La Lazio ha il destino segnato: è la maledizione della Coppa delle Coppe

La Lazio e la Coppa delle Coppe. Due storie legate da un unico destino, al principio così come alla sua fine. Una maledizione intatta ancora oggi.
14.12.2019 07:45 di  Francesco Mattogno  Twitter:    vedi letture
La Lazio ha il destino segnato: è la maledizione della Coppa delle Coppe

Nel calcio se ne contano a migliaia. Leggende, voci, dicerie. Tanto simpatiche quanto inquietanti, a volte, quando finiscono con l'avverarsi. La più celebre è la maledizione di Béla Guttmann. Ex calciatore e poi tecnico ungherese, un tipo fumantino. Di successo, comunque. Ha allenato tra le altre anche Padova e Milan, giungendo però alla ribalta sulla panchina del Benfica grazie alle due Coppe dei Campioni alzate consecutivamente nel '61 e '62. Prima di vincere la seconda aveva già annunciato il suo addio, troppi attriti con la dirigenza. Che a fine anno non gli paga il bonus vittoria: “Il Benfica senza di me non vincerà mai più una Coppa dei Campioni”, tuona Guttmann dopo lo sgarbo subito. Detto fatto. Dal 1962/63 in poi i portoghesi disputeranno 9 finali internazionali, tra cui cinque dell'attuale Champions League: 9 sconfitte. Perché questo preambolo? Per analizzare un sortilegio particolare che attanaglia la Lazio da 20 anni. La maledizione della Coppa delle Coppe.

LA COPPA DEL DESTINO - Da Egaleo dinnanzi a 1000 spettatori fino a Rennes, passando per l'incredibile Ludogorets. Quando la Lazio è entrata in Europa League - o Coppa UEFA - in virtù del successo in Coppa Italia, ha collezionato alcuni tra i peggiori cammini intercontinentali della propria storia. Ci sono solo due eccezioni, separate da 40 anni e da qualche dito di polvere sugli scaffali allora semivuoti della società. E legate dal filo unico del destino. Anno del Signore 1958: la Lazio alza il primo trofeo nazionale dal giorno della sua fondazione. Quella Coppa Italia che si giocava usando una formula strana, suddivisa in due tronconi.

Era la prima edizione di un trofeo che non si disputava a partire dal 1942/43, gli anni del Grande Torino (che si laurea campione) e di Silvio Piola, al suo campionato conclusivo in maglia biancoceleste. Dalle ceneri di quell'ultima Coppa Italia, sospesa e poi dimenticata a causa della guerra, ne sarebbe risorta un'altra tutta nuova. L'obiettivo era rimpolpare i vari campionati di coppe nazionali per dar vita a un trofeo parallelo alla Coppa dei Campioni (vi partecipavano le vincitrici dei vari campionati nazionali, ndr), al quale avrebbero preso parte le detentrici di questo nuovo format nazionale: e chiamato appunto Coppa delle Coppe. Quella vinta dalla Lazio era una Coppa Italia ancora allo stadio embrionale, divisa in due fasi. La prima giocata nel 1957/58, la seconda nel 1958/59. Con la finale in programma e poi portata a casa il 28 settembre '58, una data del tutto particolare al confronto col calcio moderno. Comunque, era ancora presto per la Coppa delle Coppe, che fa il suo esordio ufficiale solo nel 1960/61. I biancocelesti l'hanno sfiorata, poi mai disputata fino alla sua ultima edizione: quella del 1998/99.

I BRIVIDI FORTI - L'ascesa della Coppa UEFA e qualche ruga di troppo, portano la European Football Associations a prendere la dolorosa decisione di accantonare la Coppa delle Coppe dopo 39 anni di onorato servizio. La Lazio fa giusto in tempo a entrarvi di sfuggita grazie alla Coppa Italia, la seconda di sempre, alzata nell'aprile del '98. Il resto è storia nota. Sangue che sgorga dalla testa di Vieri. La maglia gialla nella notte del Villa Park di Birmingham, brividi forti a ogni replay di un qualsivoglia montaggio del 19 maggio 1999 su Youtube. Olio su teleschermo. Una serata magica la cui conseguenza è il sogno Supercoppa Europea, vanto dell'unica squadra - la Prima - di Roma ad aver mai alzato almeno un trofeo internazionale. Insomma, tanta roba. Rimasta unica nei ricordi e nei fatti di questi ultimi 20 anni, il problema (e la maledizione) sta tutto lì. Dall'abolizione della Coppa delle Coppe la Lazio vincerà altri cinque grandi trofei nazionali, tre di questi la qualificheranno di diritto in Europa League pur senza aver raggiunto il piazzamento europeo in campionato. Altri due saranno solo un ornamento dorato a quanto già fatto in Serie A.

POI IL VUOTO - Nel 2000 il double permette ai ragazzi di Eriksson di giocarsi la Champions League. La competizione prevedeva due fasi a gironi da quattro squadre ciascuno, per poi accedere ai quarti di finale. Quarti che la Lazio (nel frattempo ereditata da Zoff) non vedrà mai a causa dell'ultimo posto ottenuto nel secondo gruppo con Real Madrid, Leeds United e Anderlecht. Avversari forti, ma non imbattibili. Specie per quella squadra fantastica sulla quale iniziava ad aleggiare una strana aria di sfortuna europea. La stessa toccata alla rosa del 2005, qualificatasi in Coppa UEFA grazie al sesto posto dall'anno precedente legittimato dal successo in Coppa Italia. Era la prima Lazio di Lotito. Quella dei 9 acquisti in un giorno e del salvataggio dal fallimento raggiunto sull'orlo di un baratro profondo 104 anni. Le giustificazioni non mancavano. Però, il gruppo a disposizione di Caso avrebbe comunque disposto di tutte le carte in regola per battersela nel girone composto da Middlesbrough, Villarreal, Partizan ed Egaleo (sarebbero passate le prime tre). E invece altro fallimento. Simile a quello di Ballardini del 2009/10, l'ultimo caso prima di questa stagione con la Lazio fuori ai gironi di Europa League. La vittoria in Coppa Italia con Delio Rossi aveva spalancato ai biancocelesti le porte del calcio internazionale, mal digerito insieme al nuovo tecnico e ai cosiddetti “dissidenti”. Sorte pressoché identica anche nel 2013/14, quando la squadra di Reja (subentrato a Petkovic) dopo il trionfo del 26 maggio contro la Roma, cade incredibilmente ai sedicesimi nel doppio confronto con il Ludogorets.

Infine Cluj, Celtic e Rennes. Una grande Lazio esce ancor prima che inizi la fase a eliminazione diretta, colpevole ma anche sfortunata in diversi frangenti. Come se fosse in debito nei confronti di una coppa che non c'è più e le ha dato tanto. Legata a doppio filo al destino di quel trofeo nato nel 1960/61, ma concepito un paio d'anni prima. Nella stagione che permette ai biancocelesti di inaugurare la propria bacheca, poi resa internazionale 41 anni anni dopo. All'ultimo canto del cigno di una coppa speciale. Nel calcio tutto torna, ogni “fortuna” si paga. Una finale, una semifinale e tanti piazzamenti ai quarti. È questo il bottino che la Lazio ha accumulato in Europa senza passare dalla Coppa Italia. In caso contrario, il disastro europeo è garantito. Colpa di un patto non scritto con una vecchia amica. La maledizione della Coppa delle Coppe.

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Pubblicato il 13/12 alle ore 20:00