La disavventura di Alessandro, tifoso laziale disabile: mille ostacoli per assistere al derby
Esserci al derby, sostenere la tua squadra, tifare insieme a migliaia di altre voci. Per Alessandro tutto questo è stata un'impresa, per lui che da anni e anni segue la sua Lazio da abbonato in Tribuna Tevere: "Ho un grave handicap dalla nascita e sono giorni che mi batto per ottenere il diritto di andare a vedere il derby allo stadio", ha raccontato lo stesso Alessandro ieri su un blog. La sua disavventura inizia giovedì, quando si reca in un negozio per comprare un biglietto per disabili con accompagnatore, sempre per la Tribuna Tevere. Al Roma Store, però, l'operatore a cui viene mostrata la Tessera del Tifoso "Millenovecento" si scusa con lui dicendo di "non essere autorizzato a emettere nessun biglietto a disabili che non siano di fede romanista". Questo perché i disabili possono sassistere alle partite dello Stadio Olimpico solo dalla Tevere, che però al derby è riservata ai soli tifosi romanisti: "Come se un romanista dopo un gol subito se la possa prendere con me in carrozzina", commenta Alessandro, come riportato da ilmessaggero.it. Ma lui non si dà per vinto e comincia a 'bussare alla porta' della società giallorossa, dell'Osservatorio nazionale per le manifestazioni sportive, fino ad arrivare al Coni: "Niente da fare, secondo le nuove disposizioni per la sicurezza non posso comprare biglietti né per quel settore né per nessun altro dello stadio, perché costretto in carrozzina". Alla fine, l'intervento del club romanista e il lieto fine: "Ricevo una telefonata, la Roma si scusa per l'accaduto e mi invita al derby con due biglietti omaggio. Ma non è giusto che persone nella mia condizione siano costrette a montare uno scompiglio simile per poter vedere una partita di calcio. Spero solo che la mia storia sia utile a quei tifosi che si sono dati per vinti".
NON UN TIFOSO QUALSIASI - Per Alessandro la beffa sarebbe stata veramente amara, il suo pedigree di tifoso biancoceleste è di primo piano: "Sono nato il 9 gennaio, come la Lazio - racconta Alessandro -. L'anno dello scudetto ero il portafortuna di mister Eriksson: mi voleva all'allenamento del sabato, mi sedevo in panchina e ogni volta diceva 'Tienimi gli occhiali, sennò si rompono'... Ora che ho messo su famiglia ho un po' allentato questa mia passione, ma mi sento ancora con molti: Guerino Gottardi, Beppe Favalli con cui avevamo il rito del “caffettino” prima dell'allenamento a Formello, il grande Roberto Mancini che mi regalò la maglia della sua ultima partita in Champions League con le firme di tutta la squadra dopo la morte di mia madre". Un laziale doc, insomma, che ha dovuto lottare per riuscire a non stare lontano dalla sua Lazio.
