Salisburgo, battuto 4-2 all’andata all’Olimpico. Poi la notte da incubo della Red Bull Arena, la rimonta subita, il blackout che costa tre gol in tre minuti tra il 72’ e il 76’. Quella gara rimane, forse, il punto più basso della gestione Inzaghi. La Champions sfumata contro l’Inter, diventa Europa League, la Lazio passa il girone alle spalle dell’Eintracht, poi decimata dagli infortuni, cade contro il Siviglia ai sedicesimi, ma sulla gara di ritorno c’è la macchia di un rigore solare negato a Lulic in avvio. L’ultima campagna europea della Lazio è storia recente, l’eliminazione nel girone con Celtic, Rennes e Cluj, la scelta (consapevole o meno?) di focalizzarsi solo sul campionato e sulla rincorsa alle prime quattro posizioni. A quella Champions che oggi è di nuovo realtà.