Legge stadi: tempi duri per gli speculatori

Finalmente è stata calendarizzata la seduta in Commissione Cultura della Camera per discutere la legge sugli stadi. Le novità non mancano, e se il testo venisse approvato con tutte le modifiche già approvate, per chi voleva costruire uno stadio circondato da palazzi e megastores i tempi si fanno duri, durissimi. Intanto, il provvedimento sarà discusso in sede legiferante, ovvero con una commissione mista composta dalle Commissione competenti di Camera e Senato, che, con l’unanimità dei capigruppo, potrà approvare la legge senza passare dall’Aula e rispedire il testo, per il sì finale, al Senato. Passando alla possibilità di costruire, laddove previsto si dovrà edificare un mix di residenziale, commerciale e ricettivo. Inoltre, questo il passaggio che sbarra la strada al mattone facile, per ogni posto a sedere si potrà costruire un numero di metri quadri fissato inderogabile, più precisamente si parla di “superficie utile lorda”. Sventato inoltre il colpo di mano che voleva sottrarre la possibilità di veto alla Sovrintendenza: nessun ente locale, in sede Conferenza Servizi, può andare in deroga ai vincoli ambientali, archeologici e idrogeoligici (il noto rischio esondazione prossimo alla via Tiberina, dove Lotito vorrebbe realizzare lo stadio, ndr). Inoltre, sventato il tentativo, una volta varato l’accordo di Programma (intesa tra pubblico e privato che scavalca quanto sancito nel Piano Regolatore, ndr), di affidare il voto finale ad una giunta comunale, diversamente da quanto accade ora, dove l’assenso ultimo spetta all’intero consiglio comunale. E non è ancora finita, perché il veleno, per i costruttori, arriva con il dolce. Nella valutazione dei progetti bisognerà considerare l’impatto ambientale e quello sociale, ovvero, da un lato non si potrà edificare cattedrali nel deserto (a Roma, ad esempio, bisognerà considerare le 18 centralità urbane, ndr), dall’altro le case dovranno avere costi accessibili, non si potranno realizzare solo appartamenti dai costi abnormi. Non bastasse questo, la ciliegina riguarda il legame giuridico che dovrà legare chi costruisce lo stadio e chi tirerà su palazzi, piscine, cinema e resto: dovrà essere pubblico. In sostanza trasparenza, perché così non sarà possibile che se un presidente decide di vendere la società, lasci il club con i buffi, mentre chi ha costruito i palazzi magari ha introiti milionari. In sostanza, come per esempio sostenuto da Claudio Lotito e Rosella Sensi, vorrà dire che i soldi ricavati dalla vendita di camera, bagno e cucina, dovranno essere investiti nel club, non finire nelle tasche del costruttore amico, che poi magari potrebbe restituire il favore in altro modo. Ultimo dardo a carico dei presidenti, il fatto che gli stessi partecipino in misura maggiore alla copertura delle opere di urbanizzazione. La normativa attuale prevede il pagamento dei cosiddetti oneri accessori per finanziare in parte fogna e luce (urbanizzazione primaria, ndr), con quella in discussione i proprietari dei club dovranno farsi carico, parzialmente, anche di quelle secondarie come i trasporti. Insomma, se la legge passerà con queste modifiche sostanziali rispetto al testo varato nell’ottobre 2009 in Senato, chi voleva speculare con il cemento, dovrà prendere i propri progetti e, come diremmo a Roma, “farci la colla”.