Pietrangeli, gli allenamenti a Tor di Quinto e la Banda Maestrelli
Si è spento all'età di 92 anni Nicola Pietrangeli. Un duro colpo per il tennis italiano che saluta una leggenda capace di vincere 2 titoli Slam e mantenere il proprio primato per 65 anni, arrendendosi solo a un certo Jannik Sinner che lo scorso gennaio ha alzato al cielo il terzo torneo della sua carriera. La scomparsa di Pietrangeli, però, segna anche il mondo del calcio, in particolar modo quello laziale. Il tennista romano, ma nato a Tunisi, non ha mai nascosto il proprio amore per i colori biancocelesti, che avrebbe dovuto indossare "a vita" se avesse deciso di percorrere la strada del calciatore.
GLI ALLENAMENTI A TOR DI QUINTO - L'amore per il tennis, però, era troppo più forte di quello per il calcio e, quindi, gli scarpini ai piedi Pietrangeli se li metteva solo quando scendeva in campo a Tor di Quinto. C'era anche lui, infatti, tra i protagonisti della Banda Maestrelli. Scendeva in campo con Chinaglia, duellava con quella squadra di matti in partitelle infinite che si concludevano solo quando il risultato era di parità a il 'Maestro' fischiava tre volte.
LA LAZIO E IL CALCIO - A raccontare i suoi primi passi fa calciatore, in un'intervista rilasciata in occasione dei suoi 91 anni, è stato lo stesso Nicola Pietrangeli: "Dopo aver lasciato Tunisi a circa 10 anni, iniziai a giocare a pallone nelle giovanili della Lazio e l’allenatore era Speroni. Ho avuto la fortuna di giocare con Sentimenti IV e con tanti altri giocatori che poi si sono affermati":
PIETRANGELI, MAESTRELLI E LA LAZIO DEL '74 - Pietrangeli ha raccontato anche del suo incontro con Tommaso Maestrelli e il suo rapporto con la rosa della Lazio: "Un giorno incontrai Maestrelli perché abitavo vicino a Tor di Quinto e che conoscevo, a cui chiesi di visitare il contro sportivo. Mi invitò, mi presentò allo spogliatoio e mi misi a giocare in allenamento con loro. I giocatori mi davano del lei e mi chiamavano “Signor Pietrangeli”. Dopo 10 giorni ci mandavamo a quel paese al punto che Re Cecconi si lamentò con me perché non gli avevo passato una palla. Gli ricordai che lui era in Nazionale e io ero solo un dilettante e si mise a ridere dandomi ragione. Pensate quanto fossero competitivi anche in allenamento. Da loro ho imparato questo atteggiamento. Mi sono allenato con la Lazio per tre mesi e le regole tecniche e le botte valevano anche per me. Come se fossi stato un giocatore vero".
