Lazio, Cristiano Sandri e il racconto straziante su Gabriele

11.11.2025 10:30 di  Ludovica Lamboglia  Twitter:    vedi letture
Lazio, Cristiano Sandri e il racconto straziante su Gabriele

RASSEGNA STAMPA - L'11 novembre è una data incancellabile. Un giorno che sconvolge ancora a distanza di  diciotto anni i tifosi della Lazio, chiaramente la famiglia Sandri e gli amanti del calcio. "Mai più 11 novembre" è un ultimatum che impone il silenzio e un urlo di una famiglia che non vive più come prima, semmai sopravvive. Gabriele Sandri era un ragazzo che amava la Lazio e la musica. È stato ucciso l'11 novembre 2007 da un poliziotto mentre stava andando a vedere la sua squadra a San Siro contro l’Inter. Uno degli ultimi sms lo inviò a De Silvestri ricorda la Gazzetta dello Sport, all’epoca terzino della Lazio: "Ho appena finito di suonare. Come al solito in partenza per condurvi alla vittoria". Si è fermato a Badia Al Pino. "Io e mio padre gli consigliammo di guardarla in tv", arrivano come un proiettile le parole di Cristiano Sandri, avvocato penalista, col tono di voce strozzato da un trauma. 

Dove si trovava e cosa le dissero quando la chiamarono? 

"A casa. Era domenica mattina. Mi dissero di andare ad Arezzo, area di servizio di Badia al Pino, perché era successo qualcosa. Avevo capito che qualcosa non andasse. Mi consigliarono di venire accompagnato, poi una persona mi disse che avevano ucciso un tifoso. Collegai le cose, ma la mazzata finale la diede la radio. La tentazione di sapere era forte, così accesi e ascoltai. “Morto Gabriele Sandri, sostenitore biancoceleste”. Mio fratello. Fu terribile, non si può capire". Cristiano rivela che la sua ultima conversazione fu quella in cui gli consigliò di riposarsi, aveva suonato al Piper fino a tarda notte e da quel giorno non smette di pensarci.

All’epoca la figura di Gabriele fu strumentalizzata. 

"Ferì tutti noi. Siccome tifava Lazio si parlò di un ragazzo di estrema destra, fascista, un ultrà. Ci fu una narrazione secondo cui se l’era andata a cercare. Niente di più falso. E il questore di Arezzo disse che avevano sparato in aria". Cristiano prova ancora incredulità, aveva visto la macchina dove era appena morto suo fratello, ora quello di tutti i tifosi laziali, con un buco nel vetro posteriore. "Come poteva aver sparato in aria?", si chiede. Luigi Spaccarotella fu condannato a 9 anni e 5 mesi per omicidio volontario, eppure Cristiano confessa che non si è mai scusato, non è mai arrivata nemmeno una lettera di scuse.

Il rapporto tra lei e la Lazio è cambiato? 

"Con la squadra no, con lo stadio sì. Era una cosa che univa me io mio fratello. Ora vado ogni tanto con mio figlio: ha 16 anni, si è abbonato in curva. L’ho chiamato Gabriele, e sa tutto dello zio". Il ricordo è ancora vivo, la ferita è insanabile, "mia madre non si è più ripresa, una parte di lei è morta". Ma cosa direbbe a Spaccarotella se lo incontrasse? "Spero di non incontrarlo mai". 

Ha saputo che si è sposato? 

"Beato lui. Anche a Gabriele sarebbe piaciuto. Non l’ha potuto fare. E la colpa è la sua".