Umberto Lenzini presidente del primo scudetto

Giovedì 3 dicembre 2009, alle ore 17.30, al Circolo Canottieri Lazio, in Lungotevere Flaminio n. 25 ci sarà il convegno “Umberto Lenzini: il presidente del primo scudetto del calcio biancoceleste”.
A ricordare la figura di Umberto Lenzini, a 35 anni dalla vittoria del primo scudetto laziale e a 22 anni dalla sua scomparsa, oltre al Presidente generale della S.S. Lazio Antonio BUCCIONI, saranno il Delegato allo Sport del Comune di Roma Alessandro COCHI, il grande storico della Lazio Mario PENNACCHIA, esponenti di quella storica squadra che conquistò il titolo nel 1974, il grande conoscitore ed il nipote di Lenzini, Angelo TONELLO e Lorenzo LENZINI, nonché diverse personalità del mondo dello sport.
Umberto Lenzini ricalca e ripercorre l'immagine dei primi, indimenticati condottieri e padri biancocelesti. Come Luigi Bigiarelli, come Fortunato Ballerini, comeGualdi, Zenobi o il generale Vaccaro, unisce indissolubilmente grandi capacità dirigenziali, viscerale amore verso i colori della S.S. Lazio alla passione e all'amore per la pratica sportiva. Rientrato giovanissimo dagli Stati Uniti, dove nacque in Colorado nel 1912, aveva vinto i campionati giovanili di atletica, lui ricordava con orgoglio con 11 secondi netti, e giocando a calcio come ala sinistra della Juventus Romana, affrontando persino la Lazio e segnandole il gol della bandiera, quello del definitivo 5-1 per i biancocelesti, ai tempi eroici del calcio romano.
Era entrato nel consiglio della Lazio portando in dote cinque milioni in un periodo nel quale, come anche adesso si chiacchierava molto, ma nella Lazio non ci si metteva nulla.
Mario Pennacchia scriveva nel 1969: è ingenuo e nei suoi affari scaltro. E' semplice e nei suoi affari abilissimo calcolatore. E' timido e nei suoi affari risoluto. E' mite e nei suoi affari intransigente. E' generoso e nei suoi affari parsimonioso. E' arrendevole e nei suoi affari tutto di un pezzo.
Aperto al dialogo o allo scontro anche con l'ultimo dei tifosi, oppure chiuso in se stesso, impenetrabile ed irraggiungibile.
Divenuto Presidente, all'età di 53 anni, alla gente chiede "pazienza e buon senso" e dopo un travaglio fatto di serie cadette e crisi economiche riuscì a regalarci il meraviglioso scudetto del 1974, ritornando poi nella fine degli anni settanta fino alle dimissioni dopo il calcioscommesse e la cessione prima familiare al fratello Aldo, entrambi grandi costruttori ai quali alla scomparsa è mancato un degno finale, poi definitiva al volgere degli anni ottanta con l'avvento del commercialista Gian Chiarion Casoni.
Il trionfo della Lazio del 1974 è soprattutto la sua rivincita, ripetutamente esposto a censure non sempre motivate, ma umorali coglie finalmente un risultato adeguato ai suoi meriti, alla sua tenacia, al suo incrollabile ottimismo e alla sua bonaria preveggenza.
Maestrelli e quella squadra fantastica diventarono il suo vanto, con tutti i loro pregi e difetti, poi la serie di lutti a cominciare dall'allenatore, a Re Cecconi, la fuga di Chinaglia e tutto quello che accadde dopo non oscureranno mai la sua creatura più bella, che vive costantemente nel cuore di ogni tifoso della Lazio che l'ha vissuta.
Ha vissuto anche nel suo cuore, anche dopo le dimissioni seguenti lo scandalo delle partite truccate:
« Mi dimetto da Presidente, ma con il cuore dalla Lazio non mi dimetterò mai. »
è la frase che ci resta come suo testamento spirituale. Molti romani come me hanno vissuto nelle case della famiglia Lenzini, e chiamarlo "Papà Lenzini" non era solo un modo di dire, era quasi un ringraziarlo sempre per quello che aveva fatto per la nostra Lazio e per la vita di tutti i giorni.