Sarri a 360°: il ritorno alla Lazio, il Flaminio e Maestrelli

28.11.2025 13:01 di  Elena Bravetti  Twitter:    vedi letture
Fonte: Lalaziosiamonoi.it
Sarri a 360°: il ritorno alla Lazio, il Flaminio e Maestrelli

Alla vigilia della sfida contro il Milan, l'allenatore della Lazio Maurizio Sarri ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Dazn nel corso di "Storie di Serie A". Tantissimi i temi toccati dal tecnico, a partire dal periodo trascorso lontano dal campo, prima di tornare sulla panchina biancoceleste:

Cos'ha fatto durante il periodo lontano dai campi?

Ho visto tante partite, non è che sia cambiato qualcosa, nel mondo del calcio rimani dentro. Purtroppo la storia familiare non è stata bellissima, sono stato preso da storie non simpatiche.

Cosa le ha dato il coraggio di cambiare vita?

Una serie di contingenze che ti capitano, non c’è bisogno di grande coraggio. Si comincia a scalare categorie in cui si fa un passo indietro o uno in avanti. Io avrei continuato lo stesso a farlo, è una storia di passione, che mi diverte. Non avrei fatto comunque fatica. Da quando lo faccio di professione la sensazione di andare a lavorare non ce l’ho mai avuta.

Ha mai avuto la sensazione di arrivare a questo livello?

A un certo punto l’obiettivo è stato quello di farne una professione, senza avere queste ambizioni così alte. Ho iniziato dalla Serie C, le circostanze e la fortuna mi hanno portato più in alto di quello che pensavo.

Esordio più importante?

Quello a Napoli è stato tanta roba. Per me è stato un giorno pieno di emozioni.

Quando deve parlare della bellezza del calcio si riferisce sempre a Napoli…

Io ho preso quella squadra senza cambiare tanti giocatori, c’erano tutte le cose al punto giusto nel momento giusto. Calcio straordinario, divertente da vedere. Non abbiamo vinto niente ma è stato un calcio bellissimo.

Sarrismo?

È un’ipotesi, poi bisogna confrontarsi con quelli che sono i calciatori a disposizione, non sarà mai lo stesso. Le idee bisogna adattarle a quello che hai a disposizione. Nessuna squadra che ho avuto in segutio ho avuto la possibilità di replicarlo.

Giocatori più forti?

Cristiano Ronaldo alla Juve. Higuain e Mertens a Napoli. Un giocatore che in quel momento era sottovalutato era Albiol. Tra i centrocampisti dico Jorginho e Kante. Mi stavo dimenticato Hamsik, che avrebbe meritato di più in carriera. Era un calciatore da Barcellona e da Real Madrid.

Se ne potesse portarne uno alla Lazio?

Direi Marek, siamo alla ricerca di costruire una base solida per fare due o tre innesti per diventare competitivi.

Si è scelto sempre presidenti tosti. 

Sempre meglio un presidente tosto che un fondo straniero. È ovvio che il presidente sia una figura dominante, io per tutta la carriera ho avuto presidenti così. A volte meglio una litigata faccia a faccia che un fondo quando non sai con chi parlare.

Tante litigate ha fatto?

Sì, ma fanno parte del gioco, della volontà di crescere. Se alla base c'è voglia di crescere, allora fanno bene.

Che pensiero ha avuto prima di venire alla Lazio?

Che sarebbe stato un anno difficilissimo. Penso che siano stati i cinque mesi più difficili della mia carriera, tra le altre cose però anche divertenti. La componente gusto c’è, questo è già tanto.

Difficoltà che condivide con lo spogliatoio?

No, devono essere dello staff, altrimenti si crea un alibi. La situazione è questa, bisogna conviverci e andare avanti.

È cambiato qualcosa rispetto alla prima esperienza?

Nel processo di invecchiamento si diventa più pazienti, ma non penso più morbido.

Flaminia l’ha conosciuta?

Ancora no, ma se avrà lo stesso posto di Olympia allora ce l’avrò sempre vicina.

Il Milan?

Le storie estive quando passano non hanno più molto senso. Io mi metto seduto sulla panchina della Lazio.

La prima volta contro Allegri? Aglianese contro Sangiovannese

Finì 0-0. Zero tiri in porta, uno spettacolo indecoroso (ride, ndr.).

Con Allegri che rapporto ha?

Buono, è un toscano, quindi buono. Si può avere un’idea di calcio diversa, ma c’è comunque un buon rapporto.

Che mix è quello tra vecchi e nuovi allenatori?

È normale che sia così. Cesc Fabregas è un ragazzo con un’intelligenza sopra la media, è destinato a fare grande cose. A me piace anche Grosso.

E Chivu?

Mi sembra che abbia grande personalità, è entrato in un ambiente difficile, che ha già tante vittorie, però lo ha fatto con gran piglio.

Manca qualcuno?

Uno come Giampaolo secondo me una panchina in Serie A la meriterebbe sempre.

La passione per gli ulivi?

È un rapporto che ti prende quello con la natura, non tanto quanto il ciclismo però. Tanto sacrificio? A me piace vederli, però non lavorarli (ride, ndr).

Il primo amore per il ciclismo?

È una storia familiare. Mio nonno era un ciclista, mio padre è stato un ciclista professionista. La passione ti rimane addosso. È bello vedere le corse in questo momento storico. Qualcuno dice che sono noiose perché vincono sempre gli stessi, ma a me non sembra così.

Ha mai praticato il ciclismo?

Solo da piccolo, ma tutti i ragazzi giocavano a calcio e quindi ho iniziato anche io.

Gioco tra ciclisti e calciatori.
 
Coppi: Zinedine Zidane
Mercx: Gerd Muller
Evenepoel: Riccardo Saponara
Nibali: Marco Tardelli
Pantani: Diego Armando Maradona.

Lei è scaramantico?

Molto meno che da giovane. La palla però quando esce non la tocco ancora, è dei giocatori.

La diverte ancora il calcio?

Con determinati presupposti. L'obiettivo è sempre quello di andare a casa la sera pensando che bell’allenamento che abbiamo fatto oggi.

E sta capitando?

In questo momento sì. Abbiamo dei limiti, ma i ragazzi si stanno impegnando tanto.

Ha dei rimpianti?

Non più di tanti. Ho avuto un carattere che magari non mi ha permesso di arrivare a determinate cose, ma non ho fatto tanti compromessi.

I suoi amici che le dicono di questo percorso?

Lo stesso cazzeggiamento che c’era 40 anni fa. Mi prendono in giro e si divertono, ma io faccio lo stesso con loro. È tutto molto normale per un paese di 25 mila abitanti.

Che papà è?

Sono stato un po’ assente. Con mio figlio c'è stato anche un rapporto un po’ conflittuale, ma quando ha iniziato a crescere è tutto migliorato. Adesso il rapporto è buonissimo.

Che cosa si augura?

Sarebbe bello riuscire a creare una base di calciatori che con due o tre innesti possa farti arrivare a un livello sopra rispetto a quello dove siamo. La speranza è che tutte le componenti ci diano una mano.

Come vorrebbe chiudere la carriera?

Con la Lazio che riesca a prendere il Flaminio, che alla prima partita ci sia io in panchina e che lo stadio si chiami Tommaso Maestrelli.

Elena Bravetti
autore
Elena Bravetti
Giornalista sportiva, appassionata di calcio e tifosa della Lazio, da sempre. Curiosa per natura, determinata per scelta, competitiva ma solo al Fantacalcio. Computer sempre a portata di mano, occhi sul campo. Mi piace raccontare storie che parlano di passione, sogni ed emozioni.